Gli spettatori erano tutti d’accordo nel definire (col sorriso di chi era riuscito a mettere in sonno il duro vivere quotidiano) “Chiamatemi Groucho”, uno spettacolo intelligente, demenziale quanto basta, felice contaminazione di generi, musicalfollia.. Un consenso pieno, allegro, divertito. Il merito primo del successo va riconosciuto all’autore, il vulcanico Emilio Russo direttore artistico del teatro che ama stimolare, e spesso provocare con grande creatività, l’intelligenza degli spettatori.
Nella pièce viene esaltata l’agilità mentale di Groucho Marx con la quale, il baffone occhialuto, imbastisce incredibili giochi di parole rinunciando all’esito verbale del pensiero.
Lo “studio legale e investigativo Fratelli Marx” è la sede delle più demenziali indagini condotte da improbabili avvocati : un marito tradito in cerca di prove, un quadro rubato, gli ambasciatori di due nazioni da operetta che si dichiarano guerra. I casi verranno risolti in modo paradossale sconvolgendo ogni ordine logico.
Lo spettacolo è di una comicità aggressiva che esonda nell’assurdo farsesco esaltandosi nel gioco di parole, nella fisicità dei gesti e posture, nella straordinaria mimica facciale.
Interpreti eccezionali: Nicola Stravalaci (irresistibile Groucho), Gianni Quillico e Cinzia Spano che,cambiando d’abito con fregoliniana velocità, hanno dato voce e corpo a tre diversipersonaggie infine ildivertente, agilissimo Andrea Lapi. Tutti gli attori passano dalla recitazione al canto, dal trasformismo alla riflessione, dall’ironia al finto dramma in un contesto dove il linguaggio del corpovale quanto e più della parola. Merita uno specifico commento la bravissima Wicky Schaetzinger che ha curato la parte musicale, suonato il pianoforte con straordinario virtuosismo, interagito con gli attori con divertita ironia vestendo i panni del fratello Harp.
Bellissimi i siparietti che all’improvviso (a prescindere dalla vicenda in corso) si aprono sul proscenio dove tutti i quattro interpreti diretti dall’ineffabile Wicky si esibiscono in un divertentissimo coro di straordinaria bravura.
Il regista Marco Balbi ha impresso all’azione scenica un ritmo sostenuto, un “montaggio” veloce, accompagnato quasi sempre dalla musica. Per concludere, una vera esplosione di comicità demenziale con irresistibili gags verbali e gestuali.