Si sente troppo spesso dire che Pirandello è un drammaturgo superato, che i suoi testi sono datati. La verità è che il gioco che corre sul filo della finzione, dell’inganno e della doppia identità è una costante del comportamento umano. Fermiamoci un istante ad indagare il fenomeno. In ogni momento della giornata tutti noi indossiamo una maschera, quella che più si adatta in quel momento. Ed è così frequente l’esercizio del mettere e togliere che alla fine non sappiamo più quale é la maschera e quale il volto. Qual è dunque la verità? La Verità non esiste. Per Pirandello l’uomo diventa una persona solo sotto lo sguardo degli altri, assumendo tanti ruoli e tante maschere, quante sono le persone che lo vedono.
“Così è…(se vi pare)” è la storia di un gruppo di borghesi, ipocriti perbenisti, che discutono morbosamente, ciascuno convinto della “propria” verità, sullo strano ménage di un marito, una fantomatica moglie ed una suocera giunti da poco in paese. Gli inquisitori vogliono accertare, addirittura interrogare i responsabili, il tutto sotto gli occhi divertiti di Laudisi che, pur non avendo nessuna vera parte nell’azione, guarda e giudica gli avvenimenti, come mediatore fra la scena e il pubblico.
La commedia ha il ritmo di una seduta in tribunale, dove si alternano a discolparsi e a dare la loro versione dei fatti la suocera e il genero. Il signor Ponza afferma con convinzione che la prima figlia della signora è deceduta e che ora lei– impazzita per il dolore – crede che la sua seconda moglie sia sempre la propria figlia guarita da una grave malattia. La suocera, invece, dichiara che il signor Ponza è posseduto da un sentimento ossessivo per la moglie che gli impedisce di farla uscire di casa e di far incontrare madre e figlia. Poiché non c’è maniera di confutare nessuna delle due affermazioni, la gente, smaniosa di dover a tutti costi attribuire una maschera e un ruolo ben definito ai componenti di questa famiglia, non può fare altro che interrogare la Signora Ponza. Ma la donna afferma di essere, nei confronti del marito, la sua seconda moglie e nei confronti della madre, l’adorata figlia. «Io sono colei che mi si crede» dice, confermando quanto sia vano voler dipanare il groviglio e la molteplicità delle verità esistenti.
Personaggio chiave della commedia è Laudisi (lo stesso Pirandello?) che, con ironia e cinismo, si diverte nel vedere gli uomini cercare di comprendere le regole di un gioco che non esiste perché la verità è polivalente.
Eccezionale Giuliana Lojodice nella parte di una madre ferita, ma non remissiva. La sua signora Frola è una donna a volte smarrita, a volte tragica, a volte dolce con sorrisi dolorosamente tristi e misteriosi. Ottimo Luciano Virgilio (Laudisi)nell’interpretare, con grande padronanza scenica, il relativismo pirandelliano. Bravo Pino Micol enigmatico e dolente signor Ponza. Alessio Di Clemente è un convincente Consigliere. Complessivamente buona la prova di tutti gli altri attori. Originali nella loro semplicità e funzionalità le scene di Carmelo Giammello, i costumi di Sabrina Chiocchio, le musiche di Davide Cavuti e Luca D’Alberto. Merito del regista Michele Placido se il meccanismo teatrale ha funzionato bene.