Un piccolo aeroplano che ricorda un po’ quello del Piccolo Principe di Saint-Exupéry. Fogli e libri esplosi e sospesi quasi magicamente in aria. Il buio. La luce. La musica. E le parole, i libri, la fantasia e i sogni. Don Chisciotte di Cervantes diventa il diario intimo di un narratore con Corrado D’Elia, interprete, drammaturgo, regista di questo sognante e poetico racconto in fieri, l’anima dello spettacolo reading, illuminato dalla fantasia e dalla libertà, un atto d’amore verso il teatro e verso la passione del teatro. D’Elia, sublime affabulatore, si prende le sue pause, legge febbrilmente il libro, prende appunti, gira le pagine, legge e reinventa il mito del cavaliere errante fra emozionanti e impalpabili divagazioni filosofiche, trascina il pubblico in una lettura-viaggio dove quel che conta è viaggio per il viaggio e non certo la destinazione, restituisce il totale piacere verbale della lettura. Ecco allora che prendono corpo e anima le immagini di Don Chisciotte e del fido scudiero Sancho Panza, che si consumano le epiche e tragicomiche battaglie con i mulini a vento o con le pecore, che prende forma Dulcinea del Toboso. Fra la dolcezza e la scanzonatezza quasi impertinente del poeta, D’Elia celebra la bellezza delle cose imperfette e incompiute accompagnato dai delicati intervalli musicali in uno spettacolo elogio del Don Chisciotte di Cervantes, ma soprattutto elogio del sogno e del teatro, della lettura e della fantasia. D’Elia avverte (e si capisce) che lo spettacolo a ogni replica assume connotati sempre diversi, ma quel che conta è che si trasforma immediatamente in un inabissarsi, in un perdersi nella lettura e nella fantasia perché non c’è cosa peggiore di non voler sognare. Il viaggio immaginario e intellettuale fra le parole di Cervantes diventa allora una salvezza morale in un mondo tanto pragmatico, “spesso così poco poetico e privo di slanci e di ideali”. È un omaggio intimo e sincero ai sogni e alla fantasia.