La sottrazione è un’operazione che impoverisce. Se da “Il mistero buffo” si sottrae l’attore Dario Fo, pur conoscendo l’eclettismo attorale di Paolo Rossi, il timore di assistere ad una bella copia era concreto, ma quella sorta di tensione è durata lo spazio di un minuto. Fin dalle prime battute s’è capito che l’attore avrebbe mantenuto il canovaccio sul quale far rivivere le storie originali, ma secondo una cifra stilistica assolutamente personale. Per oltre due ore Paolo, in grande spolvero, ha intrattenuto gli spettatori con funambolica bravura. Un vulcano che vomita una colata di lava esilarante. Gli spettatori ridono, si divertono, si entusiasmano, applaudono a sentir la storia del contadino che, grazie all’intervento di Gesù dopo aver subito mille angherie da padroni e da preti, inventa il mestiere del giullare. Tutto ruota intorno alla figura di Cristo, ai Vangeli, apocrifi, agnostici, ufficiali, contaminati tra loro e attualizzati con frequenti riferimenti al presente.«Uno spettacolo di cabaret che mescola parole e musica (eseguita dal vivo). Che fonde cultura alta e bassa. Che dal passato apre continui link con il presente». Molti i misteri da raccontare, non solo quelli sacri. «In Italia dal ‘70 a oggi ne sono accaduti tanti, e non tutti buffi…». Più che lo sberleffo Rossi usa l’arma dell’ironia e del sarcasmo per dissacrare e sbeffeggiare la Curia simoniaca, per raccontare il famoso scivolone del Papa in San Pietro e i paludamenti del Pontefice (con riferimento alla visita di due giorni fa a Milano). E affabula, a modo suo, con costanti richiami alla cronaca, ai clandestini, all’attualità politica. Ma è quando ritorna, in chiave buffonesca, a rivisitare i misteri religiosi e le storie dei Papi che lo sghignazzo del giullare esplode ed entusiasma la platea grazie al grammelot (che non è quello di Fo), un linguaggio composto da un mix di dialetti, di parole di uso corrente inglesi e francesi, di parole inventate, di suoni onomatopeici non disgiunti da ampie tonalità vocali, gestualità giullaresca, occhi spiritati, buffe contorsioni e un sorriso complice e accattivante. La seconda parte racconta la resurrezione di Lazzaro con incursioni sul presente e un divertente tentativo di Gesù (Rossi) e Maria (Lucia Vasini) di convincere un recalcitrante Giuda (Emanuele Dell’Aquila) a fare la sua parte com’è scritta nei Vangeli. Consumato il tradimento e crocefisso Gesù, Maria si dispera, supplica e lotta per avvicinarsi alla croce e abbracciare il figlio morente. E il lungo “a solo” in grammelot della bravissima LuciaVasini scatena applausi entusiastici. “Mistero buffo” è una pièce ben articolata che riesce a veicolare messaggi drammatici con la forza del sorriso. E’una macchina comica perfetta che, in chiave satirica e grottesca, entra di diritto nel cosiddetto teatro civile mettendo alla berlina il Potere, la classe politica corrotta, l’integralismo e l’ipocrisia della Chiesa di Roma. Di ottima levatura il chitarrista Emanuele Dell’Aquila che ha scritto le musiche e interagito brillantemente col Paolino. Con un cantattore e autore del calibro di Paolo Rossi è difficile giudicare la regia che è curata (bene visti i risultati) da Carolina De La Calle Casanova. Spettacolo da non perdere.