La Bayadère finalmente a Roma. Il balletto in due atti su musica di Minkus chiude la stagione in corso e debutta per la prima volta al Teatro dell’Opera della Capitale con un cast di stelle internazionali tra cui Svetlana Zakharova.
Grand ballet ideato dal geniale Marius Petipa nel 1877 per il Balletto Imperiale Russo di San Pietroburgo, La Bayadère è basato sul poema indiano Sakuntala: a Roma va in scena la versione coreografica di Rafael Avnikjan, creata nel 2002 per il National Theatre di Slovacchia e poi ripresa nel 2009 a Ljubljana in collaborazione con il Teatro di Maribor. Snellita rispetto all’originale (da 4 a 2 atti), caratterizzata da profonda introspezione psicologica dei personaggi, questa versione rende un po’ più moderno questo classico melodramma concentrandosi molto sull’azione, seppur non lesinando momenti che esaltino il folklore indiano richiesto.
Resta comunque un colorito melodramma infarcito d’intrighi d’amore, gelosia e tradimento, protagonista, la bella bayadère Nikija, amante segreta del principe guerriero Solor che, tradendola, sposerà la crudele e gelosa Gamzatti, la figlia del Raja.
Una trama esilissima in realtà che si consuma però per il piacere degli occhi con tocchi elegantemente esotici e sempre sofisticati, che non scivolano mai nel kitsch. Le scene di Juan Guillermo Nova (molto suggestivo il bosco, elegantissimo il palazzo, onirico il regno delle ombre con tanto di luna) creano la giusta ambientazione da mille e una notte in sintonia con i preziosi costumi di Luca Dell’Alpi.
Applauditissima (fin dall’entrata in scena) e sempre molto amata dal pubblico romano l’etoile russa Svetlana Zakharova, nel ruolo della bayadère Nikjia: tecnicamente perfetta, fluida e flessuosa (forse a tratti più algida che romantica nell’interpretazione) è davvero impeccabile. Convince molto il duello psicologico e la rivalità fra la bayadère e Gamzatti, la perfida figlia del Raja, interpretata con elegante temperamento da Olga Esina, prima ballerina all’Opera di Vienna, già applaudita alle Terme di Caracalla. Solor, principe guerriero è l’autorevole Alexander Volchkov, primo ballerino del Teatro Bol’šoj che appare in ottima sintonia con le proprie partner. Convincono molto anche tutti i comprimari, dalla grande presenza scenica di Mario Marozzi (il Bramino) a Riccardo di Cosmo (il fachiro) al semplicemente sbalorditivo Alessio Rezza (apprezzato già nella Gaite Parisienne a maggio) nel ruolo dello svettante Idolo d’Oro (in uno dei momenti più eclatanti della serata). Ciascuno sembra mostrare non solo padronanza tecnica, ma lascia trapelare anche l’introspezione del personaggio. E non è poco. Si percepisce però più di qualche imprecisione del Corpo di Ballo nel celeberrimo Regno delle Ombre in un momento in cui le architetture dovrebbero essere rigorose. Ma nel corso delle repliche certamente le cose miglioreranno. Eseguito per la prima volta a Roma, questo esotico balletto si avvale inoltre di un cast di stelle nei ruoli principali: a Svetlana Zakharova nel ruolo di Nikja si alternano tra le altre, Polina Semionova, Bojana Nenadovic Otrin, Anna Tsygankova; a Volchkov, primo ballerino del Bol’šoj, nel ruolo di Solor, si alternano tra gli altri, Anton Bogov, primo ballerino del Teatro dell’Opera di Maribor, Matthew Golding, primo ballerino dell’Het Nationale Ballet, Vladimir Shishov, primo ballerino dell’Opera di Vienna. David Garforth dirige con brio l’Orchestra del Teatro nella musica magniloquente di Minkus. Repliche fino al 30 ottobre.