dalla novella di Camillo Boito
regia Francesco Branchetti
con Isabella Giannone
Musiche Pino Cangialosi
Scene e Costumi Cristiano Paliotto
Disegno luci Francesco Branchetti
La vicenda narrata nella novella di Boito è trasportata a Roma nella Seconda Guerra Mondiale e poi una quindicina di anni dopo, all’inizio del “boom economico”.
“Scrivere. Devo scrivere. Ogni mattina. Sedermi allo scrittoio….”
La contessa Livia Serpieri rivive da numerosi anni il giorno della sua vendetta, attimo per attimo, prigioniera di quell’azione commessa per dolore, umiliazione e profonda disperazione………
“La novella “Senso” di Camillo Boito è stata più volte adattata e reinterpretata.
La versione più eclatante è stato il magnifico film di Luchino Visconti con protagonista Alida Valli.
La protagonista,in questa versione teatrale, vive il suo amore per un soldato tedesco, ma non durante le guerre di Indipendenza, bensì nella Roma occupata della Seconda Guerra Mondiale.
L’amore cieco per l’ufficiale del Reich prende la forma della più atroce delle vendette quando la bella Contessa scopre il tradimento dell’amato.
E tutto diventa monologo interiore. La Signora è condannata da una sorta di Tribunale che ha la sua sede all’interno di se stessa a ripercorrere tutte le mattine le tappe della sua Via Crucis personale seduta a uno scrittoio e a ricostruire con l’ossessione dell’esattezza tutti i momenti della vicenda con l’assoluta precisione del particolare.
Questo è l’unico modo di vivere che la farà continuare fino al giorno in cui lei stessa morirà.
La mattina inchiodata allo scrittoio a ricostruire gli attimi, le emozioni, i turbamenti e il doloroso nodo alla gola.
La notte a implorare, a piangere, a risentire il tonfo del corpo del suo amato che cade per l’esecuzione capitale avvenuta per fucilazione.
Supplizio estremo che ha avuto luogo a seguito della denuncia della stessa Contessa ferita e folle di desiderio di vendetta. Più volte la nobildonna ripete che non è possibile sentirsi in colpa se ci si è vendicati di una persona priva di anima, ma la contraddizione è più che evidente.
Un girone dantesco eterno e avvitato in se stesso.
Uno dei terribili esiti che possono stamparsi su una vita quando ha preso la strada di “un amore sbagliato”.Un tema universale che può essere narrato in tutte le epoche.”
Gianni Guardigli
Note di regia
In” Senso” di Gianni Guardigli la vicenda narrata nella novella di Boito è trasportata a Roma nella Seconda Guerra Mondiale e poi una quindicina di anni dopo all’inizio del “boom economico”.
La contessa Serpieri vive e patisce l’eterna colpa del suo gesto in una Roma stanca delle pene della guerra e del dopoguerra.
E’ il periodo della Dolce Vita, gli anni ’60, quando la capitale si ammanta di “desiderio di futuro”. Nella mente della nobildonna è stampato per sempre il giorno della sua vendetta, attimo dopo attimo, pensiero dopo pensiero.
In tutto il testo regna sovrana la figura, l’ombra, il fantasma del soldato tedesco; ricordi, strazio, felicità ed emozioni perdute, rimorso, ferite insanabili, dolore, per quel ménage sentimentale che tra la donna e il giovane si era instaurato e che era arrivato ad eccessi estremi di scabrosità fisica e morale.
Un monologo dalla forza straziante che abbraccia nel ricordo un arco narrativo di molti anni.
Molti testi vivono del confronto, del raffronto con gli anni in cui vengono messi in scena per cui il problema di “scegliere” una “via”, una “ chiave di lettura” e di messinscena è fondamentale .
La mia “lettura” intende “centrare” la messinscena su tre temi portanti: primo il difficile, ambiguo, pericoloso rapporto tra status sociale e passione, secondo tema la solitudine dell’ “atto compiuto” del “fatto”, terzo tema infine l’impotenza dell’uomo, all’interno del conflittuoso rapporto tra bene e male, nei confronti delle passioni “eccessive”, forse “sbagliate” e quindi l’impotenza nei confronti dell’inevitabile, tragico, terribile, viaggio di perdizione, vuoto e disperazione che spesso ne consegue.
