“Mia madre mi disse: se farai il soldato diventerai generale: se farai il monaco diventerai papa. Io invece ho fatto il pittore e sono diventato Picasso”. Un genio rivoluzionario, esplosivo, incontrollabile: Cercando Picasso è il nuovo ambizioso, ardito, raffinato progetto teatrale di Antonio Calenda e Giorgio Albertazzi, omaggio al genio spagnolo e alla sua forza visionaria. Affascinante, onirico, surreale, scalpitante caleidoscopio di colori ed emozioni “montati” ad hoc, lo spettacolo è un viaggio (solo apparentemente disconnesso) che indaga senza razionalità fra l’immaginario di Picasso muovendosi fra diversi linguaggi artistici, pittura, musica, danza. Le scenografie e i costumi, fantasiosi, funzionali e colorati di Pier Paolo Bisleri entrano prepotentemente in scena citando esplicitamente le tele del grande artista, nei colori, nella fantasia, nelle bizzarre e folli forme che concretizzano la visionarietà dell’arte di Picasso creando un’ininterrotta continuità visiva e artistica. Ma perché capire l’arte e perché razionalizzare lo spettacolo? Meglio godersi i colori, la vitalità e il mistero dell’arte in una sorta d’illuminante pastiche in cui Albertazzi ora insegue, ora incarna, ora tratteggia il geniale Picasso e fra furore creativo ed eclettismo, domina la scena, si siede, cammina, si trascina, interpreta con vigore o toccante trasporto la prosa e le liriche di Apollinaire e Garcia Lorca, fra tensione emotiva e aforismi sull’arte. L’eros, la sessualità, l’universo femminile, la passione per la tauromachia, l’arte, la vita, la Commedia dell’Arte reinterpetata da Arlecchino-Picasso-Albertazzi e dalle coloratissime Colombine si susseguono in un forte impatto visivo che immerge lo spettatore nella geniale creatività dell’artista per una messa in scena non facile, che non è necessario neppure capire e analizzare, ma solo apprezzare, lasciandosene travolgere. Alla prosa di Albertazzi si unisce l’eclettismo visionario della Marta Graham Dance Company con nove statuarie ballerine dalla tecnica strepitosa, co-protagoniste dello spettacolo fra le coreografie storiche degli Anni Trenta della Graham (molto emozionante Lamentation) o le coreografie originali di Janet Eilber (attuale direttore artistico della compagnia americana) dalle linee plastiche e rivoluzionarie, inquiete e trascinanti. Cuore dello spettacolo è la rappresentazione de Le désir attrapé par la queue (Il desiderio preso per la coda) opera teatrale di Picasso, idealmente rappresentata dal nucleo di intellettuali artisti, amici di Picasso, da Dora Maar ad Albert Camus, da Simone De Beauvoir a Jean Paul Sartre a Jacques Bost. Nei bizzarri ruoli della suadente Torta, del Silenzio, dell’Angoscia o della Cugina, per un folle, visionario, incredibile, suggestivo viaggio fra il surrealismo e il sogno di evasione dalla crudele realtà delle lacerazioni della guerra, compaiono le danzatrici con coloratissimi costumi e Calenda sceglie di dissociare abilmente la scena recitata con le voci fuori campo dei personaggi per i quali riunisce attori celebri (Piera Degli Esposti e Andrea Johansson, Elisabetta Pozzi solo per citarne alcuni). In un ideale fusione fra prosa e danza lo spettacolo arriva alla quiete finale con la Colomba della Pace disegnata da Albertazzi-Picasso. Perché “la giovinezza non ha età”, come, sembra suggerire, neppure la vitalità dell’arte.