La “nouvelle vague” del giovane jazz italiano nel quintetto di Alessandro Paternesi.
Giovedì 31 gennaio la Casa del Jazz presenta Alessandro Paternesi P.O.V. Quintet, uno dei più innovativi e originali progetti della nuova scena del jazz italiano.
Dopo aver collaborato con i grandi maestri, da Enzo Pietropaoli a Danilo Rea, da Rita Marcotulli a Gabriele Mirabassi, da Amii Stewart a Paul McCandless, Alessandro Paternesi debutta con il suo primo disco da leader: ”Dedicato” edito per la Radar Records/Egea Distribution che sta riscuotendo ampi consensi di critica.
Batterista e compositore, Alessandro ha 29 anni ed è uno dei side man più ricercati del momento grazie all’inconfondibile musicalità che trasmette attraverso la sua batteria.
La formazione vedrà sul palco alcuni tra i musicisti più talentuosi del panorama nazionale: accanto alla batteria di Alessandro, il giovanissimo astro nascente del pianoforte Enrico Zanisi, la chitarra dalle innumerevoli sfumature timbriche di Francesco Diodati, Gabriele Evangelista, già contrabbassista di Enrico Rava e il suono inconfondibile di Simone La Maida ai sassofoni.
Un gruppo di eccezione, confermato dalla nuova classifica del Miglior Nuovo Talento Top Jazz 2012 promossa da Musica Jazz, che vede Zanisi, Diodati e Paternesi rispettivamente al primo, secondo e terzo posto.
P.O.V. sta per Point of View, sigla con cui Alessandro esprime la propria visione nei riguardi della musica. I suoi brani uniscono lo stile compositivo classico e il jazz, con un approccio ritmico moderno, melodico e improvvisato.
Il concerto accompagna il pubblico attraverso le diverse sonorità dei 5 strumenti; momenti melodici di impronta classica e ritmi moderni dal sapore rock, effetti “luce-ombra” che sottolineano i momenti di unione e libertà improvvisativa dei musicisti.
Il titolo del disco prende il nome dalla genesi dei brani: ognuno è “Dedicato” a chi ha segnato il percorso musicale e non solo di Paternesi: persone care, viaggi e musicisti.
Si va dalle articolate poliritmie di Bass vs Melody, dedicato al pianista Kenny Werner alla “cameristica” Song For India, alla rivisitazione in chiave moderna della tecnica compositiva dei corali in Corale.
“Ad un certo punto della mia vita ho sentito l’esigenza di scrivere musica perchè mi sembrava l’unico modo di fermare delle istantanee, dei momenti ed il modo più facile di esprimere i miei sentimenti più intimi. Questo accadeva e accade tutt’ora quando, nel vivere questa meravigliosa vita, gli eventi mi portano a rapportarmi con tutto ciò che mi accade intorno di bello e brutto con tutte le riflessioni che questo comporta; la bellezza della nascita, il dolore della morte, la gioia per una donna, la sofferenza per la stessa, la magia di immaginare come persona a te vicina un compositore scomparso da centocinquanta anni, i luoghi fittizi in cui ti porta l’ascolto smodato di un disco o di un’opera o di una sinfonia, la bellezza e la difficoltà nel tentare di emulare i tuoi “maestri” d’arte, la passione e la fatica con la quale dedicarsi alla musica libera, la ricerca e le riflessioni, che sai non finiranno mai, sul come riuscire ad esprimere te stesso attraverso il tuo strumento e la tua musica, il come far capire il tuo messaggio al meglio. Ecco, questo in sintesi è ciò che vorrei trasmettere con questo lavoro, il mio piccolo ma personale punto di vista nel vedere la musica e le esperienze che mi hanno formato. Il titolo del disco “Dedicato” mi sembra sia spiegato molto chiaramente da tutti i riferimenti a cui tende il mio pensiero musicale ed il mio trascorso di vita.
L’approccio formale di tutti i brani non è il classico tema-assolo-tema ma concettualmente mi piace pensare ad ogni brano come in continua evoluzione sviluppando le parti tematiche orizzontalmente tipico della scrittura classica e del continuo divenire degli accadimenti.
I musicisti che mi accompagnano in questa avventura sono molto giovani per questo molto entusiasti della musica e pronti ad affrontare nuovi stimoli con grande preparazione ed una grande concentrazione. Ho scelto questi ragazzi per questo progetto perché avendo suonato con loro in varie formazioni ho pensato che unendo tutte le loro personalità sarebbe uscita una musica interessante e creativa. Così è stato. La cosa che stupisce è il continuo controllo dell’ego. Questo non è un argomento così scontato soprattutto in un momento storico così difficile dove l’unico modo per emergere e per farsi notare è puntare molto sull’Io e sulla competizione. La maturità e la dedizione che hanno regalato i miei amici e colleghi ad ogni istante di questo disco ha fatto si che la musica risultasse meglio di come concepita. Non smetterò mai di ringraziarli.” (Alessandro Paternesi)
Biografia
Nato a Fabiano nel 1983, figlio di un batterista, Alessandro Paternesi si diploma nel 2007 a Perugia in Strumenti a Percussione al Conservatorio “Morlacchi” e inizia il suo percorso jazzistico con i maestri Massimo Manzi, Marc Miralta, Roberto Gatto, Jimmy Cobb, Jaff “Tain” Wats, Ramberto Ciammarughi, Lele Veronesi, Ettore Fioravanti, Ron Savage.
Nel 2010 si trasferisce a Roma dove si laurea in Jazz al Conservatorio di Santa Cecilia, dove oggi insegna batteria jazz ai corsi pre-accademici.
Oltre al P.O.V. Quintet Paternesi è attivissimo come side man: nel Quartetto di Enzo Pietropaoli, nel nuovo progetto di Cristina Zavalloni e in varie formazioni con grandi jazzisti come Rita Marcotulli, Luciano Biondini, Gabriele Mirabassi, Dario Deidda, Julian Oliver Mazzariello e molti altri.
Segui Alessandro Paternesi su: www.alessandropaternesi.com
Casa del Jazz
Viale di Porta Ardeatina, 55 – Roma
Info: 06/704731
Ingresso 8 euro