Opera romantica in tre atti di Richard Wagner da Heinrich Heine
Libretto e musica di RICHARD WAGNER
Prima rappresentazione: Dresda, Hoftheater, 2 gennaio 1843
Nuova produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Opernhaus, Zurigo; Den Norske Opera & Ballett, Oslo
Direttore HARTMUT HAENCHEN
Regia ANDREAS HOMOKI
Scene e costumi WOLFGANG GUSSMANN
Luci FRANCK EVIN
Personaggi e interpreti principali
Daland, navigatore norvegese Ain Anger
Senta, sua figlia Anja Kampe
Erik, un cacciatore Klaus Florian Vogt / Michael König
Mary, nutrice di Senta Rosalind Plowright
Il timoniere di Daland Dominik Wortig
L’Olandese Bryn Terfel
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Date:
giovedì 28 febbraio 2013 ore 20 ~ prima rappresentazione
domenica 3 marzo 2013 ore 20 ~ turno D
mercoledì 6 marzo 2013 ore 20 ~ turno A
sabato 9 marzo 2013 ore 20 ~ turno C
martedì 12 marzo 2013 ore 20 ~ turno B
venerdì 15 marzo 2013 ore 20 ~ turno E
Prezzi: da 210 a 13 euro
Infotel 02 72 00 37 44
Giovedì 28 febbraio l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI RADIO TRE
HARTMUT HAENCHEN
Nato a Dresda nel 1943 e cresciuto nella ex DDR, ha consolidato le sue esperienze musicali non soltanto con le orchestre della Germania dell’Est ma, malgrado le severe restrizioni del regime, anche con celebri orchestre occidentali, compresi i Berliner Philharmoniker e l’orchestra del Concertgebouw.
Dal suo paese natale Hartmut Haenchen si trasferisce nel 1986 in Olanda, dove diventa direttore musicale della Netherlands Philharmonic Orchestra e della Netherlands Opera.Nei tredici anni di questo incarico dirige una grande quantità di partiture di Strauss, Mozart, Wagner, Verdi, Puccini, Čajkovskij, Gluck, Haendel, Berg, Reimann, Šostakovič e Musorgskji; grande successo ottiene un Ring per la regia di Pierre Audi (disponibile anche su cd e dvd), che verrà ripreso nel 2012/14 per celebrare il bicentenario di Wagner.Altre produzioni, sempre ad Amsterdam, includono Die Soldaten, Tannhäuser, Capriccio e una nuova produzione di Fliegender Holländer, uscita recentemente in dvd con ottime critiche.
Hartmut Haenchen, particolarmente noto e apprezzato per le sue interpretazioni di Richard Strauss, Richard Wagner e Gustav Mahler, collabora con orchestre di tutto il mondo: Stockholm Philharmonic, Oslo Philharmonic, Montreal Symphony Orchestra, Japan Philharmonic, KioiSinfonietta, Tonhalle di Zurigo, Gewandhaus Orchester Leipzig, Sächsische Staatskapelle Dresden, WDR Köln, Orchestre Philharmonique de Radio France, Orchestre National de France e Orchestre de Paris.
Progetti recenti includono un ciclo Mahler con l’Orchestre du Théâtre Royal de la Monnaie, un ciclo Strauss con la Royal Stockholm Philharmonic; seguiranno impegni alla DallasSymphony Orchestra, all’Orchestre NationalduCapitolede Toulousee allaYomiuriNipponSymphony Orchestra.
Numerose e importanti le sue presenze nei maggiori teatri d’opera: a Parigi, Opéra National per Salome (2006), Capriccio (2007), una nuova produzione di Parsifal (2008), Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk (2009) che gli è valsa il Grand Prix de la Critique e Wozzeck per l’inaugurazione della stagione 2009/10 – a Londra, Covent Garden per Salome (2010) – a Tokyo per Wozzeck – a Toulouse per Elektra e Tannhäuser (2012) – a Bruxelles, La Monnaie per una nuova produzione di Parsifal, cui è andato un altro Prix de l’Europe 2010 – alla Royal Opera di Copenhagen per Parsifal – al Teatro Real di Madrid per le nuove produzioni di Boris Godunov e Lohengrin.
