La storia della commedia è semplice ed emblematica: Un regista dispotico (Hinkfuss) obbliga gli attori a recitare a soggetto sul canovaccio di una novella di Pirandello “Leonora addio”. Lo spettacolo inizia con la presentazione, da parte di Hinkfuss degli attori con il loro vero nome e cognome. I dieci attori, chiamati a dare, senza copione, dimensione teatrale alla novella, entrano nel gioco straniante dell’improvvisazione che li porta ad entrare e uscire dal personaggio, discutere la scena che devono recitare e contestare le imposizioni del regista che imperversa, interrompe, cambia idea a vista. Alla fine gli attori si ribellano e allontanano Hinkfuss dal teatro, ma il regista scacciato dalla porta, rientra dalla finestra giocando ancora una volta sul dualismo scenico che confonde finzione e realtà. Dirà infatti, riferito alla scena della ribellione: “Magnifico magnifico, avete fatto come dicevo io”.
“Leonora addio” è la storia di quattro ragazze disinibite che, alla ricerca di un marito, invitano ad una festa – sotto la “direzione” attenta della madre-maitresse – quattro militari della locale guarnigione. Una figlia, Mommina, aspirante cantante lirica, sposerà uno dei militari che si rivelerà nel tempo un nevrotico, gelosissimo marito. Anzi un persecutore che la porterà alla morte nelle vesti immaginarie e sempre sognate di Eleonora, l’eroina del Trovatore.
Tutti gli accadimenti teatrali sono collegati più che da un fatto narrativo, da un’empatia teatrale. La commedia è sostenuta da una potente e originale struttura drammaturgica calata nel grembo dell’ironia che culmina con l’intelligente presa in giro del “pirandellismo”.
Il regista Alberto Giusta, pur rimanendo fedele al testo, lo rivisita e ricompone con suggestive invenzioni sceniche e interpretative. Se Pirandello ha voluto rappresentare il teatro nel teatro, cioè la finzione della finzione, il regista ne ha accentuato il carattere mettendo lo spettatore nel mezzo.
di una sorta di finto happening dove si confondono gli spettatori reali da quelli virtuali, da quelli cioè che assistono alla rappresentazione di “Leonora addio”.
Lo spettacolo è vivo, pregno di significati e divertente perché il tessuto drammatico si sviluppa su un ordito ironico contrassegnato dall’uscita estemporanea degli attori dai personaggi che stanno interpretando per poi rientrare nel personaggio riprendendo la dimensione drammatica della scena poco prima interrotta. Rappresentazione dunque, pur con qualche sbavatura, coinvolgente, divertente e di intensa drammaticità (il monologo del padre e, nel finale, della figlia Mommina).
Il dott.Hinkfuss, il deus ex machina, è gustosamente interpretato dallo stesso regista Alberto Giusta, Alessia Giuliani interpreta con intenso abbandono la parte di Mommina, Mariella Speranza è brava a vestire i panni della madre cinica e prevaricatrice con, forse, un eccesso di caratterizzazione. Massimo Brizi è un tragico e buffo Sampognetta. Nella parte del geloso maniaco marito, Alex Sassatelli interpreta bene la parte dell’attore che si stacca con rabbia dal personaggio contro le prepotenze del regista, Cristina Pasino canta e recita con grazia ma non è certo la squallida chanteuse immaginata dall’autore.
Calorosi gli applausi da parte di un pubblico molto attento.