“Piccoli momenti di felicità“, forse non indispensabile, forse addirittura trascurabile, possono celarsi ovunque, per poi rivelarsi all’improvviso lasciando il tempo di apprezzare qualcosa che fino a quel momento non era mai stato neppure considerato. Lo spettacolo-monologo Momenti di trascurabile felicità, nell’ambito della rassegna Roma Città Teatro, guida alla scoperta di questi piccoli piaceri, gesti alla conquista della felicità, forse trascurabile, forse indispensabile. Ma se non avete letto l’omonimo libro (un piccolo cult) di Francesco Piccolo da cui è tratto lo spettacolo e vi aspettate un omaggio a oltranza al buonismo, alla solidarietà, alla gentilezza, ai dolci piaceri che restituiscono la felicità quotidiana, che ci riconciliano con noi stessi e con il mondo, che ci rendono migliori con il prossimo, resterete spiazzati. E piacevolmente. Sì, perché Valerio Aprea (attore a tutto tondo, a breve di nuovo sul grande schermo in Boris – il film, tratto dall’omonima serie cult, nel ruolo dello sceneggiatore scansafatiche) e anche regista dello spettacolo, divaga con ironia, intelligenza e somma “cattiveria” fra le pieghe di questo piccolo, insospettabile, variegato e inaspettato breviario della felicità, prendendo quota pian piano, con piccoli insospettabili gesti, il colorito tono della voce che cambia, quasi sogghignando al momento opportuno, dispensando consigli da condividere con la platea, fra nonchalance o comica partecipazione. Dall’insospettata gioia nel pronunciare la parola “proprio” al dolce sapore della vittoria quando si riesce a spuntare sul proprio “avversario” di stabilire l’appuntamento nel proprio quartiere, dal perverso piacere di prolungare l’attesa di correre al cinema per guardare un film agognato, alla altre mille piccole manie, ripensamenti o indecisioni per rendere in modo insospettabile più felice la nostra vita: Momenti di trascurabile felicità diventa il racconto disordinato e quasi sconclusionato della lunga, impressionante, sintomatica lista di gesti, tic e manie, comportamenti intrisi di un pizzico di follia, di piccola, insita perfidia, buffa cattiveria. Senza mai strafare, con una fisicità composta o stralunata, Aprea si muove su una scenografia essenziale, quasi inesistente, uno sfondo che si colora occasionalmente, di rosso, di verde (invidia?) o di viola su cui si susseguono brevi, significativi, filmati. Fino al filmato-rivelazione finale, quando la felicità si concretizza davvero sul volto del protagonista fra l’inaspettata soddisfazione e la sfacciata impudenza. Uno spettacolo per ridere di noi stessi con una giusta dose di ironia alla scoperta dei nostri lati molto poco altruisti, ma decisamente molto egoisti.