E’ la Napoli del lungo dopoguerra. Una guerra che oltre a distruggere case e palazzi, ha devastato le coscienze, destabilizzato i valori. E’ la necessità di sopravvivere che sviluppa l’ingegno e spinge l’uomo (ora come allora) a ripercorrere tutte le vie che gli si aprono davanti mettendo spesso a tacere la propria coscienza. In questo contesto, la via più facile è quella dell’illegalità che porta al contrabbando, alla prostituzione, al furto. Ma De Filippo in questa commedia “Il Cilindro” esalta l’arte di arrangiarsi dei napoletani che, per sfuggire alla miseria, percorrono una via che corre border line con l’illegalità. La necessità di sopravvivere spinge una giovane moglie a recitare la parte della finta prostituta, al marito quella del finto morto e ad un vecchio coinquilino viene affidato il compito di spaventare e mettere in fuga i malcapitati “clienti virtuali” indossando un vecchio cilindro e gridando frasi smozzicate dal tenore misterico.
Anche il secondo atto unico “I morti non fanno paura” prende a pretesto la prematura scomparsa di un marito per disegnare un divertente spaccato della vita che si snoda in un condominio dove il morto è sistemato in una stanza affittata a un commerciante in viaggio per affari. Ma l’improvviso ritorno di quest’ultimo, per giunta malato, è fonte di esilaranti situazioni comiche. Questa pièce, a differenza del “Cilindro”, è scritta all’insegna del disimpegno, della farsa, del puro divertissement.
Non è la prima volta che Eduardo esorcizza la morte metabolizzandolo in un contesto comico, addirittura farsesco. Ma anche la comicità (specie nel “Cilindro”) viene stemperata nell’amara e grottesca riflessione sull’intrico di miserie che affliggono una società che ha ancora impresse nella sua carne le ferite e le privazioni della guerra. Una società che, per sbarcare il lunario, scende a compromessi e vive di espedienti e di egoismi.
Alfonso Santagata nella veste di regista dirige alla perfezione i bravi attori che meritano tutti una menzione. Sono Massimo Poli, Giovanna Giuliani, Rosanna Gay, Jonni Lodi, Antonio Alveario. Anche Alfonso Santagata nei panni del primo attore è bravo, è padrone della scena, le pause e i tempi sono corretti, ma la scala tonale della voce manca di smalto.