Dramma lirico in quattro parti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di GIUSEPPE VERDI
(Edizione critica a cura di R. Parker; The University of Chicago Press e Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842
Nuova produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra; Lyric Opera of Chicago; Gran Teatre de Liceu, Barcellona
Direttore NICOLA LUISOTTI
Regia DANIELE ABBADO
Scene e costumi ALISON CHITTY
Luci ALESSANDRO CARLETTI
Movimenti coreografici SIMONA BUCCI
Video LUCA SCARZELLA
Collaboratore del regista BORIS STETKA
Personaggi e interpreti principali
Nabucco Leo Nucci / Ambrogio Maestri
Ismaele Aleksandrs Antonenko / Piero Pretti
Zaccaria Vitalij Kowaljow / Dmitry Beloselskiy
Abigaille Liudmyla Monastyrska / Lucrecia Garcia
Fenena Veronica Simeoni / Nino Surguladze
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Date:
venerdì 1 febbraio 2013 ore 20 ~ prima rappresentazione
domenica 3 febbraio 2013 ore 20 ~ turno M
martedì 5 febbraio 2013 ore 20 ~ turno B
giovedì 7 febbraio 2013 ore 20 ~ turno O
sabato 9 febbraio 2013 ore 20 ~ turno E
mercoledì 13 febbraio 2013 ore 20 ~ turno D
venerdì 15 febbraio 2013 ore 20 ~ La Scala UNDER30
domenica 17 febbraio 2013 ore 15 ~ turno A
mercoledì 20 febbraio 2013 ore 20 ~ turno C
Prezzi: da 210 a 13 euro
Info tel: 02 72 00 37 44
Venerdì 1 febbraio l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI RADIO TRE
NICOLA LUISOTTI
Direttore Musicale dell’Opera di San Francisco e, dal 2012, del Teatro di San Carlo di Napoli, nello scorso decennio si è esibito sul podio di teatri lirici e di complessi orchestrali tra i più importanti del mondo, quali i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra Sinfonica di San Francisco, l’Orchestra di Cleveland, il Metropolitan di New York, la Royal Opera House di Londra, l’Opéra de Paris, la Wiener Staatsoper, il Teatro Real di Madrid e tutti i maggiori teatri lirici tedeschi.
In Italia ha lavorato al Teatro alla Scala, al Teatro La Fenice di Venezia, al Teatro Comunale di Bologna e al Teatro Carlo Felice di Genova, oltre a dirigere la Filarmonica della Scala, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI di Torino.
Durante la stagione 2012-13, in veste di Direttore Musicale dell’Opera di San Francisco, dirigerà Rigoletto di Verdi, Tosca di Puccini, Così fan tutte di Mozart e debutterà nel Lohengrin di Wagner. Dopo le rappresentazioni di Nabucco in programma a Milano, dirigerà l’opera verdiana anche al Covent Garden di Londra (coproduzione). A seguito del successo ottenuto con I masnadieri di Verdi subito dopo la sua nomina a Direttore Musicale del Teatro San Carlo di Napoli, tornerà sul podio partenopeo alla fine del prossimo febbraio per la Messa da Requiem di Verdi.
Attivo anche come interprete del repertorio sinfonico, dirigerà prossimamente prestigiosi complessi: l’Orchestre National de Paris, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma e l’Orchestra dell’Opera di San Francisco, con programmi incentrati su grandi capolavori quali la Sinfonia n. 3 di Prokof’ev, la Sinfonia n. 4 di Čajkovskij, la Sinfonia n. 2 di Beethoven e la Sinfonia n. 3 di Brahms.
Al Teatro alla Scala ha diretto nel giugno 2011 un nuovo allestimento di Attila di Verdi, firmato da Gabriele Lavia (successivamente riproposto all’Opera di San Francisco), e Tosca di Puccini nell’aprile 2012. Nel biennio 1989-90 Nicola Luisotti ha lavorato alla Scala come maestro collaboratore, al fianco di Riccardo Muti e di Lorin Maazel, debuttando sul podio nel 2002 con Oberto, Conte di San Bonifacio di Verdi. Nel 2011 ha anche diretto la Filarmonica della Scala nella stagione Sinfonica del Teatro.
Fra i suoi impegni più significativi va ricordata la Fanciulla del West di Puccini allestita al Met, oltre che all’Opera di San Francisco, in occasione del centenario della prima mondiale del capolavoro pucciniano commissionato dal teatro newyorkese nel 1910. In quella occasione gli è stato conferito il prestigioso Premio Puccini della Fondazione Festival Pucciniano.
