(8 febbraio 2013, prima)
Scenografia astratta e geometrica, resa dinamica attraverso il colore, per un BARBIERE mosso e colorato.
Rossini guida così bene il gioco scenico che a volte si può anche fare a meno di ricostruire gli ambienti. Il regista Italo Nunziata e lo scenografo/costumista Pasquale Grossi fanno svolgere la vicenda in una stanza anonima, atemporale e incolore, personalizzata all’occorrenza da pochissimi oggetti o arredi portati dentro e fuori da figuranti stilizzati, resa dinamica dallo scorrimento delle pareti per diversificare (si fa per dire) gli ambienti e dal continuo aprirsi e chiudersi di porte e finestre per l’ingresso, l’uscita, le apparizioni dei personaggi anche dai piani alti, rischiarata e colorata dalle vivaci luci di fondo provenienti dagli infissi aperti (arancione, fuxia, giallo, rosso, verde acido).
Fondamentale l’uso delle luci, disegnate da Patrick Latronica, con le quali, ispirandosi al neoplasticismo, corrente artistica olandese dei primi del 900, si disegnano anche figure geometriche con strisce blu e bianche sulle pareti della stanza di Rosina e si costruiscono suggestive immagini in controluce.
La lettura registica si barcamena tra il garbo e il divertimento: l’ironia, il sarcasmo, la burla, la caricatura, i sotterfugi, gli equivoci, gl’inganni sono scevri da eccessi e da gigionerie.
Il personaggio più caricaturale è Don Basilio, una figura allucinata con lunga capigliatura bionda spettinata, grande mantello nero e la faccia mobile di Lorenzo Regazzo; Don Bartolo, che subisce il supplizio di Tantalo (desidera ciò che non può avere – dramma comune), è un gran dottor della sua sorte, in redingote gialla e parrucca riccioluta, con la tipica deambulazione del vecchietto ma col fisico asciutto, la gestualità elegante e l’espressività di Alfonso Antoniozzi; Filippo Adami, con fusò da ballerino e varie fogge di giacche, cappotti e parrucche in base ai travestimenti, è un dinamico Conte d’Almaviva; parrucche ricciolute anche per Rosina e Berta, interpretate da Josè Maria Lo Monaco e Novella Bassano; Gezim Myshketa è un vero factotum con gli atteggiamenti di un sensale di campagna; tutti i maschi hanno pantaloni bianchi attillati, giacche prevalentemente azzurre (rossa per Figaro), scarpe bianche con un po’ di tacco e parrucca col codino; il bianco e l’azzurro sono colori che si ripetono anche nei semplici costumi delle donne.
Armoniosi ed eleganti i figuranti vestiti d’azzurro e con le facce bianche, che intervengono silenziosamente in ogni situazione per portare o porgere oggetti, che si posizionano in modo statuario vicino ai protagonisti per dare un effetto pittorico alla scena. Solo che ci siamo posti delle domande: “Chi erano quei valletti, se Bartolo non aveva tutta la servitù che aveva invece Don Pasquale? Per chi sono i numerosi pacchi che i valletti portano in casa, per Rosina o per Norina? E poi perché Rosina, che da libretto ha il capello nero, ha la parrucca bionda?
La regia tende a figurare e a movimentare un po’ la musica di Rossini: i concertati e gli assiemi sono mossi, i duetti sono a volte disturbati dai movimenti di gente dietro.
È vero che il Barbiere rappresenta una giornata di follia organizzata, ma il movimento c’è già nella musica rossiniana e nulla deve distrarre il ritmo e la verve che essa sprigiona.
Anche se il giovane direttore Sergio Alapont alla guida dell’Orchestra Città di Ferrara ha tenuto il ritmo sotto controllo, un po’ in linea con l’algida scenografia, prediligendo la leggerezza, l’agilità e la pulizia del suono, lievitando nei crescendo: insomma una presenza garbata per il sostegno del canto.
Il cast ben affiatato e partecipe al gioco scenico ha restituito uno spettacolo fresco e dinamico. Sul piano vocale sono emerse le voci scure di Alfonso Antoniozzi e Lorenzo Regazzo.
Il baritono Alfonso Antoniozzi, attore provetto e cantante di pregio, riesce a piegare con grande scioltezza una voce poderosa, di bel colore, ampia, estesa, flessibile, alle esigenze del canto fortemente sbalzato del buffo rossiniano, la parola è chiara anche nel sillabato più fitto e vorticoso della difficile aria tripartita A un dottor della mia sorte e i recitativi hanno la musicalità del canto.
Il basso Lorenzo Regazzo, un Basilio di lusso, ha voce ampia, timbrata, agilissima e magnifica in ogni suono, è formidabile per colore, solidità, estensione, correttezza d’emissione e morbidezza del canto, ha presentato una Calunnia con tempi inizialmente più lenti per dare incisività alla parola, che è stata sempre chiara anche nella meccanizzazione dei sillabati virtuosistici, ed ha poi assecondato il ritmo del crescendo nelle lievitazioni dello schiamazzo che alla fin trabocca e scoppia.
Molto bello il timbro tenorile di Filippo Adami che ha la tipica voce del tenore contraltino rossiniano, chiara, svettante, sicura nella tessitura acuta, ma di Rossini dovrebbe acquisire anche la fluidità del canto di coloratura che invece è risultato piuttosto approssimativo. Il rondò finale Cessa di più resistere è stato omesso.
Gezim Myshketa è un Figaro versatile che esordisce con una cavatina ben fatta ed intonata, il baritono ha bella gettata di voce, ampia, sonora e di buon peso, padronanza negli acuti, sillabato pulito.
Josè Maria Lo Monaco presta a Rosina una voce di mezzosoprano dal bel colore scuro, dopo qualche incertezza iniziale nelle progressioni acute, ha esibito una linea di canto corretta e morbida, buone agilità, suoni pieni e rotondi.
Novella Bassano (Berta) è un soprano corretto con voce pulita che emerge nei concertati e risulta agile nell’aria di sorbetto Il vecchiotto cerca moglie.
Alex Martini (Fiorello) ha un bel timbro baritonale e il baritono Yannis Vassilaki è un Ufficiale.
Commenta efficacemente l’azione il bravo Coro Voxonus Choir, preparato e diretto da Alessandro Toffolo.