Dopo la trionfale inaugurazione di stagione con la Trilogia Romana di Respighi secondo la catalana Fura dels Baus, alle Terme di Caracalla di Roma si torna alla tradizione con il nuovo appuntamento del cartellone estivo, Il lago dei cigni di Cajkovskij. Balletto classico per eccellenza, Il lago, uno dei balletti più amati dal pubblico (e il più rappresentato al Teatro dell’Opera) sarà per la bellezza imperitura della musica, le ineguagliabili coreografie o il classico binomio di amore e morte, assente nella stagione estiva da quattro anni, torna nelle monumentali rovine di Caracalla nel fortunato allestimento del Teatro dell’Opera, ma anche con una grande novità. Non ci sono scene ingombranti, ma solo, o quasi, la grandiosa scenografia del complesso archeologico: l’idea assolutamente vincente di quest’anno, un po’ il fil rouge della stagione estiva, è l’essenzialità delle scene a valorizzare proprio la bellezza mozzafiato delle Terme. In questa nuova ottica Il lago dei cigni acquista se possibile ancora più magia e dimensione quasi onirica con le scene di Aldo Buti ridotte semanticamente al mimimalismo assoluto, ora a richiamare il bosco con i cespugli o il Palazzo con specchi e troni o il lago con fluttuanti giochi di luce proiettati sullo sfondo.
L’allestimento in scena poi è perfettamente collaudato: è la classica versione di Galina Samsova creata nel 1995 per lo Scottish Ballett che rielabora la versione originale di Petipa e Ivanov e mantiene tutta la sua spettacolarità e il triste epilogo. La coppia Oksana Kucheruk – Igor Yebra (già coppia di molte repliche del Lago) incanta per la sinergia che lascia trasparire. La Kucheruk è un’Odette bellissima, delicata drammaticamente dolente, un’Odile seducente e molto sinuosa, energica, perfetta nei trenta fouettés del terzo atto dalla tecnica notevole e dall’interpretazione convincente. Yebra è un Siegfried di grande tecnica, in particolare negli assoli, e di buona interpretazione e Damiano Mongelli è sempre un magnifico malvagio Von Rothbart, così misterioso e agilissimo, la quintessenza del male. Alessio Rezza (già nel Trittico Bèjart, Robbins, Balanchine a maggio all’Opera) è un Benno esaltante e svettante e fra le prime ballerine brilla Alessia Gay, principessa nella terza variazione del terzo atto.
Applausi del pubblico per variazioni in scena, le grandiose costruzioni geometriche dei cigni, il delizioso passo a quattro dei cignetti (perfetto di gambe, ma un po’ impreciso nella difficile sincronia delle teste) e naturalmente per gli incantevoli pas des deux. Dirige l’Orchesta Andrey Anikhanov con tempi non particolarmente accelerati a sottolineare la tragicità o il romanticismo di ogni momento. L’impatto visivo è esaltante fra il bianco accecante dei tutù fra l’aria crepuscolare, la musica bellissima, lo scenario splendido, le coreografie geometriche con braccia fluttuanti e ampissime. Una vera magia. Applausi a scena aperta anche nel finale a sancire un debutto trionfale. Si replica fino al 20 luglio.
Fabiana Raponi