Ideato e diretto dal regista Giancarlo Sepe, Napoletango ha debuttato in prima internazionale nel prestigioso San Carlo di Napoli il 18 e il 19 giugno 2010, in coproduzione con il Napoli Teatro Festival Italia.
Reduce da uno straordinario successo di critica e di pubblico in tutta Italia e dopo l’acclamato debutto al Teatro Coliseum di Londra, Napoletango torna a calcare i palcoscenici dei teatri italiani.
Dal 29 novembre al 4 dicembre lo spettacolo approderà al Teatro Smeraldo di Milano. Napoletango prosegue quel percorso teatrale intrapreso da Giancarlo Sepe ormai da molti anni: fondere insieme l’immagine e la musica, trasportandole in quel grande contenitore che è il teatro.
La famiglia Incoronato, per la prima volta, è invitata in un vero e proprio teatro, per una rappresentazione che sarà la summa dell’arte degli Incoronato, fatta, raccontata e spiegata per filo e per segno al pubblico colto della città. Che dire, che fare? La gente bene già affolla la sala, si siede, ed ecco che dal marciapiede antistante al teatro, suoni e luci di torce e candele, note e tamburi richiamano altra gente ad affollare ogni ordine di posto. Al suono della Cumparsita, suonata da Peppino Principe, la famiglia Incoronato invade, assedia, apostrofa, chiama e richiama gli spettatori. Non c’è spazio che non sia occupato da loro. Valigie, bauli, ombrelli, vettovaglie, pentole, strumenti musicali, provviste, tende da campo, testate di letto, reti, stand colmi di abiti fluorescenti, testine di parrucche, scarpe, mantelli, cappelli, fruste e trolley traboccanti di cose scorrono lungo i corridoi, tra i posti, in balconata come al botteghino. La famiglia Incoronato arriva tutta e si ferma sul palcoscenico, guarda il pubblico in religioso silenzio, si presenta così: muta. Concetta Incoronato spiega come il tango sia entrato nelle vene, e come il tango accompagni da decenni la vita degli Incoronato, finanche in cucina o nella stanza da bagno.
Presentazione dei componenti, ognuno con una particolarità nel gesto, nell’abito, nella parola. C’è chi non vede e canta, chi ama e piange, chi mangia e corre, chi sogna e chi maledice, c’è chi si vendica e chi dorme.
Finita la presentazione della compagnia, parte il tango dell’arredamento: tutti si preparano alla notte ormai incalzante, tutti allestiscono il proprio giaciglio, non prima però di aver alzato delle paratie a dividere le varie camere da letto, che risulteranno simboliche di una divisione in varie stanze, ma che in realtà vedranno tutti insieme a dormire e sognare, dal gran trambusto al silenzio, cantato a bocca chiusa da tutti, una ninna nanna generale, dove prima di dormire ci sarà chi pregherà, chi farà i buoni proponimenti, chi farà pipì, chi mangerà l’ultimo piatto di pasta fredda.
La mattina dopo, inizia il giorno della rappresentazione, la sera sarà speciale e bisognerà prepararla come si deve. Lentamente, ma senza sosta, tutti si svegliano, mangiano, si raccontano i sogni della notte, si parlano, ricordando l’uno all’altro i passi di danza. Grande euforia. Litigano e giocano con le lenzuola, recitano le preghiere come se fossero delle cavalcate di tango, chiedono miracoli e prestiti in denaro, mettono l’oro addosso, catenine e bracciali come a rivendicare una superiorità l’uno sull’altro, fanno vedere il seno e i culi a chi spasima e non avrà mai il bene di possedere il loro amore.
Gli animi ribollono già, ma arriva Concetta e manda tutti a lavarsi. Due fogli di plastica tirati da carrucole si alzano nell’aria e dall’alto, impietosa, arriva l’acqua gelida. Nessuno vuole bagnarsi, ma la matriarca li spinge con la forza sotto il feroce getto di ghiaccio: urla, parole al vento, canzoncine sotto la doccia, lacrime e risa incontenibili. Poi tutti si vestono per il giorno di lavoro. Scintillano i neri lucidi, i rossi fuoco, le parrucche lucide come l’asfalto, le scarpe, le frange bordò, le fasce di raso, i cappelli.
Prima di pranzo, l’orchestrina prova, tra alterne vicende fatte di ripicche e gelosie, il tango del cuore. Ciascuno ha il suo, e ciascuno vuole imporlo agli altri. Ogni nota una chiacchiera e una discussione, un’offesa e una rivendicazione di superiorità del proprio strumento sull’altro. Una prova d’orchestra massacrante e inutile. Vince il disco che viene proposto a volume altissimo a coprire le urla e gli insulti: una carneficina della musica.
Concetta resta sola a ricordare il padre e il figlio morti in due guerre diverse e lontane. Due dolori che non riesce a sopire dentro di sé, e si lamenta, e balla. Ricorda il ventennio, la miseria della guerra e la miseria della pace. BUIO.
Che succede! Un corto circuito! I ragazzi e le ragazze si adoperano per riattivare la corrente. Bisogna lavorare alle luci dello spettacolo!
Ecco le prove! Finalmente!
Tra un tango e l’altro, musiche balneari con rinfresco e partita di pallone con l’uso di musica surf e occhiali da sole old fashion, hula hoop sullo sfondo. A seguire, vista la litigiosità dell’orchestra, una tanghera e un tanghero balleranno al suono della voce e al battito delle mani della compagine, un esercizio di stile e di classe.
La prova è finita, ci si prepara alla rappresentazione.
Vestiti, scarpe, trucco. Ripasso dello spettacolo in soli 5 minuti, un riassunto che avrà la forza, l’umanità e la eccezionalità di una famiglia che vive solo a tempo di tango.
Il tango tracimerà nella platea e costringerà il pubblico a ballare facendo coppia con gli attori dello spettacolo, che nel frattempo, finito lo spettacolo, saranno scesi tra il pubblico. Chi è l’attore, chi lo spettatore?
D’un tratto, gli Incoronato lasceranno gli spettatori ballerini senza partner, e saliranno sul palcoscenico, dove sarà apparsa nel frattempo una cucina economica in pieno travaglio, con sopra un’enorme pentola fumante e schiumante odori ancestrali e acquoline, in bocche affamate. Tutti gli attori avranno il loro piatto e mangeranno mentre il sipario cala.