“La speranza è dura a morire per un cuore innamorato” scriveva Théophile Gautier, autore del libretto di Giselle, balletto classico e romantico per eccellenza, su musiche di Adolphe Adam. Nulla di più vero: la storia narra la vicenda della giovanissima contadina Giselle sedotta dal principe Albrecht che la corteggia sotto le mentite spoglie di un popolano. Quando la giovane scoprirà che Albrecht è il promesso sposo di una nobile, impazzirà e morirà di dolore. Ma sarà pronta a salvare lo stesso Albrecht dalla furia della Villi, le creature del bosco, aggrappata alla sua ultima notte legata alla vita terrena. In scena al Teatro Quirino di Roma, la Giselle del Royal Czech Ballet, giovanissima compagnia fondata solo quattro anni or sono dai danzatori e coreografi Sergey Iliin e Andrey Scharaev. Si tratta certamente di un allestimento molto tradizionale, quasi convenzionale che riprende al meglio i classici allestimenti. Insomma c’è tutto quello che ci si potrebbe aspettare da Giselle, la gioia, l’amore, il sacrificio, le scene e i costumi. E allora ecco la scena del primo atto che riproduce il villaggio alle pendici del castello, ecco il lunare bosco del secondo atto con la tomba di Giselle, ecco gli abiti colorati delle contadine, i velluti della corte e i candidi tutù delle Villi. Etoiles ospiti del Royal Czech Ballet, Nadejda Scepaciova (Giselle) e Vladimir Statnii (Albrecht). Lei è una Giselle fresca e delicata, brava nella variazioni, vitale nel primo atto, dolente nel secondo atto nell’ultima notte in cui è aggrappata alla vita di fronte allo sguardo imperturbabile della glaciale Mirtha, volutamente rigida anche nei movimenti. Lui è un Albrecht che convince tecnicamente e brilla maggiormente nelle variazioni del secondo atto, in buona sintonia con la sua Giselle. Se le coreografie di Alexandru Frunza appaiono esteticamente minimaliste, seppur non scevre di preziosismi, emozionano soprattutto le costruzioni architettoniche del secondo atto, complici le numerose Villi avvolte nei loro tutù candidi a travolgere gli avventori notturni del bosco. La compagnia, giovanissima, è brava e ben preparata, e nonostante qualche imprecisione di carattere tecnico qua e là nel corpo di ballo e anche in qualche variazione, riesce a offrire una buona interpretazione di un classico ottocentesco, con il limite di non riuscire sempre a coniugare alla tecnica un’interpretazione che risulti successivamente coinvolgente. In scena fino all’8 maggio al Teatro Quirino di Roma.