Mi è piaciuto il testo di Paola Bigatto ispirato ai libri di Gabriele Nissim e interpretato dal bravissimo Massimo Speziani. Mi è piaciuto per la sua laicità. La pièce ci fa vedere la faccia “buona” della medaglia, non quella sulla quale sono inscritti 6 milioni di ebrei, 5 milioni di civili russi, 2 milioni di polacchi, 1 milione tra zingari, liberi pensatori tedeschi, malati di mente e malati incurabili, omosessuali per limitarci al periodo storico marchiato dalla follia nazista. E ancora quelli del genocidio degli armeni, dei ceceni e di altri milioni di poveri dimenticati. E’appunto sull’altra faccia della medaglia che insiste il testo, la faccia sconosciuta, opaca, quella dedicata ai “Giusti”, alle persone sulle quali non si può dire che sia calato l’oblio perché non c’è mai stato il ricordo. Sono quelli che hanno aiutato, salvato la vita di uomini, donne e bambini sottraendoli alla follia criminale che ha sterminato milioni di persone e che dunque rappresentano un valore assoluto e universale.
Della rappresentazione ho apprezzato l’impostazione oggettiva perché concentrare la memoria storica ed emotiva in modo esclusivo sulla shoah sarebbe stato psicologicamente poco accorto. Certo è predominante la storia di ebrei salvati dai Giusti perché l’olocausto è stato, e speriamo rimarrà, il genocidio più grande e più conosciuto.
Il racconto è dedicato a tutti quelli (la cui memoria è rimasta nascosta nelle pieghe della storia) che, per aiutare il prossimo hanno perso la vita, altri che la vita l’hanno solo arrischiata, altri ancora che non hanno potuto, ma avrebbero sinceramente voluto aiutare quelli che in varia misura hanno vissuto la tragedia del genocidio e che nel corso della storia sono state vittime dei rigurgiti fondamentalisti di qualsivoglia natura: tribale, razziale, politica o religiosa.
Ai limiti del quartiere ebraico di Parigi c’è una strada dedicata ai Giusti, una strada di due/trecento metri in cui, su tutta una parete alta almeno tre metri, sono scritti in caratteri minuscoli i nomi (almeno 2500) di coloro che si sono adoperati per salvare gli ebrei dalla follia nazista. Più noto è il giardino dei Giusti dove, in memoria di chi ha dimostrato che si deve e si può dire no al male, alla prevaricazione, alla violenza e all’ingiustizia, è stato piantato un albero a cui corrisponde un nome. Dopo Gerusalemme, Erevan, Sarajevo altre città hanno fatto il proprio giardino della memoria e anche Milano ha finora piantato 43 alberi sul monte Stella.
Conclusione: questa lezione-spettacolo racconta dei carnefici, delle vittime e dei Giusti. Mancano solo gli ignavi, quelli (e sono la maggioranza) che si sono voltati dall’altra parte per non vedere.
Il memorioso di Paola Bigatto tratto da Gabriele Nissim
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