Da giovedì 1 marzo 2012 alle ore 21.00 (in replica fino a domenica 4), presso il Teatro Elicantropo di Napoli, Hobos Teatro e Compagnia La Carrozza d’oro presentano l’atto unico Drink and Dinner Disco Club di Daniela Mattera, con Alfredo Gilardi, Luana Martucci, Daniele Mattera e Pasquale Napolitano, che ne firma anche la regia.
Trascorriamo la vita come se questa dovesse durare per sempre e come se nulla potesse ostacolare le nostre azioni e i nostri progetti, ma cosa succederebbe se improvvisamente ci trovassimo a confrontarci con i limiti imposti da una malattia invalidante o terminale?
È quello che accade ad Alberto, Ernesto e Ornella, nella solitudine di una casa di cura per malati cronici. Assistiti con apparente superficialità da Ugo, i tre vivono la perdita della loro autonomia e l’inesorabile avvicinarsi della morte, dietro i vetri di un balcone che segna simbolicamente il limite della loro vita. Ornella rifiuta con rabbia la malattia, sfidando l’invalidità in una dura competizione. Ernesto cerca di scoprirne e goderne i vantaggi, così come in passato ha goduto i piaceri della vita. Alberto accetta l’avvicinarsi della morte come la desiderata liberazione dalla solitudine.
In realtà, però, a dispetto dell’angoscia del presente, tutti e tre rispondono al dolore, vivendo con intensità il presente del loro reciproco rapporto, a volte tenero altre litigioso, ma, comunque, sempre improntato all’affetto e alla solidarietà.
Le difficoltà – spiega il regista – che s’incontrano nella messinscena di un testo di cui non si conosce l’autore sono molteplici, perché bisogna interpretarne l’opera esclusivamente attraverso la sua scrittura, il suo background storico-sociale e la propria esperienza di vita.
Quando l’autore si conosce e lo si deve, anche, dirigere, le difficoltà sono differenti. Bisogna discutere con lui il significato che ha dato al testo, alle parole dei personaggi, e bisogna confrontarlo con le proprie interpretazioni, con quelle degli altri attori”.
Il testo scritto da Daniele parla di malattie e del modo di affrontarle da alcuni personaggi. E’ una stilizzazione della vita, come sempre il teatro deve essere, in cui si sono incrociate le interpretazioni, le sensazioni, le esperienze di vita dell’autore, del regista e degli attori, nell’idea che il dramma e la commedia, nella vita dell’uomo, sono inscindibili. Il risultato è una visita ospedaliera, improntata alla linea di un’opposizione tematica tra stile e contenuto, in cui lo spettatore è invitato a spiare altre esistenze.
La ricchezza dell’intreccio e delle parole si accompagna alla ricchezza dei movimenti, ma contrasta con la scena scarna. Anche se si parla di una clinica superaccessoriata, si vedono solo pochi oggetti, un unico letto in un’unica stanza che i tre pazienti sono costretti a condividere, come, nello stato di malattia, condividono la tragicomica messinscena della morte.