Recensione scritta da Fabiana Raponi
La rassegna Roma Città Teatro 2011 in scena al Piccolo Eliseo di Roma, apre con la delicata commedia generazionale Piccoli Equivoci. Scritta e diretta da Claudio Bigagli (andò in scena al Festival di Spoleto nel 1986, poi divenne anche un film diretto da Ricky Tognazzi) è una sorta di piccolo cult, un testo che mantiene inalterata la sua freschezza raccontando il malessere di una generazioni di trentenni: sul palco rivivono i piccoli equivoci, fra incertezze sentimentali e professionali, il pericoloso e precario equilibrio fra amicizia e amore, tradimenti e lealtà che a distanza di anni, sono sempre gli stessi. È quasi un pretesto allora seguire le vicende di Paolo, un attore (momentaneamente disoccupato) che vive nell’appartamento della sua ex Francesca, sempre in tourneè e ora alle prese con un nuova storia amorosa. Intorno a loro ruotano gli altri personaggi della storia, Enrico, attore belloccio disoccupato da mesi, vittima della sua vocazione da dongiovanni che lo porta a tradire gli amici e le donne; Giuliano, ossessionato dai possibili tradimenti della sua fidanzata tira e molla, la civettuola Sophie. Le loro vite s’intrecciano fra momenti buffi e commoventi, stranianti e amari per mostrare uno spaccato di vita di sei giovani attori, ma il fatto che siano tali è quasi un pretesto: in fin dei conti la difficoltà di crescere e di trovare un equilibrio è comune a tutti. Appare in tal senso molto intelligente la scelta di Bigagli, anche regista, di non cercare con tutti mezzi di attualizzare la commedia trasportandola ai giorni nostri, quanto di concentrare l’attenzione sulla dinamica del testo, sull’onestà dei sentimenti portati in scena, mantenendo con un certa nostalgia tutto ciò che caratterizza un’epoca (dalla scelta degli abiti, ai colori, al vecchio telefono, alla segreteria telefonica che fa molto Almodovar), indagando con delicatezza e amarezza, attraverso un reale e continuo cambio di registro, le moderne inquietudini dei diversi protagonisti. La messinscena è semplice, ma realistica puntando molto sul mimimalismo dei gesti, sull’importanza della parola alternando scene strutturate come quadri consequenziali sì, ma non esenti da salti temporali in cui i cambi di scena a luci spente vengono risolte dagli stessi attori. Sul palco, Francesco Montanari (attivissimo a teatro, ma noto al grande pubblico come il Libanese nella serie televisiva Romanzo criminale) riesce a ben tratteggiare Paolo, il fulcro della vicenda, buffamente ipocondriaco, quasi perennemente in pigiama, fragile, un po’ timido, un po’ sfrontato, consentendogli di calarsi in un ruolo che si discosta da quelli precedentemente scelti e mostrando al pubblico un altro lato delle sue capacità. Una vivacissima ed energica Diane Fleri (Mio fratello è figlio unico, I liceali in tv) è la solare e un po’ nevrotica Francesca, brillante Mauro Meconi (che ha diviso con Montanari il set di Romanzo criminale nel ruolo di Fierolocchio) nel ruolo dell’insicuro Giuliano. Interagiscono al meglio insieme a loro creando un riuscito equilibrio nel gioco verbale gli altri attori, Stella Egitto, Francesco Martino, Daniele De Martino. In scena fino al 6 marzo.
Fabiana Raponi