Franco Oppini, Corinne Clery e Domenico Pantano portano in scena il Tartufo ovvero l’impostore di Molière, diretto da Giovanni Anfuso in scena al Teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma (fino al 21 dicembre). Ennesimo allestimento di classico, una delle più note commedie di Molière, il nuovo Tartufo di Anfusi è chiaramente una messinscena moderna e destinata a tutti che mette in scena il rapporto sbilanciato e insano fra servo e padrone collocandosi in una sorta di atemporalità, sottolineata dalle scene di Alessandro Chiti (una lunga scalinata su cui si avvicendano porte diverse, quasi claustrofobica, ma illuminata dai colori tenui). L’intento del regista (anche nella scelta del cast) è chiaro: proporre il tragico in veste di comico, giocando soprattutto sulla varietà dei personaggi, a cominciare dall’entrata plateale in scena di Tartuffe. Da una parte c’è la coppia di innamorati litigiosi, il figlio avventato, dall’altra la suocera ottusa e l’intellettuale illuminista, la serva scaltra e concreta che offrono non poche possibilità alla regia di trasformare le scene in sketch quasi irriverenti, sfruttando secondo un chiaro registro comico e leggero tutte le opportunità del testo. Su tutti spicca, il rapporto fra il ricco padrone, il vecchio e tirannico (e un po’ rimbambito) Orgon (Franco Oppini, moderato nell’approccio, ma non troppo) e il servo infido Tartuffe che cerca in ogni modo di fare il salto di qualità nella società. È proprio Tartuffe, l’impostore, l’attore simbolo dell’ipocrisia e del falso zelo religioso che tenta di ingannare tutti avvolto in un elegante completo cangiante, a essere contraddistinto da un’apparente freddezza emotiva tratteggiata da Domenico Pantano e mantenuta quasi in ogni momento. A far vacillare Tartuffe, fino a farlo tradire svelando il suo vero io, solo la sensuale passione per Elmere (l’avvenente Corinne Clery), la seconda moglie di Orgon. E anche in questo caso il regista accentua e gioca con il registro comico, incastonando ad esempio le numerose parole francesi infarcite dalla Clery come una sorta d’inconciliabilità e incomprensione fra moglie e marito. Ma nel meccanismo della commedia sarà proprio grazie al buon senso di Elmere che Tartuffe sarà smascherato in una scena che ricorda i ritmi della pochade francese quasi in stile Feydeau. E nonostante ciò, quando tutto sembra perduto la risoluzione finale e l’ordine saranno assicurati dal regale deus ex machina, con tanto di efficace entrata in platea perché nella commedia il padrone, anche se totalmente incapace di esserlo, resta padrone e il servo, infido come Tartuffe, resta servo dato che in lui tutto in lui è completamente falso. Un Tartuffe in versione moderna e non pretenziosa con un buon ritmo apprezzata dal pubblico. In replica fino al 21 dicembre.