In Italia ha diretto concerti a Genova, Bologna, Napoli, Ravello, Palermo; all’Accademia di Santa Cecilia ha diretto lo scorso ottobre con grande successo Die Schöpfung; in giugno tornerà sul podio del San Carlo di Napoli.
Harmut Haenchen ha una vasta discografia (oltre 120 registrazioni con diverse orchestre) che include Der Ring des Nibelungen e Der fliegende Holländer.
Recentemente è stato attribuito il Diapason d’oro alla sua incisione della VI Sinfonia di Mahler.
Oltre all’attività direttoriale, è autore di vari testi musicali, tra cui fondamentali contributi saggistici su Wagner e Mahler.
Nell’ottobre 2008 gli è stata conferita la Croce Federale al Merito della Repubblica tedesca, in riconoscimento del suo eccezionale contributo alla musica e alle arti.
L’opera in breve
Claudio Toscani
La leggenda dell’Olandese volante è ben
radicata nella tradizione nordica, che la
tramanda in numerose varianti. La figura
del misterioso personaggio condannato a
vagare in eterno per i mari, in preda alla
nostalgia del riposo eterno dopo le tempeste
della vita, è presente nelle leggende
popolari germaniche ma corrisponde, in
generale, a un mito universale, che si incarna
tra l’altro nel Wanderer romantico,
vittima della Sehnsucht e del desiderio
inappagato della morte. In questa figura
convergono dunque miti e leggende ampiamente
diffusi nell’Europa del Nord.
Wagner ebbe l’idea di ricavarne un soggetto
drammatico leggendo un racconto
di Heinrich Heine intitolato Aus den Memoiren
des Herrn von Schnabelewopski,
nel corso del quale il protagonista racconta
di aver assistito, in un teatro diAmsterdam,
a una pièce ispirata alla leggenda
dell’Olandese volante, dove compaiono
già quasi tutti i personaggi del futuro
libretto diWagner. Nel soggetto utilizzato
per l’opera confluì, a dire il vero, anche
qualche spunto autobiografico. Nel 1839
Wagner, in fuga dalla Prussia, si era imbarcato
a Riga con la moglie Minna, con
l’intenzione di raggiungere Londra. Nel
bel mezzo della traversata, al largo della
Danimarca, una violenta tempesta costrinse
la nave su cui i due viaggiavano a
cercare riparo tra le coste della Norvegia.
È, questa, esattamente la situazione che si
presenta all’inizio dell’Olandese volante.
Fu un’esperienza che impressionò vivamenteWagner,
il quale sostenne anche di
aver fissato in mente – e trasferito tali e
quali nell’opera – i canti dei marinai
ascoltati durante quella memorabile traversata.
Qualche tempo dopo, giunto a Parigi,Wagner
diede corso al suo progetto drammatico,
sottoponendo il piano del futuro
lavoro al direttore del Théâtre de l’Opéra,
Léon Pillet, che si dimostrò interessato.
Ma Pillet, con grande delusione diWagner,
decise di affidare la stesura del libretto
a un certo Paul Foucher e diede
l’incarico di stendere la partitura a un
oscuro direttore d’orchestra, Louis-Philippe
Dietsch.Wagner, stretto dalle necessità
economiche, finì per accordarsi con
l’Opéra e cedette, dietro compenso, il suo
schizzo. L’opera messa in musica da
Dietsch andò poi in scena nel 1842, con il
titolo Le vaisseau fantôme (questo è il
motivo per cui a Der fliegende Holländer,
in Francia e talvolta in Italia, viene ancora
oggi attribuito il titolo dell’opera di
Dietsch).
