di Bertolt Brecht
primo studio
ideazione, regia e scene Giuseppe Isgrò
con Enrico Ballardini, Francesca Frigoli, Elia Moretti, Dario Muratore, Margherita Ortolani
musica dal vivo e suono Elia Moretti
voci off AstorriTintinelli
Produzione con Teatro Franco Parenti/Phoebe Zeitgeist – progetto cantieri Bavaresi e Goethe-Institut Mailand
in collaborazione con compagnia Odemà e ALTOfest Napoli
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Dissoluto, anticonformista, sprezzante, ubriaco, volgare, Baal il poeta ti trascina nel suo vortice portandoti con lui.
A sessant’anni dalla scomparsa di Brecht, il teatro Parenti mette in scena la sua prima opera teatrale che egli scrisse quando era ancora studente universitario, opera che presenta molti elementi autobiografici dell’allora vent’enne Brecht. Brecht artista nacque infatti come poeta prima di dedicarsi al teatro: la spinta esasperata all’anticonformismo e della distruzione degli ideali borghesi sarà la stessa che ritroveremo in “Vita di Galileo” e nelle altre opere del poeta, anche se ovviamente priva della violenza dei vent’anni.
Baal è dunque l’alter ego del giovane Brecht e l’ambiguità del personaggio è insita nel suo nome: Baal era una divinità Fenicia, associata a Crono e Saturno dai greci e dai romani, che con l’avvento del cristianesimo (come tutte le divinità pagane) divenne un demone. Baal come divinità dunque, ma anche come angelo caduto, dio e allo stesso tempo demone, creatore e distruttore.
Il giovane poeta Baal, che suona e canta per gli avventori della taverna in cambio di bevute, si trova a essere notato dalla critica borghese che gli propone una pubblicazione. Tuttavia Baal è troppo eccessivo, troppo ubriaco e scandalizza la critica, che inorridita lo lascia tornare alle sua locanda, cosa che a Baal poco interessa, egli si dedica solo alla poesia e al bere, alle gozzoviglie e alle donne e non gli importa niente di appartenere al mondo borghese che lui disprezza.
La vita del poeta è coerente nelle sue scelte ma proprio per questo drammatica: condannato all’infelicità, distrugge ogni persona che lo ama, psicologicamente e fisicamente, finché con il tempo l’alcool lo annienterà riducendolo a una bestia, un suonatore da cabaret.
La violenza aumenta nella sua vita sempre di più, fino agli estremi, in un girotondo di colori, musiche, urla, coiti e grappa versata, fino al punto più alto, oltre il quale non c’è ritorno e non c’è più salvezza.
Stupisce ancora la modernità e la trasgressione di un dramma scritto solo nel 1918, che colpisce lo spettatore nello stomaco come neanche le opere contemporanee sanno fare.
Lo spettacolo riflette sulla solitudine dell’uomo, sull’immoralità, sulla sensualità, analizzata attraverso situazioni metaforiche, come il cabaret, la donna abbandonata, la dipendenza dall’alcool.
La curata regia e le scene di Giuseppe Isgrò prendono per mano e guidano lo spettatore confuso,affinchè non si perda completamente nella folle mente del poeta Baal.
Le scene e costumi ricordano le atmosfere dell’espressionismo tedesco di “Die Brücke“, sia per le riflessioni sulla società borghese che per i colori forti e le scenografie.
Enrico Ballardini, Francesca Frigoli, Dario Muratore, Margherita Ortolani sono gli stupefacenti interpreti che recitano con naturalezza passando da un ruolo all’altro, da un costume all’altro e da una lingua all’altra in questo vortice di cui sono gli artefici e meritano lunghi applausi per le loro interpretazioni.
Il tocco di magia in più è dato dalle musiche dal vivo di Elia Moretti, che dagli angoli bui ci guida con la sua musica in questo dramma onirico, con effetti sonori sorprendenti.
Uno spettacolo veramente meritevole di attenzione, emozionante, interessante, perturbante, che non lascerà mai lo spettatore indifferente.