La mia messinscena intende indagare le potentissime tortuosità dell’anima, la forza talvolta distruttrice della passione estrema, l’annientamento fisico, morale, psicologico, la solitudine che scaturisce dall’ “atto” compiuto, dal “fatto” incancellabile ed incontrollabile, nelle sue “conseguenze”.
Intendo inoltre porre al centro, perno di tutto ciò che accade, il desiderio di passione insito nell’uomo, le “forze” che lo circondano, lo circuiscono e lo spingono in un balletto straziante, terribile, di pulsioni, di paure, di ambizioni, di inganni, di folle gelosia; la parabola dell’ alienazione più “vera” ; la “passione” talmente forte che talvolta sconfina nella follia e ci trascina nella solitudine più straziante, talvolta nel disfacimento morale e fisico.
L’ imprevedibilità della passione , l’ incalcolabilità delle conseguenze, gli strazi e il baratro in cui finisce una coscienza colpevole saranno al centro di un allestimento, che farà della discesa agli inferi della protagonista l’asse portante.
Elementi scenici, luci e musiche danno un fondamentale apporto alla costruzione di questo “incubo d’amore”, accompagnandoci in questo viaggio, nel vizio mentale, nelle “patologie” dell’anima della protagonista, nella sua “via crucis”, nel delirio e nell’ossessione di chi è braccato dai propri fantasmi, nei perversi meccanismi (psicologici, ma fatalmente anche “politici”, “sociali”) che scaturiscono dalla brama di passione, nelle pulsioni estreme, insite nell’uomo, nel disfacimento e nella disgregazione dell’animo che, inevitabilmente, ne scaturiscono.
Ogni periodo storico, ogni epoca ha norme, convenzioni, insensibilità di vario tipo; ”SENSO” è soprattutto una guerra interiore tra passione, ragione, orgoglio e gelosia, ed è di questa guerra sanguinosa e devastante che intendo parlare.
Siamo di fronte ad un’opera dai mille tempi e spazi, dai mille volti, dalle mille ambiguità e prospettive e la contessa è uno splendido, variegato, prismatico personaggio, dal percorso umano straziante, il cui significato più profondo é l’incessante aspirazione umana ad una compiutezza ed a un assoluto che sono sempre, forse, irraggiungibili.
La protagonista, come abbiamo detto, vive il suo amore per un soldato tedesco, non durante le guerre di Indipendenza, bensì nella Roma occupata della Seconda Guerra Mondiale.
L’amore cieco per l’ufficiale del Reich prende la forma della più atroce delle vendette quando la bella Contessa scopre il tradimento dell’amato.
E tutto, sostiene Guardigli, diventa monologo interiore. La Signora è condannata da una sorta di Tribunale che ha la sua sede all’interno di se stessa a ripercorrere tutte le mattine le tappe della sua Via Crucis personale e a ricostruire con l’ossessione dell’esattezza tutti i momenti della vicenda con l’assoluta precisione del particolare.
Un girone dantesco eterno e avvitato in se stesso.
Solo nella morte, forse, la frammentazione del reale potrà ricomporsi in unità, in un’immagine di armonia.
La regia intende restituire al testo la straordinaria capacità d’indagare l’animo femminile e le tortuose relazioni che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri; ansie, paure, malesseri, malinconie, dolori, solitudini si confondono in un balletto straziante che ci trascina nell’inferno privato di una donna. Scene e musiche, torno a sottolineare, daranno un apporto fondamentale a questo viaggio nel mondo femminile, nell’inconscio, nella psiche, di cui sono proiezioni.
Francesco Branchetti
In scena al TEATRO LITTA – Corso Magenta, 24 – Milano – tel. 02.86454545
www.teatrolitta.it – promozione@teatrolitta.it
Dal 2 all’ 11 marzo 2012
Tutte le sere ore 21.00 – domenica ore 17.00 – lunedì riposo
Biglietti: intero €13 – ridotti €9/10 | Abbonamenti: Carta Lunatica – Carta Lunatica Gold.Prenotazioni: tel. 02.86.45.45.45 lunedì/sabato dalle 14.30 alle 19.00 oppure promozione@teatrolitta.it. Prevendita e ritiro prenotazioni: lunedì/sabato dalle 18 alle 20 presso la biglietteria del teatro.
Vendita on line www.vivaticket.it