È senza dubbio Evgeny Kissin la stella che illumina il nuovo appuntamento della ricca stagione sinfonica di Santa Cecilia. Ed è sempre una gioia vedere suonare il celebre pianista russo, ex enfant prodige, ora acclamato, sensibile, pluripremiato interprete internazionale, qui alle prese con il popolare Concerto per pianoforte e orchestra del norvegese Evdard Grieg. Salta all’ultimo momento la presenza di Juroswki a causa di motivi di salute del brillante direttore d’orchestra, sostituito dall’inglese James Judd (già assistente di Maazel e Claudio Abbado) che torna sul palco di Santa Cecilia dopo 35 ani di assenza. Kissin, 40 anni, volto quasi da ragazzino e toccante sensibilità interpretativa, regala fin dal celebre incipit del Concerto (del 1868, un’eccezione nella produzione di Grieg) brividi con la controllata cascata di note. È un attimo e l’interpretazione del solista (che suona senza spartito) è fin da subito elegante e ricca di preziosi dettagli nel colorare di variazioni una partitura ricca che rielabora i più celebri motivi popolari della musica norvegese, un folkore rivisitato fra brillante virtuosismo, romantico lirismo o vivacità delle danze. E Kissin sa bene come dosare le parti più virtuosistiche con un’interpretazione attenta e fedele, sempre piena e assolutamente varia. L’Adagio è il trionfo di un limpido lirismo romantico e sognante senza indugiare troppo che precede l’immediato terzo movimento accelerato ed energico che precipita verso la fine. L’Orchestra, diretta da James Judd, è equilibrata e armoniosa, mantenendo buona intesa con Kissin, che suona sempre trasmettendo non solo purezza espressiva, ma soprattutto un vero piacere del suonare, una gioia quasi insuperata. Il fuoriclasse si gode lo scroscio di applausi ed è ben lieto (come sempre) di regalare al pubblico due bis, un delicato pezzo di Grieg e un magnifico Valzer di Chopin che rapisce la mente e il cuore. Un gioiello incastonato fra l’impetuosa Ouverture tragica di Brahms, per Judd quanto mai vigorosa e imponente, e in chiusura nei colori vivaci e briosi di una delle meno eseguite sinfonie di Cajkovskij, la Seconda (detta Piccola Russia) nella giudiziosa esecuzione di Judd e dell’Orchestra.