Poesie, parole e musiche del Teatro di Raffaele Viviani, in prova sul piroscafo Duilio in viaggio da Napoli a Buenos Aires nel 1929 di Raffaele Viviani a cura di Giuliano Longone Vivianielaborazione musicale Pasquale Scialòscene e costumi Lorenzo Cutùli
regia di Maurizio Scaparro
produzione Fondazione Teatro della Pergola e Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
in coproduzione con Gli Ipocriti
A conclusione del 75° Festival del Maggio Fiorentino, la prima nazionale dello spettacolo Viviani Varietà, con Massimo Ranieri per la regia di Maurizio Scaparro,
sigla la rinnovata collaborazione tra la Fondazione Teatro della Pergola e il Maggio Musicale Fiorentino.
La storica collaborazione tra il Teatro della Pergola e il Maggio Musicale si rinnova in occasione del 75° Festival, andando oltre la consueta ospitalità degli eventi in programma e condividendo lo sforzo produttivo di uno spettacolo musicale dove il tema del Viaggio trova una particolare declinazione in un genere popolare e vitale quale quello del Varietà.
“È passato oltre un secolo dalla nascita del Varietà come genere – ci dice il regista Maurizio Scaparro – e nella più assoluta imprevedibilità, quasi all’insaputa sua e nostra, è diventato nel volgere degli anni, passando anche accanto alle grandi Avanguardie del Novecento europeo (Futurismo compreso), un fenomeno culturale autonomo per originalità di idee, stimolanti confronti e provocazioni, commistioni di linguaggi (segnatamente di prosa e musica) che hanno talvolta cambiato la fisionomia del teatro in Europa. Se potessimo accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti del “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità di una storia ancora incompiuta, il risultato del nostro lavoro di palcoscenico, delle nostre “prove”, potrebbe essere certo utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al “divertimento”. Esiste in alcuni di noi la memoria storica o il lontano ricordo di un mondo frequentato mentre già stava cambiando. Questa preziosa memoria è stata il nostro filtro, ma anche e soprattutto lo stimolo del lavorare con emozione, Massimo Ranieri e io, a uno spettacolo che potesse avere come grande testimone di questo mondo così ricco Raffaele Viviani e il suo teatro, le sue parole e il suo canto scenico, privilegiando così quella parte che nasceva o si sviluppava in quel vitalissimo giacimento culturale e musicale che, per il Varietà, erano la Napoli dei quartieri e quella parallela, urbana, aperta alla influenza e alle commistioni con il Varietà europeo (e soprattutto con la Francia).
Come osservava Vasco Pratolini «Viviani non sta alla finestra, ma sulla strada da dove nasce…e il popolo napoletano da pretesto diventa soggetto di poesia e, rappresentandosi, si rivela a se stesso, grida le proprie ragioni, si giudica e si conforta».
C’era in quegli anni (come c’è oggi) un forte desiderio di cambiamento, di mettere in discussione con ironia, con lo scherzo, con la sorpresa, con il distacco anche malinconico, talvolta con la satira, lo stesso fare teatro. E del resto, gli studi che si sono fatti e che si vanno facendo in Italia e in Europa sulla musica “pop”, trovano una felice testimonianza in Viviani e questo spettacolo ne è anche un voluto riconoscimento, che non casualmente parte dalla nostra presenza al Maggio Musicale Fiorentino.
In questo Viviani Varietà abbiamo pensato al viaggio che nel 1929 Viviani e la sua compagnia avevano fatto sul piroscafo Duilio da Napoli a Buenos Aires per una lunga tournée nel Sud America e abbiamo voluto immaginare le prove dello spettacolo realmente destinato agli emigranti italiani che con loro attraversavano l’oceano per un avvenire incerto da costruire, confortati in questo anche da inedite testimonianze scritte, proprio durante quel viaggio, dallo stesso Viviani.
Così, durante le prove, ci è parso qualche volta di rivedere la grande forza e il disperato ottimismo di chi come Viviani in quegli anni non si arrendeva alla crisi economica, né allo schermo che calava sulle teste dei “comici” troncando lo spettacolo dal vivo.
E tutto mi auguro che, accanto al “divertimento” possa emblematicamente riallacciarsi agli interrogativi che oggi una parte del teatro si va ponendo sul rapporto con le tecnologie più avanzate e con gli altri mezzi di comunicazione artistici e tecnici, ma anche, per il futuro del nostro mestiere, alla urgente necessità per tutti noi di «non stare alla finestra, ma sulla strada».”