L’atto unico vede protagonista Hamm, un vecchio signore cieco e paralizzato sulla sedia a rotelle, giunto al termine della sua esistenza. E’ lui il pezzo del re in questo finale di partita. Lo stesso Beckett spiegò: “Hamm è il re in questa partita a scacchi persa fin dall’inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe già rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare la fine inevitabile“.
L’azione (o meglio la non azione) si svolge nel chiuso di una stanza grigia con il pavimento a “scacchiera” con due piccole finestre simmetriche nei muri laterali e una porta di lato in cui vivono il loro tragico finale di partita Hamm, le pupille spente sotto gli occhiali neri, Clov figlio/servo e i vecchi genitori (Nell e Nagg), ridotti a monconi, che vegetano all’interno di due bidoni della spazzatura. Tutto lascia pensare che ogni traccia di vita sulla Terra sia stata cancellata. Fuori, alla domanda del padre, Clov risponde “non c’è più natura” “non esiste più tempo”. I quattro personaggi sono gli unici superstiti che trascorrono i loro ultimi giorni, hanno superato la soglia della speranza e accettato la consapevolezza indolore del nulla.
Hamm, nella sua fissità cimiteriale obbliga Clov ad ascoltare ogni giorno le storie che inventa e lo tormenta con ordini assurdi ed immediati contrordini. Ma il figlio/servo – anche lui infermo – reagisce e ricatta Hamm con la minaccia di abbandonarlo. Ogni personaggio dunque è al tempo stesso aguzzino e vittima.
Massimo Castri, nel decidere che taglio dare alla pièce, prende spunto dalla frase che la vecchia Nell dice dal suo bidone: “nulla è più comico dell’infelicità”. E con grande intelligenza riesce ad esaltare l’aspetto di macabra comicità, a far balenare alcuni aspetti grotteschi del testo che rendono più accessibile per il pubblico meno preparato l’ingresso nel mondo dell’autore irlandese, nel suo teatro dell’assurdo all’apparenza demenziale. Il messaggio di Beckett sull’uomo è tragicamente vero e Castri lo fa arrivare cercando di togliere peso alle parole per rendere più efficace il “tragico”. Spettacolo dunque affascinante e raffinato.
Eccezionale l’interpretazione di Vittorio Franceschi nella parte di Hamm e di ottimo livello quelle di Milutin Dapcevic (Clov) nel suo gioco di rigida gestualità, Diana Hobel (Nell) e Antonio Peligra (Nagg) perfette nella loro macabra comicità marionettistica.
Molto apprezzata la lettura registica di Massimo Castri.
Calorosissimi gli applausi da parte di un pubblico attento e preparato.