Irriverente e dissacrante, Paolo Poli torna in scena con Il Mare, due tempi tratti dai racconti di Anna Maria Ortese. In scena un’ininterrotta galleria di storie, apologhi e personaggi per ri-scoprire e attraversare l’Italia dagli Anni Trenta agli Anni Settanta con apparente leggerezza, ma intrinseca tragicità. Paolo Poli incarna uomini o si traveste da donne borghesi perbene per raccontare con plateale semplicità e composta ironia le loro storie: tutti cercano e agognano in qualche modo la felicità, ora semplicemente appannata in un confuso ricordo, ora idealizzata in un vagheggiato sogno, ora in un ricordo doloroso. I racconti si concretizzano in brevi, deliziosi quadretti d’epoca, che racchiudono, fra illusioni, miseria o sogni, un pizzico di nostalgia stemperata da un tratto quasi surreale e onirico. Ai celeri monologhi che Poli tende quasi a fagocitare, si alternano i debordanti numeri musicali con le canzonette di epoche diverse a scandire il passare degli anni contraddistinti dai fantasiosi costumi (ora borghesi, ora quasi da avanspettacolo) di Santuzza Calì. Le scene di Emanuele Luzzati, citano il Novecento e ritraggono il mare, elemento denominatore dei racconti, per assumere un sapore quasi liquido a custodire racconti a tratti feroci sotto il velo di nostalgia e di solitudine. Sul palco, insieme al graffiante Poli, che sa ben dosare con eleganza ed estrema nonchalance gli atteggiamenti da vamp, fra paillettes e parrucche colorate, alla composta enfasi borghese , i quattro poliedrici Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco, che lo accompagnano in ogni dove, cantano, ballano e recitano. Paolo Poli è sempre pungente e dissacrante, elegantemente ironico e velenoso, sotto l’apparente e ingannevole aria di candida bontà fino a stupire nei due bis finali davvero ironici e impertinenti.