di RICHARD WAGNER
Seconda giornata ~ in tre atti
Libretto di RICHARD WAGNER
(Proprietà Fondazione Teatro alla Scala)
Prima rappresentazione: Monaco, Hof- und Nationaltheater, 26 giugno 1870
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 26 dicembre 1899 (dir. Arturo Toscanini)
Nuova produzione
in coproduzione con Staatsoper Unter den Linden, Berlino
in collaborazione con Toneelhuis, Anversa
Direttore DANIEL BARENBOIM
Regia GUY CASSIERS
Scene GUY CASSIERS e ENRICO BAGNOLI
Costumi Tim van Steenbergen
Luci ENRICO BAGNOLI
Video design ARJEN KLERKXe KURT D’HAESELEER
Coreografia SIDI LARBI CHERKAOUI
ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA
Personaggi e interpreti
Siegfried Lance Ryan
Mime Peter Bronder
Der Wanderer Terje Stensvold
Alberich Johannes M. Kränzle
Fafner Alexander Tsymbalyuk
Erda Anna Larsson
Brünnhilde Nina Stemme
Stimme des Waldvogels Rinnat Moriah
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Date:
martedì 23 ottobre 2012 ore 18 ~ prima rappresentazione turno D
sabato 27 ottobre 2012 ore 18 ~ turno A
mercoledì 31 ottobre 2012 ore 18 ~ turno C
domenica 4 novembre 2012 ore 15 ~ turno E
domenica 18 novembre 2012 ore 15 ~ turno B
Prezzi: da 187 a 12 euro
Per informazioni: tel. 02 72 00 37 44
Martedì 23 ottobre l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI Radio Tre.
Il soggettoAlberto Bentoglio
Atto primo
Una caverna rocciosa nella foresta.
Nato dall’amore di Siegmund e Sieglinde,
Siegfried è stato affidato ancora neonato dalla
madre morente alle cure del nano Mime, il
Nibelungo fratello di Alberich che vive in
una fucina nel folto della foresta. Questi ha
allevato il fanciullo non per pietà o amore,
ma per sfruttarne in futuro il coraggio e così
impadronirsi dell’anello e del tesoro dei Nibelunghi
che il gigante Fafner, trasformatosi
ora in un mostruoso drago, custodisce in una
caverna inaccessibile. Siegfried stesso nutre il
più profondo disprezzo per il suo patrigno, il
quale, al contrario, pretende da lui piena riconoscenza
per le cure e le attenzioni prodigategli.
Tuttavia, non potendo più a lungo nascondere
al giovane le sue origini,Mime è costretto
a rivelargli il nome della madre e a
consegnargli i frammenti di Notung, la spada
invincibile che appartenne a suo padre. Siegfried
si accende d’entusiasmo e ordina a Mime
di riparare immediatamente l’arma. Rimasto
solo, il nano si accinge al lavoro. Ma
ogni sforzo si rivela vano. Sulla soglia della
fucina appare un misterioso viandante, sotto
le cui vesti si cela il dioWotan. Dopo un lungo
colloquio, il dio predice a Mime che Notung
potrà essere saldata solo da chi ignori la
paura. Al suo ritorno, Siegfried, che non conosce
la paura, tempra la spada magica: ora
potrà affrontare il terribile Fafner. Nel frattempo,
Mime prepara una bevanda soporifera
per liberarsi di Siegfried, dopo che questi
avrà ucciso il drago e riconquistati l’anello e
il tesoro dei Nibelunghi.
Atto secondo
Profonda foresta.
Nei pressi della caverna di Fafner, Alberich,
che non ha mai abbandonato la speranza di
tornare in possesso del tesoro perduto, viene
raggiunto dal viandante che gli predice la
prossima vittoria di Siegfried sul drago e lo
mette in guardia sulle reali intenzioni di Mime.
