Sono passati ormai un po’ di anni dalla pubblicazione di Gomorra, e anche dall’uscita del film nelle sale, uno spettacolo teatrale potrebbe sembrare una materia già sentita. In realtà pochi sanno che ancora prima che il libro venisse dato alle stampe già l’idea nasceva a Mario Gelardi e Ivan Castiglione che la proposero a Saviano. Dalla penna del giornalista campano e da quella di Mario Gilardi (regista dello spettacolo) è nata questa messa in scena di Gomorra che ormai da quattro anni gira per l’Italia con grande successo. Non più episodi separati in blocchi, come avevamo visto nel film di Matteo Garrone e letto nel libro di Saviano, ma bensì legati tutti dalla coscienza civica di un giovane Roberto.
Una scena lugubre ed essenziale, pochi sacchi, un’impalcatura, insomma uno scenario da periferia urbana abbandonata a se stessa dove covano spaccio, criminalità organizzata, dove si coltiva il mito della camorra e i giovani adepti dei clan sognano quel rispetto che solo una vita da boss può dare. Sullo sfondo della scena, proiettati, i numeri dei morti ammazzati per camorra negli ultimi 30 anni. I personaggi raccontati dalla penna di Saviano rivivono in scena, ritroviamo il sarto Pasquale, che ha votato la sua arte alla malavita e scopriamo i giovani spacciatori Pikachu e Kitkat che sognano di far carriera nel “sistema”. La criminalità più bassa e anche quella più alta, impersonata dagli imprenditori dei rifiuti, quei criminali insospettabili, laureati alla Bocconi, ma che inquinano con i rifiuti del Nord le terre del casertano, impersonate da Mariano e dallo Stakeholder. E poi c’è lui che cerca di fare luce nel buio, c’è Roberto, che chiede, scrive e denuncia. Lo spettacolo si apre e si chiude con le sue parole, quelle che pronunciò a Casal di Principe nel settembre del 2006 quando citando lo scritto di Don Peppino Diana “Per amore del mio popolo non tacerò”, lanciò un messaggio diretto ai casalesi: “Andatevene da questa terra”!
Gomorra
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