IL LIBRO CUORE ed altre storie
uno spettacolo di Angelo Savelli e Lucia Poli
con il contributo di Edmondo De Amicis e Stefano Benni
regia di Angelo Savelli
scene di Gianni Calosi
costumi di Massimo Poli
luci di Alfredo Piras
musiche a cura di Marco Bucci
produzione Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi
Teatro di Rifredi
Ci si trasforma rapidamente in bambini dagli occhi golosi, acquattati dentro la penombra confortevole di un salotto torinese di fine ottocento (con immancabili “frutti di marmo, scrigni fatti di valve, sedie parate a damasco”), davanti alle figurine dipinte su vetro che si animano grazie alla luce di un’ideale lanterna magica. I personaggi nati dal fervore civico di De Amicis, precettore ufficiale dell’Italia umbertina, attraversando il filtro luciferino di Lucia Poli diventano prototipi pedagogici illustrati con aggraziata, acuta perfidia.
Ascoltiamo con divertita reverenza il sermone doloroso, i gravi ammonimenti e ammaestramenti elargiti con generosità dalla Signora Bottini al figlioletto Enrico allo scopo di determinarne l’atrofia istintuale permanente. Questo archetipo di Madre in gramaglie, mossa da nobili intenti educativi, conduce il malcapitato discendente in visita all’Istituto per Bambini Rachitici (a vedere “i piedini ritorti, le ossa torturate” di quegli sfortunati infanti) o al Cimitero, a riflettere sulle tombe delle maestre intisichite dalla fatica dell’insegnamento, e dei genitori affranti dai dispiaceri procurati da figli dissennati e ingrati.
O seguiamo, quasi senza respirare per la gioia e la meraviglia, le leggiadre evoluzioni della coloratissima Maestrina dalla Penna Rossa (trasfigurata dall’ardore unitario, dal convincimento che fosse davvero possibile costruire una nazione di cittadini consapevoli, uguali e fratelli). I suoi incitamenti agli alunni, il movimento stesso del corpo, somigliano al passaggio dello zefiro, all’aprirsi dell’ancora umida “azzurra crosticina” del mattino.
C’era tanta retorica in quel piccolo mondo antico, in quel positivismo borghese, e un afflato eroico che, di anno in anno, si è decomposto in volgare isteria necrofallofilìa fino a incarnarsi nella “tonitruante logorrea”, nei berci infoiati del Buce mascelluto. Tuttavia, la rovina prodotta da dieci scellerate riforme scolastiche fa qualche volta rimpiangere alcuni aspetti della classe di Franti & Co.
La Scuola contemporanea è una boutique dove si mettono in vetrina allettanti, infiocchettate offerte formative, programmi personalizzati, professori trendy. O ancor meglio, un Club Med in grado di fornire percorsi d’istruzione alternativi (molto alternativi). Allora, alla docente di scienze vagamente psichedelica che si avventura nel racconto di un viaggio di ricerca in Nord Europa (dove viene coinvolta nel baccanale dei rari paperi Orlov), si preferisce l’anziana, agghindata professoressa dalla sordità selettiva, sopravvissuta a ogni scempiaggine ministeriale, che rivendica con improvvisa, aspra veemenza l’applicazione dei programmi d’antan: “quel De Amicis che andava avanti e indietro dagli Appennini alle Ande, dalle Ande agli Appennini…perché?…per cercare la Mamma!! E quell’uomo animato da trasporto carnale per i bovini! E l’altro, che sussurrava ai cavalli..anzi alle cavalline (storne)!!”.