Uno spettacolo dirompente, vivace, affascinante, sensuale, ironico, che sa declinare il variegato mondo femminile senza cadere in facili clichés. Le Beatrici nasce dalla sensibilità visionaria di Stefano Benni, lo scrittore bolognese dalla penna capace di mischiare sacro e profano, lingua classica e neologismi, satira del mondo contemporaneo e racconti letterari, l’autore di Bar Sport e Margherita Dolcevita, per intenderci, che in quest’opera teatrale, nata quasi simultaneamente al libro omonimo che raccoglie vari monologhi, riesce a realizzare cinque ritratti originali di donne. Le Beatrici sono una Beatrice dantesca molto poco angelicata, un’adolescente figlia della televisione e di un mondo cinico e privo di valori, una suora posseduta da un satanasso volgare e godereccio, un manager con una spietata strategia aziendale e una donna che conosce lo strazio dell’attesa. Cinque figure diversissime tra loro, cinque facce di un’unica medaglia, la donna, che Benni descrive come un essere romantico, ma che nelle notti di luna piena si trasforma in un licantropo che si prende ciò che gli spetta. Le donne di Benni sono esseri volitivi e introspettivi, capaci di meditare vendetta ma anche ricche di slanci sentimentali, un po’ sante e un po’ dannate, esagitate o pacate. Il ritmo dello spettacolo è mutevole, segue l’estro e il carattere delle bravissime attrici, Valentina Chico, Elisa Marinoni, Alice Redini, Gisella Szaniszlò, Valentina Virando, cinque prime donne nel senso più elogiativo dell’espressione, cinque interpreti capaci di dare una caratterizzazione netta e personale al proprio personaggio e che hanno collaborato anche alla regia, insieme allo stesso Benni, per questo spettacolo. La scenografia praticamente inesistente è studiata per mettere al centro le protagoniste con le loro storie, i loro sogni, le loro nevrosi. Ad ogni monologo gli spettatori, come anche le attrici rimaste in un cantuccio sulla scena, restano rapiti, nel vortice emotivo e dinamico che ogni personaggio sa creare. Ad un divertissement sulla letteratura italiana del Trecento, fatto da una Beatrice più vera che dantesca, seguono temi attuali e scottanti trattati in modo brillante, come l’emergenza dei lavoratori in esubero o la forza dei modelli negativi per le giovani generazioni; il momento elegiaco che descrive l’attesa, cui spesso è votata la donna, è preceduto dalla presentazione spassosa e coreografica di una suora dalla tunica attillata e dal viso birichino. Le Beatrici, presentato quest’estate nel 55° Festival dei due mondi di Spoleto e ora al Teatro Sala Umberto di Roma è l’esempio di un teatro caustico e intelligente, ben scritto, ben diretto e ben interpretato.