uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Lucia Mascino, Marina Rocco, Luca Pignagnoli, Elena Lietti
Luci Marcello Jazzetti
regia Filippo Timi e Stefania De Santis
produzione Teatro Franco Parenti
Filippo Timi, artista fra i più innovativi e apprezzati di cinema e palcoscenico, presenta la nuova edizione dello spettacolo AMLETO², in cui ogni gesto o parola si trasforma in gioco e voce personale, provocazione intelligente, “helzapoppin” ad alta gradazione di divertimento. Un Amleto spiazzante, comico, furibondo, folle e colorato. Di fronte alla tragedia hai due possibilità: soccombere o esplodere nel massimo della vitalità. Filippo Timi ha scelto la seconda trasformando la tragedia in commedia e persino in un film in 3D presentato fuori concorso all’ultimo Torino Film Festival.
“E’ impossibile scappare da se stessi, dalla propria follia, del proprio destino – afferma Filippo Timi – La gabbia che c’impedisce di essere felici, ce la portiamo dentro, ci sostiene e ci imprigiona.
Amleto racconta la sua follia e la follia altrui, esce dal personaggio, ride del potere, degli intrighi, della morte, denuncia le trappole del padre buono, della madre ‘puttana’, dello zio maiale e di un’Ofelia incastrata negli ingranaggi di una recita che non vuole smettere di recitare.
Di fronte alla realtà, di fronte a certi irrimediabili eventi, la morte, la perdita di un amore… il cuore e il cervello impazziscono, hanno bisogno di trovare fughe e nuove logiche per non soffrire così tanto. Ridere, è la risposta della coscienza alla tragedia? Ridere il pianto. Ridere la morte. Ridere l’abbandono. Ridere il tradimento. Ridere la follia. Ogni sentimento ha una bocca, e io voglio far ridere la bocca dei sentimenti!
Ogni vita è lo specchio della vita. Guardati, disse un giorno Amleto ad Ofelia, guardati in me… come fai a non ridere di te?”
Insomma, Una commedia. Tra potere, oblio, frivolezze e pazzia.
Insieme a Filippo Timi compongono AMLETO² Lucia Mascino, compagna di scena fin dagli spettacoli di Giorgio Barberio Corsetti per essere poi in Favola, Amleto² e Giuliett’ e Romeo, Luca Pignagnoli anche lui nella prima edizione di Amleto e Favola, Elena Lietti, al cinema ne IlRosso e il Blu di Giuseppe Piccioni, e Marina Rocco nota al grande pubblico per la serie Tutti pazzi per amore. Marina Rocco torna al teatro dopo un anno ricco di progetti, tra i quali un cameo nell’ultimo film di Woody Allen To Rome with love, le repliche di Se non ci sono altre domande, commedia brillante con Silvio Orlando per la regia di Paolo Virzì, in attesa dei prossimi debutti cinematografici: a fine marzo nel film Nina, opera prima di Elisa Fuksas e Breve storia di lunghi tradimenti bank thriller internazionale di Davide Marengo con Guido Caprino e Carolina Crescentini.
Una mostra dedicata al talento di Filippo Timi accompagna le repliche fiorentine dello spettacolo, Punto di vista infinito di Achille Le Pera, fotografo romano, racconta in otto scatti l’artista e i “magici incroci tra follia e commedia.Otto sensazioni viscerali che suscitano sentimenti contrastanti – sottolinea Le Pera – Otto sguardi dello stesso occhio su un camaleontico Filippo Timi.” Un piano sequenza che tocca il percorso teatrale di uno dei più travolgenti personaggi del cinema e del teatro nostrano. Si parte dai frame della magica e travolgente FAVOLA. C’era una volta una bambina, e dico c’era perché ora non c’è più per arrivare alla nuova, colorata e folle tragicommedia che il ‘principe’ Timi interpreta. Otto scatti del tempo che corre. Otto che, ruotato di 45° sta ad indicare la passione che Achille mette nei suoi ritratti e la forza che Filippo ha nel rappresentarli, infinita.
Giovedì 10 gennaio alle 18.15 Filippo Timi incontra il pubblico al Teatro della Pergola, coordina Riccardo Ventrella. Ingresso libero.
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AMLETO² L’INTERVISTA A FILIPPO TIMI.
A quali riferimenti letterari e drammaturgici attinge la messinscena di questo spettacolo?
In parte il mio riferimento è stato Laforgue che è lo stesso autore su cui si è basato Carmelo Bene per il suo Amleto. Sono partito da queste fonti per poi riscrivere il testo perché ho pensato che la nostra compagnia avesse il compito di mettere in scena il risultato di più di quattrocento anni di rappresentazioni diverse di Amleto: è un’opera che attraversa il tempo, quindi ho riguardato tutti gli spettacoli storici, da quello di Petrolini ai più classici, e ho provato a rifarli tutti.