All’Opera di San Francisco, dopo il debutto con La forza del destino di Verdi nel 2005, ha diretto La bohème, La fanciulla del West, Madama Butterfly e Turandot di Puccini; Il trovatore, Otello, Aida e Attila di Verdi; Salome di Richard Strauss; Le nozze di Figaro e Don Giovanni di Mozart; Carmen di Bizet. In Nord America ha lavorato anche all’Opera di Seattle, all’Opera di Los Angeles e alla Canadian Opera Company di Toronto. Ha inoltre diretto opere e concerti sinfonici alla Suntory Hall di Tokyo, dove ha rivestito l’incarico di Direttore Ospite Principale della Tokyo Symphony Orchestra dall’aprile 2009 fino al 2012.
Il repertorio sinfonico lo ha visto impegnato con l’Alte Oper di Francoforte, l’Atlanta Symphony Orchestra, la Bayerisches Rundfunkorchester, l’Orchestra Sinfonica della Radio di Budapest, la Filarmonica di Amburgo, la Hessischer Rundfunk Sinfonieorchester, la London Philharmonia, la NHK Symphony Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, l’Orquesta Nacional de España, l’Orchestra di Philadelphia, l’Orchestra Nazionale Russa, la Staatskapelle di Dresda, la Tokyo Symphony Orchestra e la Filarmonica di Zagabria. Inoltre ha diretto una serie di concerti a Pechino in occasione dei Giochi Olimpici del 2008.
La produzione discografica di Luisotti comprende Stiffelio di Verdi e il cd Duets con Anna Netrebko e Rolando Villazón, oltre alle incisioni su dvd della Bohème e della Fanciulla del West rappresentata al Met di New York in occasione del centenario della prima dell’opera pucciniana.
DANIELE ABBADO
Diplomato alla Scuola del Piccolo Teatro e laureato in Filosofia all’Università di Pavia, è attivo dal 1988 come regista di teatro, lirica, video nei principali teatri italiani e internazionali.
Tra le sue prime realizzazioni Aleksandr Nevskij Video (Konzerthaus Wien, RomaEuropa, Teatro Massimo Palermo), Golem con Moni Ovadia (Roma, Milano, Parigi, La MaMa New York).
Tra le sue regie liriche più recenti: Don Carlo (Wiener Staatsoper), Rigoletto (Fenice di Venezia), Madama Butterfly (Bari, Venezia, Pechino, Seoul), Oberon (Théâtre du Capitole di Tolosa), La traviata (Teatro Municipal São Paulo), Ermione e Elisabetta regina d’Inghilterra (Rossini Opera Festival), Die Zauberflöte (Reggio Emilia, Festival di Edimburgo), A Midsummer Night’s Dream (Bari e Reggio Emilia), Fidelio, Tannhäuser, Wozzeck e Così fan tutte (Accademia di Santa Cecilia, Roma), The Rape of Lucretia (Genova, Madrid), Tosca (Osaka) e diverse collaborazioni con autori contemporanei che includono Laborinthus II di Berio, Pollicino di Henze ed Experimentum Mundi di Battistelli (Festival di Salisburgo).
L’allestimento di Il prigioniero e Il volo di notte di Luigi Dallapiccola, prodotto dal Maggio Musicale Fiorentino, ha ottenuto il Premio Abbiati come migliore spettacolo realizzato in Italia nel 2004.
Nel 2012 Daniele Abbado ha ricevuto il Premio Oscar della Lirica come migliore regista.
Dal 2002 al 2012 è stato Direttore artistico della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia.
L’opera in breve – Emilio Sala
«Con questa opera si può dire veramente
che ebbe principio la mia carriera artistica.
» Così Verdi scrisse a Giulio Ricordi
nel 1879 in una ben nota lettera-autobiografia
che contribuì non poco al “mito”
del Nabucco (1842) come “prima” opera
del prossimo venturo “vate del Risorgimento”.
