Sostakovic-Gogol: un’attrazione quasi fatale. Sostakovic aveva solo 20 anni quando nel 1928 decise di mettere in musica Il naso di Gogol (1836, tratto dai Racconti di San Pietroburgo): fu la sua prima opera teatrale, di forza eversiva e di grandiosa opulenza musicale che viveva della ricchezza culturale della Russia degli Anni Venti, popolata da artisti come Ejzenstein o Mejerchol’d. Il Naso in scena al Teatro dell’Opera di Roma è il fortunato e bellissimo allestimento del 2011 che arriva dell’Opera di Zurigo e che rispecchia perfettamente la follia e l’inventiva della favola assurda di Gogol, complice anche la magnifica regia di Peter Stein. Quando l’assessore di collegio Kovalev si accorge improvvisamente una mattina di aver perso il naso, si dispera. La perdita del naso, che nel frattempo cerca di condurre una vita autonoma vagando per San Pietroburgo, influenza negativamente tutta la vita pubblica e privata di Kovalev. E quando il naso tornerà sul viso del legittimo proprietario, Kovalev finalmente tornerà ad essere felice riprendendo con entusiasmo la sua vita… dinanzi a un racconto del genere Peter Stein si sbizzarrisce e gioca in piena, pienissima libertà con un allestimento visivamente audace: le scene semimoventi di Ferdinand Wögerbauer sono un lampante omaggio ai colori accesi del futurismo e dell’arte russa delle avanguardie, all’espressionismo e al cinema muto con le costruzioni sghembe o in stile casa di bambola con piccole stanze di taglio cinematografico che si aprono su piani diversi dove si inerpicano i personaggi, e ancora luci, installazioni luminose, pannelli scorrevoli… tutto interamente giocato sull’immagine. In contrasto con la vivacità e la libertà visiva si pongono gli attentissimi costumi di realismo storico in stile Ottocento di Anna Maria Heinreich che ben delineano una sorta di divertente e sarcastica fanfara che concede tregua, regalando vitalità a un’opera assurda e divertente. Questo Naso è uno spettacolo bellissimo, visionario e irriverente che contrappone con equilibrio l’individualismo sconfortante di Kovaliov alle scene affollatissime di massa. Sul podio, a disegnare il graffiante apologo sulla società russa, il talentuoso Alejo Pérez, giovane direttore argentino che dirige l’Orchestra con sicurezza e vitalità facendo risaltare ogni nota di una partitura ricchissima d’inventiva e di possibilità. Bravo il numerosissimo cast quasi tutto russo. Sala piena e molti applausi. Un successo per un’opera del Novecento.