Il limite, almeno a guardare le reazioni del pubblico, è stata la brevità. Un’ora di spettacolo, forse qualche minuto di meno. Nel senso che gli spettatori, pur consapevoli dell’enorme dispendio fisico e di concentrazione dei quattro in scena, ne avrebbe voluto ancora. È inusuale, infatti, assistere a una tale dimostrazione di bravura, premiata da uno scroscio di applausi e grida di approvazione. Alexandre Fray, Frédérick Arsenault, Mika Lafforgue e Sergi Parèssont sono i quattro acrobati (equamente divisi tra porteurs e volteggiatori) della compagnia francese “Un loup pour l’homme”, che hanno presentato a Roma la loro ultima creazione, “Face Nord”. Lo spettacolo è andato in scena sabato 21 e domenica 22 aprile a Roma, in uno chapiteau sul Tevere, montato sotto al nuovo Ponte della Musica, nell’ambito del Festival del circo contemporaneo “Apripista” organizzato dall’Auditorium. Festival giunto quest’anno alla seconda edizione, e segnato da un crescente successo.
Circo, teatro, danza: “Face Nord” è uno spettacolo di confine, in cui si mescolano arti diverse, legate assieme dal valore indiscusso delle acrobazie. Un insieme di cadute e salti sulla schiena, rimbalzi e impossibili equilibrismi, prese aeree e grovigli di corpi, pieno di energia e di gioco. Una potenza visibile nei muscoli contratti, nel sudore copioso, nelle mani alla continua ricerca di appigli. Ma pieno anche di capacità visionaria, di composizione d’immagini di suggestiva bellezza, come quella (in realtà impossibile da descrivere) in cui i quattro corpi compongono un “ventaglio”, in lenta e continua apertura, attraverso la messa in tensione di braccia e gambe che sembrano sfidare ogni principio di forza e di equilibrio.
Grande è l’attenzione, si diceva, alla creazione di immagini. Sulla scena compaiono archi e porte, strani esseri perennemente mutevoli, impalcature e piramidi. Un mondo di astrazioni, disegnato da corpi terreni in lotta contro la gravità. E ricco è l’universo fantastico che lo spettacolo richiama: i giochi dell’infanzia, i combattimenti, gli abbracci sensuali, spesso accompagnati da brevi brani di musica classica. “Face Nord”, come i versanti nord delle montagne, solitamente i più difficili, i più aspri, ci indica insomma che le possibilità di una ricerca personale (diremmo freestyle) stanno tutte nel contatto, nella resistenza, nella sfida dei limiti, nella fiducia negli altri, nel volo.