QUELLO CHE PRENDE GLI SCHIAFFI
da Leonid Nikolaevič Andreev
libera versione di Glauco Mauri
e con (in o.a.)
Leonardo Aloi, Barbara Begala, Marco Blanchi, Mauro Mandolini, Lucia Nicolini,
Roberto Palermo, David Paryla, Stefano Sartore, Paolo Benvenuto Vezzoso
scene Mauro Carosi
costumi Odette Nicoletti
musiche Germano Mazzocchetti
regia Glauco Mauri
produzione: Compagnia Mauri Sturno
Glauco Mauri e Roberto Sturno festeggiano i trenta anni della compagnia con Quello che prende gli schiaffi e inaugurano la stagione in abbonamento del Teatro della Pergola.
Trenta anni insieme sulle scene, Glauco Mauri e Roberto Sturno festeggiano quest’anno un traguardo importante fatto di impegno e totale dedizione al Teatro.
Nei teatri di tutta Italia hanno portato i grandi classici: Sofocle, Shakespeare, Goethe, Molière, ma anche Ionesco e Beckett, Pirandello e Goldoni, Dostoevskji e Brecht, Mamet e Schmitt e Shaffer senza mancare di stagione in stagione l’appuntamento con il Teatro della Pergola.
Dopo Il Vangelo secondo Pilato di Éric-Emmanuel Schmitt e Sleuth e L’inganno di Anthony Shaffer per questo anniversario hanno scelto di riportare in scena una libera versione tratta da un testo teatrale di Leonid Nikolaevič Andreev: Quello che prende gli schiaffi, una “favola” che, attraverso l’emozione e il divertimento, possa comunicare al pubblico la “civile utilità del Teatro”.
Giornalista, scrittore e drammaturgo, L. N. Andreev fu un protagonista della vita culturale della Russia nel primo ventennio del Novecento, anni tumultuosi che precedettero la rivoluzione d’Ottobre. Popolare anche all’estero, per contratto in Germania le sue opere dovevano uscire prima che in Russia, in Italia, tra gli altri, fu tradotto anche da Piero Gobetti e molti suoi lavori furono interpretati con successo dai nostri grandi attori, da Zacconi alla Pavlova, dalle sorelle Gramatica a Ruggeri, e, ai giorni d’oggi, da Romolo Valli a Valeria Moriconi a Enrico Maria Salerno.
Quello che prende gli schiaffi scritto da Andreev tra agosto e settembre del 1915 fu rappresentato al Teatro d’Arte di Mosca e a Pietroburgo al Teatro Aleksandrinskij con la regia di N. V. Petrov, il regista ne trasse anche un film nel 1916. Nel dramma l’elemento realistico, simbolico e psicologico sono fusi perfettamente raggiungendo un’eccezionale liricità.
“La libera versione di questo testo – dice Mauri, anche regista e coprotagonista con Roberto Sturno – è motivata dal desiderio di mettere in maggiore evidenza le inquietudini, i disagi e le ansie che sono presenti nella nostra attuale società, tuttavia senza restare ingabbiati nell’ipocrisia del rispetto esasperato del testo, ma con la sensibilità e la responsabilità dell’uomo di oggi”
Un uomo vuole fuggire dalla società nella quale vive, dove tutto è dominato dall’egoismo, dall’indifferenza e dal denaro con cui tutto si compera, anche i sentimenti più puri. E allora diventerà un clown! Sale su un palcoscenico da dove comincerà la sua nuova vita e, sotto lacrime dipinte, potrà ridere del suo dolore e con le sue sguaiate risate potrà gridare la sua ribellione. E’ un pazzo? No! E‘ uno di quei rari uomini che sperano si possa costruire un mondo migliore.
Un tragico colpo di scena metterà fine al suo sogno.
Clown, domatrici di leoni, ballerine mute, piccoli truffatori, ignobili seduttori, uomini sconfitti dalla vita, uno spettacolo, Quello che prende gli schiaffi, con tutti i colori del caleidoscopio che è la vita: dramma, commedia, farsa, risata, lacrime, musica, canto e danza.
In scena undici attori, Glauco Mauri e Roberto Sturno affiancati da Leonardo Aloi, Barbara Begala, Marco Blanchi, Mauro Mandolini, Lucia Nicolini, Roberto Palermo, David Payla, Stefano Sartore, Paolo Benvenuto Vezzoso. Le musiche, eseguite dal vivo dai tre attori-clown, sono di Germano Mazzocchetti, le scene di Mauro Carosi, i costumi di Odette Nicoletti.
Glauco Mauri:
“Il mio primo incontro con Leonid Nikolaevič Andreev fu nel 1955 quando, nella “Compagnia del Teatro di Via Manzoni” di Milano, interpretai un piccolo ruolo in “Katerina Ivanovna”. La regia era di Corrado Pavolini e tra gli interpreti figuravano Memo Benassi, Laura Adani, Gianrico Tedeschi e una giovanissima Giulia Lazzarini.
Ho conosciuto il tumultuoso mondo di Andreev durante gli anni dell’ “Accademia d’Arte Drammatica” di Roma che mi permetteva, con la sua ricca biblioteca, di scoprire tutto quel teatro che nella mia Pesaro non avevo potuto conoscere. Mi ricordo che ne restai affascinato ma anche frastornato per la violenza e la disperazione che agitavano le sue opere.
In questi trent’anni della nostra compagnia qualche volta ho pensato ad Andreev ma non ho mai capito come interpretare quel suo dolore pervaso di pessimismo e di speranza, di crudeltà e di poesia.
Molti anni fa anche Alberto Perrini mi fece conoscere un suo interessante adattamento di “Quello che prende gli schiaffi”. Non se ne fece nulla, ma l’idea di quell’Andreev rimase dentro di me in attesa di una mia personale interpretazione.
Sono passati molti anni, abbiamo messo in scena tanti spettacoli, autori diversissimi fra di loro ma siamo rimasti sempre fedeli al nostro sentire: l’arte per la vita.
In questo momento così difficile abbiamo creduto quindi giusto proporre una “favola” che possa parlare ancora di umanità e di poesia ad una società che corre il rischio di inaridirsi sempre di più.
E’ l’idea da cui nasce tutta la “favola” che mi ha spinto a raccontarla con la consapevole e preoccupata libertà che deve avere un interprete. Sono stato anche affascinato dalla possibilità di far vivere nel racconto di Andreev inquietudini e interrogativi dell’uomo di oggi.
Ho tradito Andreev?
Il grande regista V. E. Mejerchol’d diceva che i testi vanno interpretati anche ricreandoli con nuovo “fervore” e non “imbalsamandoli nell’ipocrisia del rispetto”.
Nei suoi ultimi dolorosi anni Andreev ha dato vita con la sua esasperata fantasia a creature innocenti, oneste che vengono poi corrotte e distrutte dall’insensatezza della vita. Per Andreev l’uomo è fondamentalmente buono ma è la società che lo snatura con le sue ingiustizie; Andreev ama appassionatamente la vita ma è inorridito dal male che vi regna. Far vedere il male serve per capire quanto sia giusto il bene: questo è, per me, “Quello che prende gli schiaffi”
Oggi chi vede il male ma ha fiducia in un mondo più giusto e umano, è considerato un ingenuo o un buonista (che orrore questa parola!). Credo invece che mai come oggi sia necessaria un po’ di coraggiosa fiducia… e con le sue “favole” scritte da uomini per altri uomini, il Teatro può aiutarci a trovarla”.