Il Teatro Eliseo di Roma apre la stagione 2012-2013 con un grande classico, John Gabriel Borkman di Ibsen (1896) interpretato da un grande Massimo Popolizio. Penultima opera del grande drammaturgo norvegese, Borkman (prodotto da Artisti Riuniti in collaborazione con Teatro Eliseo) contiene tutti gli elementi del teatro naturalista borghese fra drammi sociali e umani, e il regista Piero Maccarinelli (lo scorso anno al Teatro Eliseo con una Colazione da Tiffany molto aderente al romanzo di Capote) ha realizzato una messinscena, sulla magnifica traduzione di Claudio Magris, molto contemporanea e vicina a noi, asciutta e rigorosa, per concentrarsi sulla forza del testo, la grandiosità del protagonista e i conflitti. L’asciuttezza scenografica (lontana dalla minuziosità delle rappresentazioni del teatro borghese) mette in evidenza la decadenza del grandioso palazzo dei Rentheim ridotto a poche sedie e a grandi lampadari che rievocano un fastoso passato ormai lontano: sono sufficienti pochi elementi per essere catapultati nelle gelide atmosfere di Ibsen dove si consumano utopie, rivalità e scontri generazionali. John Gabriel Borkman è un grande banchiere fallito, un genio della finanza che ha scontato otto anni di carcere e che per gli otto anni successivi non è mai uscito di casa. Ha perso tutto, ricchezze, onore e dignità (seppur molto lontano dalla meschinità dei moderni politici e banchieri contemporanei), eppure, resta ancora immerso nel suo sogno utopico e nella follia dei suoi grandi, impossibili ideali. Borkman ha sacrificato tutto in nome del suo progetto, anche i suoi affetti, eppure preferisce continuare ad isolarsi a difendere la sua utopia. Suo unico amico resta il drammaturgo mancato (ovviamente) Foldal di una tragedia che non vedrà mai la luce (l’ottimo e tenero Mauro Avogadro, in qualche modo suo alter ego). Borkman è interpretato da un maestoso Massimo Popolizio, pilastro del testo, misurato e a tratti ironico, che regala al suo personaggio una pluralità di sfaccettature contorte, fra grandiosità, impenetrabilità e follia. Al fallimento della grande utopia, si allinea una rivalità amorosa e di affetti: le due sorelle (gemelle) hanno avuto lo stesso uomo, Gunhild (Lucrezia Lante Della Rovere) come marito, Ella (una fantastica Manuela Mandracchia), come amante, anche se entrambe non sono mai riuscite e comprendere del tutto il grande banchiere. Adesso si contendono l’affetto del giovane Erhart, figlio di Borkman, simbolo della nuova generazione, che oppresso fra la morbosità degli affetti della madre e della zia e l’indifferenza del padre, riuscirà a trovare la sua libertà. Lo spettacolo è molto efficace e avvincente nel restituire vigore a un testo teso e tagliente in ogni momento, con dialoghi serrati che vivono dell’intensità complessa dei personaggi e dei loro interpreti. In scena fino al 4 novembre.