Spettacolo vincitore del Premio Sipario 2012/Associazione Nazionale Critici di Teatro
Questa versione del “Ventaglio” di Carlo Goldoni è l’epifania delle maschere con una recitazione, posture, ritmi, gestualità secondo gli stilemi della commedia dell’arte. Vediamo ora cosa ne pensava in materia Goldoni. “Basta, diceva il Maestro, alle improvvisate e volgari commedie dell’arte. La “commedia nuova” prevede la scrittura dei testi, l’impegno degli attori a studiar la parte, la naturalezza di una recitazione senza sbavature e narcisismi”. Goldoni non condanna in toto le “maschere”, ma vuole salvare “quanto di decente, di presentabile, di riconoscibile, di umano si possa immetter negli sgangherati grovigli tra cui le maschere vanno farneticando”.
Si potrebbe pensare dunque che Goldoni si sarebbe rivoltato nella tomba l’altra sera guardando questa messa in scena del “Ventaglio” al Tieffe Teatro Menotti di Milano dalla giovane compagnia “Il Contato del Canavese. I giovani del Teatro Giacosa” di Ivrea.
Sono certo invece che il Maestro, dopo tante noiose messe in scena, abbia finalmente ritrovato, con questa fresca ventata di giovinezza, il sorriso. Forse avrebbe preferito una farsa meno nevrotica (nella prima parte), gli attori meno truccati e sgangherati ma, contrariamente al solito, vedendo gli spettatori svegli, attenti e allegri, si sarebbe unito negli applausi.
A supporto di quel che dico, voglio riportare un brano di una mia recensione scritta in occasione di un’importante e superpubblicizzata rappresentazione del Ventaglio.
“Cosa dire di uno spettacolo quando la partecipazione è a scarsa intensità, l’emozione viaggia in superficie, il divertimento è molto misurato e la noia affiora evidente?Occorreva un approccio più colorito, meno asettico, più semplice e ingenuo, meno soggetto ai soliti meccanismi di sicuro effetto (tuoni, piattaforme che si alzano, tavoli che come un domino si ribaltano e ricchi scenari si stracciano) che più si addicono ai drammi di Strindberg che alle baruffe del Goldoni. Anche il Maestro però merita un benevolo appunto. E’ vero che in quest’opera tratteggia con finezza la psicologia dei vari personaggi ma è venuto a mancare quell’aspetto comico o boulevardier che svaria dalla commedia dell’arte al vaudeville”.
In sé, l’idea del ventaglio che cadendo dal balcone di donna Candida passa febbrilmente di mano in mano creando equivoci, gelosie, litigi, pettegolezzi, desideri è sicuramente originale e interessante. E ne è coinvolta un’umanità composita fatta di nobili, speziali, osti, servi e artigiani. Ma la moltiplicazione delle trame che si intrecciano, si ingarbugliano e alla fine si riallacciano e i ripetuti intrighi appesantiscono la rappresentazione. Si sente per di più la mancanza del coloratissimo vernacolo, pardon lingua, veneziana.
Molti si sono spesi ad attribuire di significati il ventaglio. Emblema del potere, simbolo di erotismo, indice di smascheramento, incentivo al pettegolezzo. Forse l’oggetto riveste tutti questi significati, anche se credo che Goldoni l’abbia considerato solo un ventaglio.
Se questa sera dunque non ci siamo annoiati, ci siamo anzi divertiti, il merito va al regista Alberto Oliva, ai bravissimi giovani attori (Mino Manni, Raffaele Berardi, Stefano Cordella, Paolo Giangrasso, Desiree Giorgetti, Alessandro Lussiana, Federico Manfredi, Francesco Meola, Davide Palla, Valeria Perdonò, Federica Sandrini, Cinzia Spanò),alle ballate brechtiane diBruno Colli, alle scene di Francesca Pedrotti, ai buffi, ma funzionali costumi di Ilaria Parente, al gioco delle luci di Bruno Nepote e alle riprese video di Giuseppe Moreto.