Tutto esaurito per il nuovo appuntamento della stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In programma il primo incontro artistico fra Sir Antonio Pappano, che torna sul podio della sua Orchestra (sempre ai massimi livelli) e la giovane e bella violinista olandese Janine Jansen, al suo debutto romano con il Concerto per violino e Orchestra (l’unico) di Brahms in un’esecuzione fantastica. L’Orchestra fin da subito è sottile e impetuosa a introdurre il violino, dal suono veemente e poi lirico. Pluripremiata star acclamata in patria, la Jansen, elegantissima in lungo, è una violinista tutta anima e corpo (suona uno Stradivari 1727 Barrere che le è stato prestato dall’Elise Mathilde Foundation) che accompagna anche fisicamente ogni movimento e sussulto del suono del violino, dagli incredibili virtuosismi alle variazioni più languide. Pappano l’accompagna sottolineando in ogni momento con l’Orchestra l’evidente respiro sinfonico del concerto, ora creando un inatteso clima di tensione al suono insinuante del violino che esplode poi nelle variazioni oniriche e dolcissime interpretate con pathos dalla Jansen. Il concerto si ammanta di pacata dolcezza anche nell’Adagio, serafico e quasi atemporale e il divertimento arriva nel terzo movimento colorato e fiammeggiante in cui gli assoli si fanno vivaci, lasciando maggior spazio alla capacità funambolica dell’artista, con tocchi quasi pittorici e pennellate di colore. E il finale esplode in un crescendo grandioso fra gli applausi del pubblico che richiama la solista sul palco per un bis, incantevole, di Bach. Quel che è certo è che l’intesa fra la Jansen, Pappano e l’Orchestra è notevole: si capiscono al volo e nei prossimi giorni saranno protagonisti di una tournèe in Germania che toccherà diverse città, Colonia, Dusseldorf, Francoforte e Friburgo. Nella seconda parte della serata spazio alla Quinta Sinfonia di Prokoviev, composta nel 1944 per celebrare l’uscita dalla Seconda Guerra Mondiale della Russia, invitando la Nazione a guardare con ottimismo il futuro. Fra suoni enfatici e volumi quasi assordanti, il Prokoviev più genuino si scorge nel secondo, impertinente e vivace secondo movimento, senza dubbio il migliore, giocato sull’attesa che esplode nella fanfara militaresca dove Pappano riesce a estrapolare ancora una volta l’estrema elasticità dell’Orchestra.