Wagner, in ogni caso, non rinunciò al suo
progetto originario. Così preparò lui stesso
un libretto e compose, tra il 1840 e il
1841, la partitura dell’opera. Tuttavia i
suoi tentativi di farla allestire all’Opéra
non approdarono a nulla: L’Olandese volante
poté essere rappresentata solo un
paio d’anni dopo e non in Francia bensì
in Germania, il 2 gennaio 1843, quando
debuttò sulle scene del Teatro di corte di
Dresda. In seguitoWagner sottopose il lavoro
a una serie di revisioni, che si conclusero
con la versione definitiva del 1860,
oggi comunemente adottata.
Almeno in apparenza, L’Olandese volante
si mantiene nel solco della tradizione:
l’opera è divisa in “numeri” chiusi (le
arie, i duetti, i cori), all’italiana, e i personaggi
riflettono, nella loro vocalità, tipologie
consolidate (il tenore Erik, il “basso
comico” Daland). Non mancano neppure
i quadri d’insieme convenzionali, come il
coro delle filatrici e i canti dei marinai.
Ma per altri aspetti l’opera è innovativa:
lo è, ad esempio, per la vocalità dell’Olandese,
che si esprime in un declamato
libero e incanalato in forme aperte; lo è
ancor più per la ricerca di una continuità
drammatica e musicale. Wagner dissemina
per tutta la partitura alcuni motivi ricorrenti,
già presenti nell’Ouverture: il tema
dell’Olandese dalle caratteristiche
quinte vuote, il coro dei marinai norvegesi,
il tema della redenzione di Senta. Sono
temi di reminiscenza, che al loro apparire
richiamano il personaggio, l’atmosfera
emotiva o la situazione drammatica ai
quali sono associati, e vengono combinati
e fusi con grande varietà. Questa tecnica
è applicata, qui, a un livello ancora elementare
di elaborazione (ma nel Ring,
Wagner la renderà sistematica); tuttavia
essa è sufficiente a conferire all’azione
una unità profonda, e all’opera intera
coerenza e vigore. L’elemento drammatico
risulta, così, distribuito tanto nelle parti
vocali quanto in quelle strumentali:
l’orchestra prende parte all’azione e suggerisce
– grazie alla tecnica dei motivi di
reminiscenza – ciò che la parola o il gesto
non possono comunicare, e arricchisce la
forza espressiva delle passioni rivelandone
le motivazioni profonde e segrete.
La ricerca di una superiore unità, che vada
al di là della tradizionale divisione in
“numeri”, proviene da un’intenzione
esplicita. È Wagner stesso che rivela, in
una lettera a Heine, ciò che considera essenziale:
distribuire su tutta l’opera il
«profumo della leggenda». L’Olandese
volante si ricollega, da questo punto di vista,
all’opera romantica tedesca, a Der
Freischütz in particolare: come Weber, di
cui è profondo ammiratore,Wagner adotta
un intreccio leggendario anziché un
soggetto storico, e come Weber tratta un
argomento nel quale il sovrannaturale si
lega indissolubilmente all’esistenza umana.
Gli eventi esterni hanno un’importanza
secondaria, l’azione reale si svolge in
fondo all’anima degli eroi che agiscono
sulla scena. E Wagner intuisce, proprio a
partire dall’Olandese volante, che il presupposto
perché l’intreccio possa essere
ridotto agli eventi interiori – i più adatti
all’espressione musicale – è che l’azione
si dispieghi al di fuori della storia, nella
pura leggenda. Il mito e la musica, lo ricorderà
Nietzsche in La nascita della tragedia,
sono indissolubilmente uniti.
È a questi princìpi che si ispira il trattamento
dei personaggi nell’Olandese volante.
La figura dell’Olandese possiede la
grandezza tragica dei futuri eroi wagneriani,
e su Senta – emblema della vittoria
dell’ideale sulla realtà – riposa un grande
peso drammatico. Nella scrittura vocale
nulla è gratuito, nulla è rivolto alla ricerca
del puro effetto: libretto e partitura sono
immaginati e costruiti in funzione del
dramma musicale. L’Olandese volante segna
dunque una tappa fondamentale nell’evoluzione
del linguaggio drammatico
di Wagner, nel cammino che lo porta ad
abbandonare i modelli della tradizione,
sino a quel momento abilmente assimilati,
per percorrere vie nuove, ed è al tempo
stesso la prima opera che porta l’impronta
decisa del suo genio.
