Sarà in scena alla Sala Assoli di Napoli, da martedì 17 aprile 2012 alle ore 20.30 (repliche fino a domenica 22), lo spettacolo Interno familiare, tratto da un racconto di Anna Maria Ortese, interpretato da Iaia Forte e presentato da PigrecoDelta.
Feroce ritratto di una perdente assoluta, una donna che mai ha conosciuto l’amore, Interno familiare, racconto tratto dalla raccolta “Il mare non bagna Napoli”, capolavoro della Ortese, si svolge nel giorno della vigilia di Natale dove, in una grande casa nel quartiere di Monte di Dio, un’adulta zitella, Anastasia Finizio, scopre che è tornato in città, dopo anni di assenza, un giovane di cui era stata innamorata.
Questa notizia le risveglia i sogni sopiti, le fa immaginare la possibilità di una “vita nuova” aprendola a un amore che però si rivelerà illusorio.
Tra il brusìo dei parenti, che si preparano al pranzo di festa, la giovane donna ascolta distratta il mondo intorno a sé, mentre, ansiosamente, s’interroga sul proprio futuro. Nel suo cuore speranze disattese, corse in avanti dell’immaginazione, fughe all’indietro dei rimpianti.
Intraprende, così, un viaggio dell’immaginazione di ricerche affannose in avanti, diserzioni nel passato costellato di rimpianti: un percorso interiore che, “nell’orrore di un interno familiare”, le schiude le porte di un amore ingannevole.
Rinunciandovi, però, rinuncerà anche a se stessa, e la sua vita ritornerà ad essere scandita solo da “casa e lavoro, lavoro e casa”.
Intorno a lei una famiglia atroce, in cui gli egoismi e le invidie condannano i personaggi a una solitudine amara e incosciente.
“Ho sempre avuto – chiarisce Iaia Forte – una grande passione per Annamaria Ortese, per la ricchezza della sua lingua non naturalistica, per il suo modo di sentire il mondo, vibrante ma mai sentimentale. E mi ha sempre affascinato il suo sguardo su Napoli, perché la durezza con cui ha saputo raccontarla rivela una passione reale per questa città. Spesso, la bonomia con cui si rappresenta, cela indifferenza, mentre gli amori veri devono contemplare anche il conflitto”.
E’ un nero presepe, in cui la Ortese fa muovere con prepotente violenza, verità ma anche con passione queste icone di un’effimera felicità domestica, microcosmo e metafora di Napoli stessa.
Proprio in quella fatidica notte di Natale, Anastasia s’illude su quell’uomo, che un tempo le regalò un possibile amore, e che possa ritornare. Un sogno che, come una bolla di sapone, s’infrangerà, facendola ripiombare nella sua “galera”, il negozio di vestiti, il sostentamento dei fratelli e della madre tiranna.
Uno sguardo implacabile sulla famiglia, dove spesso, recluso tra mura domestiche, nell’inconsapevolezza più totale, il dolore può abitare per sempre, trasformandola in “luogo di solitudine e follia”.