Se Cenerentola, celeberrima favola di Charles Perrault, si è prestata nel corso degli anni a versioni e interpretazioni di ogni genere, non stupisce che il nuovo allestimento del Balletto di Milano catapulti la storia nei colorati Anni Cinquanta, aggirandosi fra una seriosa carta da parati e gli abiti bon ton della società perbene. Questa spassosa Cenerentola si trasforma in una magica fiaba moderna per grandi e piccini, e rivisitata con qualche libertà, privilegia tutti gli aspetti più comici della fiaba.
E a sottolineare l’approccio giocoso della fiaba, pur nel dolore e nella sopraffazione, le brillanti musiche di Rossini dalla Cenerentola al Guglielmo Tell, dalla Gazza Ladra alla Scala di Seta al Barbiere di Siviglia alle Sonate per archi e brani per pianoforte. L’irreale atmosfera da fiaba si giova anche delle scene e dei costumi deliziosi di Cordelia Matthes, colorati in perfetto stile Anni Cinquanta, dai colori pastello e dalle ampie gonne a ruota, molto vari nella loro apparente uniformità. La coreografia di Giorgio Madia si muove fra la danza accademica alle incursioni (ad hoc) nel contemporaneo, all’onnipresente mimica, soluzione adatta soprattutto per disegnare l’arcigna (e buffa) matrigna e le due sorellastre, interpretate da ballerini, comiche figure di malcelata invidia e bruttezza fisica e morale. L’incipit poi è d’indiscutibile impatto visivo: la morte della madre di Cenerentola, l’arrivo della matrigna, la morte del padre, sono presentate come provenienti da un passato lontano, attraverso le proiezioni delle ombre dei solisti in un sottile gioco in controluce. Cenerentola si svela, fragile creatura che si mimetizza con la carta da parati, simbolo inequivocabile dell’eleganza e della sobrietà borghese Anni Cinquanta. Costretta ai lavori domestici sotto l’occhio vigile della matrigna, costretta a servire le due sgraziate e invidiose sorellastre (dalla mimica incontenibile con le grosse parrucche cotonate e i vestiti infiocchettati), anche per la piccola, dolce Cenerentola (la leggiadra ed esile Giulia Parisi) arriverà il momento del riscatto quando potrà partecipare al ballo (vivace la scena dell’invito) grazie alla magia della Fata Smemorina, qui come non mai molto lontana dallo stereotipo disneyano: alta e slanciata indossa reggicalze e guepiere, anche se resta tanto sbadata quanto provvidenziale. Fra la deliziosa trovata della carrozza con cui Cenerentola si reca al ballo (divertenti le grandi ruote create con due ombrelli a righe bianchi e rosa che roteano vorticosamente e i ballerini -cavalli) e l’orologio che segna la mezzanotte il ritmo si mantiene sempre vivace. La scena del ballo, fra equilibrio ed eleganza, è stemperata dalla presenza del Principe Azzurro (l’agile Martin Zanotti) dall’atteggiamento un po’ damerino e un po’ arrogante che fa svenire per l’avvenenza tutte invitate al ballo e impazzire le sorellastre, ma che ha occhi solo per l’incantevole Cenerentola che si cela sotto uno sfavillante abito rosa con grazioso copricapo piumato. Passo a due fra Cenerentola e il Principe (peccato lui sia così poco regale quando si toglie la giacca) e finale da copione con la Fata Smemorina (qui deus ex machina) che convince il Principe a cercare la sua bella, facendolo letteralmente abboccare con la scarpetta. In un vivace tripudio finale il Principe riconosce la sua innamorata nascosta sotto un paralume (da una delle perfide sorelle). E che lieto fine sia in un’apoteosi di colore, divertimento e un pizzico di follia.
Cenerentola del Balletto di Milano
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