Interno borghese, dipinti colorati sulle pareti rosse. Ella (Viviana Toniolo), una psicoanalista laica, attende un misterioso paziente (Vittorio Viviani). Una serie di semplici incalzanti domande all’elegante paziente vestito in smoking nero (con gli atteggiamenti del padrino Marlon Brando) sveleranno la sua vera identità: è Dio, è depresso ed è alla disperata ricerca di una seduta psicoanalitica che possa aiutarlo. Dopo l’iniziale, inevitabile sconcerto Ella, dapprima incredula e sospettosa all’inizio, deciderà di aiutarlo, ma i ruoli presto s’invertiranno in un capovolgimento continuo. Comincia così Oh dio mio! (che tornerà ovviamente come reiterata interiezione durante tutta la serata) una commedia farsesca dai tratti ironici che si pone immediatamente sul tono del surreale. Atto unico, testo intelligente e arguto di Anat Gov, una delle più apprezzate drammaturghe israeliane contemporanee, Oh dio mio! affronta con humour tutto yiddish un improbabile quanto insperato dialogo di cui in cuor proprio ciascuno vorrebbe essere protagonista. Il testo scava, tra il serio e il faceto, su questioni umane e problemi esistenziali, rivisita la Bibbia, il mistero della Creazione, l’uomo e il suo comportamento, mettendo in scena un confronto serrato da un duplice punto di vista. Si accende un confronto fra il punto di vista di Dio, deluso dalle “amicizie” e il punto di vista dell’uomo, che si sente schiacciato da un Dio crudele e minaccioso (la visione del Dio ebraico dell’Antico Testamento). Nel tentativo di umanizzare Dio e contestualmente di elevare l’uomo, Dio diventa un po’ come l’uomo, con tutte le sue debolezze e i suoi tradimenti ed Ella (l’uomo) diventa il mezzo di elevazione dell’Onnipotente. Alla diagnosi finale, Dio non è morto come ha scritto Marx, ma è semplicemente malato. Certo, sarà difficile arrivare a una conclusione, ma la pièce, tra qualche sorpresa e qualche ovvietà, ravvivato da folgoranti e sagaci battute (da Dio identificato come vittima dell’abbandono, alla mancanza di una madre ebrea ingombrante cui attribuire ogni colpa come è d’obbligo in psicoanalisi), procede sicura verso un finale dal sapore liberatorio e consolatorio, assolutamente ottimista. La regia di Nicola Pistoia ha un ritmo incalzante e divertente e i due attori regalano ai loro personaggi un tono naturale, ma autorevole, ricco di sfumature, impegnati in uno scambio continuo di sguardi serrati, e dialoghi scoppiettanti. Viviana Toniolo è Ella, una donna carica di dubbi e domande, che riesce ad essere fragile, ma forte al tempo stesso. Anche Dio, Vittorio Viviani, che gigioneggia nel ruolo, ha un duplice aspetto: è onnipotente, ma depresso e dunque fragile, ma proprio questa sua insospettabile fragilità tutta umana diventerà la chiave di svolta dell’improbabile seduta psicoanalitica. Alla fine convinti applausi per tutti: presente alla prima nazionale anche l’autrice, Anat Gov, una delle più apprezzate drammaturghe israeliane contemporanee. In scena fino al 4 dicembre al Teatro Vittoria di Roma.