La scena-chiave è scolpita nell’immaginario
popolare e riguarda la genesi
dell’opera a partire dal pezzo che ne
diverrà il principale simbolo. La sappiamo
a memoria (anche per ragioni cinematografico-
televisive): l’impresario Bartolomeo
Merelli consegna a un Verdi frustrato
e disperato il libretto di Temistocle Solera
pregandolo e quasi obbligandolo a
prenderlo in considerazione. «Mi rincasai
e con un gesto quasi violento, gettai il manoscritto
sul tavolo, fermandomisi ritto in
piedi davanti. Il fascicolo cadendo sul tavolo
stesso si era aperto: senza sapere come,
i miei occhi fissano la pagina che stava
a me innanzi, e mi si affaccia questo
verso: “Va, pensiero, sull’ali dorate”.» Il
resto va da sé.Quel coro sarebbe diventato
una sorta di idolum, di monumento nazionale
e non è un caso che venne intonato
dalla folla commossa al funerale del
Maestro nel 1901. Eppure, se leggiamo il
libro di Roger Parker («L’arpa d’or dei
fatidici vati». The Verdian patriotic chorus
in the 1840s, Parma, Istituto nazionale di
studi verdiani, 1997), ci accorgiamo che lo
straordinario investimento simbolico di
quel brano (e di tutta l’opera) è una “costruzione”
storicamente assai significativa,
sì, ma abbastanza tardiva – una “mitizzazione”
sulla quale converrebbe tornare
(oggi) abdicando agli schemi di lettura
tràditi e per molti versi perenti. D’altronde
non si dovrebbe mai dimenticare il caveat
di Pierluigi Petrobelli che già nel
1971 sottolineava come «il modo in cui
Verdi stesso volle che si considerassero la
sua persona e la sua opera» ha fin troppo
«determinato l’indirizzo ed il tipo di ricerca
sulla sua produzione e sulla sua figura
umana». Andare oltre l’«immagine stereotipata
» (cito sempre Petrobelli) che il
compositore «volle che i posteri avessero
di lui» è quello che sta cercando di fare la
musicologia internazionale degli ultimi
decenni e che non sempre (mi sia permesso
di dire) corrisponde a ciò che avviene,
in sede esecutiva e rappresentativa, nei
nostri teatri.
In primis, va messo in evidenza un fatto
che ha molte conseguenze sul piano interpretativo
e ricettivo: il coro “Va pensiero”
non è un “numero” a sé,ma fa parte di un
pezzo che comprende anche la successiva
profezia di Zaccaria e che Verdi intitolò
(appunto) nella partitura autografa “Coro
e Profezia”, unendo esplicitamente i due
momenti. Parker ha mostrato molto bene
come queste due sezioni siano strettamente
interrelate sia a livello letterario
sia a livello musicale. Si potrebbe aggiungere
un confronto con la famosa Preghiera
del Mosè di Rossini, opera con la quale
il Nabucco intrattiene un rapporto piuttosto
evidente. Non solo le sestine iniziali di
note ribattute e la presenza dell’arpa, anche
a livello situazionale ci troviamo di
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fronte a una collettività sbandata e passiva
che un’individualità energica e profetica
riporta sulla “retta via”. La consuetudine
a pensare il coro “Va pensiero” come
un brano autonomo (da bissare ritualmente)
è diventata un tutt’uno con l’idea
(perlomeno problematica) che esso esprima
il sentimento degli italiani dell’epoca
– il loro “grido di dolore” per la “perdita”
della patria, allora sotto il giogo della dominazione
straniera. In realtà, il “Va pensiero”,
più che al sentimento “rivoluzionario”
degli italiani del ’48, sembra meglio
adattarsi alla delusione piena di nostalgia
che si diffuse alla fine del secolo
nell’Italia post-unitaria… Oggi, nell’epoca
delle “edizioni critiche”, riproporre il
Nabucco significa anche (re)integrare il
“Va pensiero” nel contesto formale e
espressivo dell’opera di cui fa parte, significa
assegnargli una funzione drammaturgica
più che simbolica o politica. E tale
funzione drammaturgica è, come abbiamo
visto più sopra, assai ambivalente, essendo
i lamenti nostalgici del coro duramente
stigmatizzati dal profeta Zaccaria
(«Oh, chi piange?… di femmine imbelli /
chi solleva lamenti all’Eterno?»). In questa
prospettiva si capisce meglio anche il
modo in cui la melodia del “Va pensiero”
è anticipata strumentalmente nella Sinfonia.
Essa, del tutto priva di respiro corale
e innodico, è eseguita con un atteggiamento
quasi esitante dagli strumenti a fiato
e risulta incastonata nell’Allegro aggressivo
e violento il cui tema scopriremo
essere quello del coro di riprovazione («Il
maledetto non ha fratelli»). Se abbandonassimo
la retorica dell’“italianità” di
Verdi e ci concentrassimo sulla drammaturgia
musicale delle sue opere, ci accorgeremmo
che il compositore di cui crediamo
di sapere tutto è ancora – invece – tutto
da (ri)scoprire.