Allo spuntare del giorno, mentre Siegfried
ascolta le voci della foresta che si risveglia,
Fafner appare sulla soglia della caverna.
Il drago si avventa su Siegfried ma cade colpito
dalla sua spada. Una goccia del sangue
di Fafner bagna la mano di Siegfried che, portatasela
alle labbra, riesce ora a comprendere
il canto degli uccelli. In tal modo, egli viene a
conoscenza dell’esistenza del tesoro e delle
reali intenzioni che animano Mime, il quale,
dopo un violento diverbio con Alberich, gli si
sta avvicinando per porgergli la bevanda drogata.
Ma Siegfried rifiuta e lo uccide. Indi, impossessatosi
dell’anello magico, parte per il
colle delle Valchirie dove, circondata da altissime
fiamme, giace in sonno profondo
Brünnhilde che soltanto colui che non conosce
la paura potrà risvegliare.
Atto terzo
Anfratto selvaggio ai piedi di una montagna rocciosa.
Dopo avere ricevuto da Erda, la dea della
terra, risposte evasive intorno alla sorte futura
della stirpe degli dei,Wotan si scontra con
Siegfried. Conscio del fatto che gli dei scomparirebbero
se il giovane riuscisse a fare sua
Brünnhilde,Wotan tenta di sbarrargli la strada.
Ma Siegfried non arretra: anzi con la sua
spada spezza la lancia di Wotan. Indi attraversa
le fiamme, si avvicina a Brünnhilde e la
bacia. Riconosciuto in Siegfried l’eroe atteso
sin dal momento in cui cadde nel sonno
profondo, la Valchiria si ridesta alla vita. Soltanto
per un attimo il timore di perdere la
propria condizione divina sembra prendere il
sopravvento: rincuorata dalle parole di Siegfried,
Brünnhilde si abbandona tra le sue braccia
L’opera in breve
Emilio Sala
La compattezza interna della “tetralogia”
wagneriana, la forte integrazione drammatico-
musicale delle sue parti (realizzata
soprattutto attraverso il tessuto leitmotivico),
è un dato strutturale imprescindibile
del Ring inteso come “ciclo”.Tuttavia
si deve sottolineare anche una certa “diversità
nell’unità” e cioè una relativa autonomia
di ogni singolo pannello. La “tinta”
(per dirla verdianamente) del Siegfried
è infatti alquanto particolare: contrastando
in modo evidente con la dominante
tragica della Valchiria e del Crepuscolo,
il Siegfried si riallaccia per molti
versi al clima favolistico dell’Oro del Reno
o, meglio, al tragicomico moderno – il
“grottesco”. Tale carattere è strettamente
legato al personaggio di Mime e alla sua
vocalità “buffa”. So che questo termine
appartiene a una tradizione (l’opera italiana)
che siamo abituati a ritenere il contrario
assoluto del Musikdrama wagneriano,
ma cercando di andare oltre il vecchio
schema interpretativo opera vs.
dramma è interessante notare come il tono
querulo e ambiguo di Mime possa legittimamente
rinviare a una reinterpretazione
– certo radicale – di tenori buffi come
Monostatos e Isacco (rispettivamente
del Flauto magico e della Gazza ladra),
lascivo il primo e avaro il secondo – tutti
e due dei ‘diversi’. A guardare le cose da
lontano, è evidente che con Mime si apre
la strada a un certo “tipo” di tenore comico
moderno, figura dell’ambiguità, che
porterà al Capitano del Wozzeck o, mutatis
mutandis, al personaggio di Quint del
Giro di vite e perfino (con un ulteriore
salto logico-cronologico) al King Herod
di Jesus Christ Superstar.