ANDREAS HOMOKI
Nato in Germania nel 1960, da genitori musicisti, di origine ungherese, studia musica e germanistica a Berlino-Ovest. Già durante gli studi partecipa a produzioni di Harry Kupfer alla Komische Oper di Berlino-Est e in seguito è suo assistente in vari spettacoli, ospiti fra l’altro al Festival di Salisburgo. Dal 1987 al 1993 lavora come assistente regista all’Opera di Colonia, collaborando regolarmente con Willy Decker. Dal 1988 al 1992 insegna scenografia alla Musikhochschule di Colonia, dove nascono i suoi primi spettacoli. Al 1992 risale la sua prima regia come ospite, a Ginevra, dove il suo allestimento di Die Frau ohne Schatten di Richard Strauss suscita l’attenzione internazionale. Questo spettacolo, in seguito rappresentato anche al Théâtre du Châtelet di Parigi, gli merita il Premio della Critica Francese nel 1994.
Dal 1993 al 2002 lavora come regista indipendente realizzando fra l’altro Das Schloss di Aribert Reimann e Aida di Verdi a Hannover; Der Wildschütz di Lortzing, Der Freischütz di Weber, Die Zauberflöte di Mozart a Colonia; Rigoletto ad Amburgo; Orfeo ed Euridice di Gluck a Ginevra e Lione; La traviata e Macbeth di Verdi a Lipsia; Elektra e Der Rosenkavalier di R. Strauss e il Requiem di Verdi a Basilea; Hänsel und Gretel di Humperdinck alla Deutsche Oper di Berlino; Carmen di Bizet, Capriccio di R. Strauss, Lulu di Berg a Amsterdam; Idomeneo di Mozart, Arabella di R. Strauss e Manon Lescaut di Puccini alla Staatsoper di Monaco.
Nel 1996 debutta alla Komische Oper di Berlino con Falstaff di Verdi; seguono L’amore delle tre melarance di Prokof’ev (1998) e Die lustige Witwe di Lehár (2000). Nel 2002 è successore di Harry Kupfer alla Komische Oper, regista principale. Inaugura questo incarico con La sposa venduta di Smetana, coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna. Seguono, in coproduzione con il Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, il dittico Eine florentinische Tragödie / Der Zwerg di Zemlinsky e Die Csárdásfürstin di Kálmán. Fra le sue regie alla Komische Oper di Berlino: Evgenij Onegin di Čajkovskij (2005), Der Rosenkavalier di R. Strauss (2006), Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di Brecht/Weill (2006), La bohème di Puccini (2008), Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner (2010) e di recente La piccola volpe astuta di Janáček. Nella stagione 2008/09 allestisce due prime assolute: l’opera per bambini Robin Hood di Frank Schwemmer e Hamlet di Christian Jost.
Negli anni del suo incarico alla Komische Oper di Berlino raccoglie successi anche in altri Teatri con nuove produzioni: al Théâtre du Châtelet Tannhäuser di Wagner (2004); alla Bayerische Staatsoper di Monaco Roméo et Juliette di Gounod (2004) e DieKönigskinder di Humperdinck (2005); al New National Theatre di Tokyo Le nozze di Figaro di Mozart (2003) e La fanciulla delWest di Puccini (2007); alla Sächsische Staatsoper di Dresda Turandot di Puccini (2004) e La traviata di Verdi (2009); alla Staatsoper di Amburgo Faust di Gounod (2010). Nel luglio 2012 mette in scena al Festival di Aix-en-Provence David et Jonathas di Marc-Antoine Charpentier e nel dicembre 2012 realizza Der fliegende Holländer all’Opera di Zurigo, coproduzione con il Teatro alla Scala di Milano.
Con il Teatro alla Scala collabora già nel 2004, quando porta in scena al Teatro degli Arcimboldi l’allestimento berlinese di Eine florentinische Tragödie.
Dal 1999 Homoki è membro della Akademie der Künste di Berlino.