“Il denaro è un buon servitore, ma un pessimo padrone”. Nel folgorante e lungimirante epigramma di Oscar Wilde si potrebbe racchiudere tutto il senso della commedia I soldi non servono a niente di Nino Marino, in scena al Teatro Sala Umberto di Roma (fino al 29 aprile).
I tempi sono cambiati, ma neanche troppo, come mostra la cinica commedia diretta con verve da Claudio Boccaccini, e interpretata da Francesco Pannofino, Emanuela Rossi (marito e moglie anche nella realtà) e Felice Della Corte.
Una ricca, elegante (in abiti Gai Mattiolo), annoiata signora (Rossi) con tanto di maggiordomo in casa (ma si capisce subito che la signora è un po’ “ripulita” per non dire una sorta di parvenu) attende che l’Onorevole di turno rientri per cena. Ma qualcosa va storto perché nell’attesa si presenta alla porta un ospite inatteso e un po’ malconcio (Pannofino) appena uscito di galera che sostiene di essere il marito della signora suscitando non poco imbarazzo per il rientro anticipato. L’arrivo del marito scatena prevedibilmente non solo una serie effetti comici, ma anche di equivoci: cominciano i guai e tutti i nodi vengono al pettine anche per l’ignaro marito, compreso il fatto che l’elegante signora condivide lo stesso tetto con l’onorevole. Perché mai?
La commedia, veracemente cinica e crudele, ma tenera, è una parabola sull’arroganza del potere e del denaro tremendamente attuale (guarda caso il farabutto di turno è il solito politico in giacca e cravatta che sta per diventare Ministro) che fa riflettere lo spettatore attraverso toni tragicomici. L’impianto drammaturgico gioca non solo sugli equivoci e su una serie di scelte morali, ma anche sulla briosità degli interpreti sulla scena, in particolare il trio protagonista sempre molto affiatato.
Accolto fra gli applausi del pubblico, Francesco Pannofino (nel ruolo del marito di troppo graziato da un inaspettato quanto sgradito indulto), già storico doppiatore nonché volto di Boris e tornato in tv con Nero Wolfe, gigioneggia nella parte regalando tratti esilaranti e teneri al suo personaggio nella sua crescente consapevolezza di uomo comune che non può fare altro che obbedire alle leggi del potere.
Emanuela Rossi, già apprezzata doppiatrice (tra l’altro di Michelle Pfeiffer) nel ruolo della moglie, è bravissima nel registro comico e drammatico e rappresenta un po’ l’anima ambivalente della commedia in bilico fra opportunismo e sincerità. L’onorevole di dubbia moralità ha il volto, la sicura presenza scenica e la voce baritonale di Felice Della Corte (direttore artistico del Teatro Manfredi di Ostia). Illuminanti guizzi di comicità con la presenza impalpabile del maggiordomo di stile inglese, l’ottimo Paolo Perinelli e l’incursione del bizzarro avvocato (Andrea Lolli) assediato da una serie di tic nervosi. Il ritmo veloce di una regia vivace e una recitazione fisica che esaspera quasi ogni tipo gestualità, celano in realtà il calvario di un uomo comune, schiacciato dal potere (o forse no?). Ma la commedia è in realtà anche una tenera storia d’amore e di dignità che ricorda (anche se da lontano) la liberatoria scena finale di Una vita difficile con Alberto Sordi regalando la speranza in un mondo migliore.