Il giovane direttore d’orchestra Juraj Valčuha (slovacco, classe 1976), nuovo Direttore Musicale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e ospite per la prima volta dei concerti di Santa Cecilia, sceglie per il suo acclamato debutto romano un corposo programma omaggio a Richard Strauss con Don Giovanni, la Burleske e la suite di Der Rosenkavalier, aggiungendo la significativa incursione delle Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra di César Franck. Si capisce, e da subito, che Valčuha ha i mezzi e tutte le carte in regola per diventare uno dei beniamini del pubblico romano: l’apertura del concerto con il poema sinfonico Don Giovanni è travolgente e dirompente, i toni si fanno spavaldi e sfrontati in tutta la loro carica espressiva a disegnare la vicenda del seduttore per eccellenza. Valčuha è efficace con l’Orchestra nel tratteggiarne con estrema precisione sfrontata la parabola affabulatoria in ogni nota, dalla presentazione alla smaniosa ricerca dell’amore, al desiderio di felicità destinata a spegnersi nella desolazione della morte, vagando fra le note ora incantevoli e sognanti ora tenebrose. E il pubblico è entusiasta. L’ampia parte centrale del programma offre invece le ricercate Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra di César Franck (1885) eseguite dal virtuoso del pianoforte Alexander Lonquich (ospite abituale di Santa Cecilia ormai dal lontano 1984). Variazioni di lisztiana memoria (anche se alla lontana) che non venivano eseguite dal 1992 all’Accademia, e che Lonquich, con tocco carezzevole e quasi ondivago illumina di gaiezza nel serrato dialogo con l’orchestra. Segue dopo l’intervallo, la Burleske di Strauss (1886, originariamente intitolata Scherzo che non viene eseguita a Santa Cecilia dal 1989) per pianoforte e orchestra che si apre con il trionfale attacco di Lonquich che ne interpreta via via i tratti più inaspettati e impertinenti con impressionante virtuosismo in un’esecuzione brillantissima e allegra. In chiusura l’esecuzione della Suite Sinfonica del Cavaliere della Rosa, la più celebre opera di Strauss (su libretto di Hugo Von Hofmannsthal, riadattata da Strauss nel 1946 seppur con qualche forzatura) è sublime. La musica è di per sé di rara bellezza e Valčuha esalta con leggerezza ariosa e malinconica tutto lo splendore di una partitura che rappresenta il canto del cigno della civiltà musicale e dello spirito dell’Impero Asburgico. Mancano le voci, certo, ma quante emozioni nella direzione di Valčuha fra il turbinio leggiadro dei valzer, nella trionfale baldanza delle note di una musica mai così radiosa e solare, commovente e malinconica. Bravo Valčuha che dimostra personalità, compiacente e aderente a ogni piccola sfumatura delle partiture, che bel dialoga con Lonquich, perfetta come sempre la mirabile Orchestra di Santa Cecilia.
Fabiana Raponi