Fabrizio Monteverde crea per il Balletto di Roma una Cenerentola tutta inedita in versione contemporanea che travalica i confini della fiaba e incarna valori universali al di là dello spazio e del tempo. Una trasposizione non facile in cui non c’è nulla di ovvio o scontato per il coreografo-regista che s’ispira alla fiaba originale dei Fratelli Grimm, non al facile sfarzo della nota versione edulcorata di Perrault, e la trasforma in una vicenda di contemporanea malinconica solitudine, di oppressione e d’infelicità infantile mantenendo inalterato l’atteso lieto fine. È una Cenerentola in versione contemporanea che si concentra sull’introspezione dei personaggi e sulla vicenda in un allestimento dal sapore semplice, ma estremamente suggestivo ed elegante. L’innovativa coreografia di Monteverde, appositamente ideata per la sempre eccellente compagnia del Balletto di Roma, è un perfetto connubio di danza classica e di danza contemporanea, ideale per evocare la vicenda tra grandiosi e romantici pas de deux, passi dai ritmi tribali quasi ossessivi, movimenti scanditi dal metronomo, linee geometriche dolci e regolari, scatti quasi rabbiosi a suggerire più di quanto chiaramente narrato. La narrazione richiama la favola nei suoi tratti più celebri e il corpo di ballo sfoggia eccellente qualità espressiva e tecnica in ogni ruolo, dalle sgraziate e invidiose tesorellastre (ora due, ora molteplici), alla perfida matrigna (en travesti), a Cenerentola, la leggiadra e armoniosa Azzurra Schena che illumina la scena con il Principe Bledi Bejleri nei romantici pas del deux dal sapore classico. Sulle musiche strazianti e bellissime di Haendel, ebbre di barocca malinconia, l’atmosfera è costantemente cupa e tetra (luci ad hoc di Carlo Cerri), i costumi di Santi Rinciari lineari e severi che si colorano metaforicamente di guizzi barocchi, le scene (dello stesso Monteverde) sono scarne, quasi inesistenti con sbarre e fondale nero, letti in metallo o specchi deformanti davanti ai quali si pavoneggiano le sorellastre con i loro abiti per il ballo. Siamo forse in un manicomio o in un orfanotrofio, ma poco importa perché rimangono inalterate la magia e le emozioni della favola, il barlume e non solo metaforicamente, ma anche in una delle soluzioni visive migliori del balletto, della speranza che diventa felicità nel gran finale coronato dal grandioso pas de deux fra Cenerentola e il Principe.