Che l’elemento comico-grottesco, presente
anche nella voce di Fafner-diventatodrago
(«Ich lieg’ und besitz’. Lasst mich
schlafen / Io giaccio e posseggo, Lasciatemi
dormire»), sia così importante nell’opera
che dovrebbe celebrare il mito dell’eroe
la dice lunga sulla precarietà e fragilità
di quel ragazzo della foresta destinato
al fallimento. Certo l’opera finisce
con Siegfried che brandisce la spada Notung
e canta la sua suprema visione all’unisono
con Brünnhilde nel contesto di un
enfatico e palingenetico do maggiore, ma
poi la storia continua e sappiamo quanto
sarà effimero quel momento di speranza.
Nel Crepuscolo degli dei, l’eroe non è
protetto dagli uccellini della foresta: il nipote
di Mime, Hagen, prima di ucciderlo,
lo manipolerà come un burattino. Da qui
la difficoltà a seguire le interpretazioni
che prendono troppo sul serio l’eroismo
di Siegfried, emblema dell’«uomo dell’avvenire
», tanto sul versante delle mitizzazioni
che porteranno alla vulgata nazista
quanto su quello delle letture “libertarie”
di tale figura – alla maniera di George
Bernard Shaw, per intenderci. In questo
quadro, non si sottolineerà mai abbastanza
l’importanza dei due grandi saggi di
Thomas Mann suWagner (quelli del 1933
e 1937) che, anche per smontare dalla base
la strumentalizzazione propagandistica
hitleriana, non solo evitano ogni forma di
esaltazione dell’eroe ma spostano l’atten-
zione sulla componente psicologica che in
Wagner sarebbe inscindibile da quella
mitica. Ne vien fuori un Siegfried riletto
in chiave “psicoanalitica” che resta secondo
me ancora utilissima: «quando Mime
cerca di spiegare al discepolo la paura,
mentre in orchestra echeggia oscuramente
deformato il motivo di Brünnhilde addormentata
fra le fiamme, abbiamo
Freud: psicanalisi, null’altro che psicanalisi.
E dobbiamo pure rammentare che anche
in Freud […] l’interesse per il mitico
[…] va strettamente connesso con l’interesse
psicologico».
Si diceva della specificità del Siegfried all’interno
della “tetralogia”. Bisognerà ora
tener maggiormente presente ciò che lega
quest’opera all’intero ciclo. D’altronde
basta a tal proposito ascoltare con un po’
d’attenzione il primo preludio: esso attacca
su un rullo di timpano in pianissimo
con un brandello leitmotivico affidato ai
fagotti e costituito da una settima discendente.
Ben presto ci rendiamo conto che
tutto il materiale tematico variamente ricombinato
deriva dal tema dell’anello e
dalla musica di Nibelheim che avevamo
già ascoltato nell’Oro del Reno. Il tutto
culmina nell’ossessivo ritmo nibelungico
(un ritmo da officina moderna, come lo
avevamo definito a suo tempo) che si incarna
scenicamente nell’incudine su cui
lavora, ormai solo e abbastanza malridotto,
lo gnomo Mime.Anche se ci troviamo
in un contesto naturale, è chiaro che la foresta
in cui si nascondono Mime e Siegfried
non è uno spazio di idealizzazione
utopica (nonostante il tranquillo ‘mormorio’
del secondo atto).Tutt’altro. La maledizione
dell’anello regna pure lì. È almeno
dalla famosa realizzazione scenica diretta
da Patrice Chéreau (Bayreuth,
1976) che lo abbiamo capito: sotto le allegorie
fiabesche si cela – nel Ring – un sottotesto
politico. La foresta continua a
contenere Nibelheim, così come il drago
non è altro che la mostruosa metamorfosi
di Fafner. L’equilibrio naturale è rotto
per sempre. Lo si evince durante il terribile
dialogo (prima scena del terzo atto)
tra Erda, la madre-terra, eWotan, il Viandante.
Quest’ultimo insiste a interrogare
la dea sul destino, ma Erda non può che
ammettere il suo smarrimento – quello
del sapere arcaico di fronte al tumulto
caotico e insensato del mondo moderno.