Guardando Amleto2si ha l’impressione di trovarsi davanti ad una commedia più che ad una tragedia; l’ironia che accompagna lo spettacolo è stata una scelta registica?
Sì, esattamente. Shakespeare stesso definì Amleto una commedia tragica. Quando hai coscienza di te stesso, riesci anche a raggiungere una certa distanza dalle problematiche che ti riguardano e ciò ti permette di riderne. Già Aristotele parlava dell’essere umano come di un animale che ride ed è una descrizione geniale, che implica una presa di coscienza da parte dell’uomo.
Chi è Amleto per Filippo Timi?
E’ un uomo che si trova davanti ad un bivio, un uomo che ha il potere nelle sue mani. Chi detiene il potere può percorrere due strade: diventare un santo oppure un dittatore. Amleto non ha il cinismo per essere un dittatore e non ha neppure quel tipo di illuminazione necessaria per comportarsi come San Francesco: sta nel mezzo, vive nel centro di questi due orientamenti e per questo Amleto in fondo è tutti quanti noi, una figura che ci rispecchia, nel profondo. Inoltre Amleto è anche un uomo che ha aperto gli occhi e si accorge che tutto è rappresentazione. Quindi può definirsi un personaggio della crisi perché propone una crisi di identità, mettendo in scena quel vacillar di se stessi che è un concetto fondamentale per l’uomo moderno. Si diventa consapevoli di quello che davvero succede, in qualche parte dentro di noi, e le nostre segmentazioni interiori derivano da un pregresso aprirsi della coscienza ad una percezione multidimensionale. Partendo da Amleto arriveranno poi figure come quella di Don Giovanni, ci sarà un passaggio successivo in tal senso.
Da attore come si affronta l’interpretazione di un personaggio così complesso?
Interpretare Amleto significa interpretare il rapporto che l’attore ha con il personaggio che si è creato. In scena è come se fossi distaccato dal personaggio e lo guardassi dall’esterno, a volte accade addirittura il contrario: è il personaggio che guarda Filippo che recita! E’ una grande confusione dettata dallo scambio di punti di vista che sono simbolo dell’artista che mette in scena attorialmente la domanda-chiave di Amleto: essere o non essere?
In che modo Amleto entra in rapporto con gli altri personaggi?
Ofelia è costruita come un personaggio ancora incastrato in se stesso, che prende tutto sul serio, come capita ai giovani attori alle prime armi. Quando Amleto dice a Ofelia di andarsene in convento, in realtà prova a svegliarla dalla recita che lei sta interpretando perché non ha coscienza di sé, a differenza di Amleto. Gli altri recitano diversi ruoli – dai comici a quello della madre – e sono gli attori che Amleto chiama per mettere in scena se stesso e la propria storia. L’ultimo personaggio è quello dell’arte, Marilyn Monroe, che vuole morire come tutti gli altri ma è l’unica a rimanere in vita, resterà oltre la morte perché incarna il capolavoro, rappresenta il mito.
In questo spettacolo quanta importanza assume la presenza del pubblico in sala?
Il pubblico è dichiaratamente fondamentale per il teatro, altrimenti per chi lo fai lo spettacolo? Si deve tenere conto di chi ti sta guardando, però non mi sembra di fare nulla apposta per il pubblico, anzi coinvolgerlo per me significa essere così spudorati da portare la vita in scena. Chiunque è attratto da ciò che è vitale: una bella donna, un bell’uomo, una bella situazione… Che cosa è vitale? Essere se stessi, proporre la propria visione. I nostri ruoli, il mio e quello degli altri, non potrebbero essere interpretati da altri attori, anche perché essendo il drammaturgo dello spettacolo ho scritto dei monologhi proprio su misura, estremamente personali. Ho pensato a cose che gli sono successe, facendo in modo che anche per loro lo spettacolo sia una domanda tra “l’essere e il non essere”. Rendere la vita in scena è impossibile, deve accadere davvero, non puoi recitarla e infatti i bravi attori non recitano, anzi sono spudoratamente veri e autentici.
Alla fine il pubblico come esce dallo spettacolo, con quali domande e quali risposte?
Personalmente mi diverte sempre la domanda che mi fanno: quella scena era improvvisata o recitata, il testo è scritto proprio così o gli attori lo hanno cambiato, cioè ‘ci sono o ci fanno’? Questo è interessante, perché le domande sono tante e non ci sono risposte. Il teatro non deve dare risposte, piuttosto deve instillare dubbi, per provocare domande.
Intervista di Angela Consagra
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Orario spettacoli: dal martedì al sabato: ore 20.45, domenica: ore 15.45.
Prezzi biglietti interi: Platea: € 27 + € 3 (diritto di prevendita) € 30, Posto Palco: € 20+ € 2 (diritto di prevendita) € 22, Galleria: € 13,00 + € 2 (diritto di prevendita) € 15