Siamo nella Scozia de XI secolo. Il generale Macbeth tornato vincitore da una battaglia viene insignito da Dancan re di Scozia del titolo “Signore di Candar”. Ma questo riconoscimento mette in moto la brama del potere da quando tre streghe gli predicono un futuro di gloria e di sangue. Inizia così l’apoteosi nera di Macbeth con l’assassinio del suo re Duncan, del suo parigrado Banquo e di altre vittime innocenti spinto dalla crudele e ambiziosa Lady Macbeth che invoca gli spiriti malefici affinché il marito possa indossare la corona.
Con la bellatraduzione di Nadia Fusini è in scena al Piccolo Teatro Strehler “Macbeth” di Shakespeare in un’originale lettura del regista Andrea De Rosa che mette l’accento sul viaggio di un uomo nelle zone più atroci del proprio subconscio. E, nel buio della propria coscienza, Machbeth si trova spaventosamente solo con le proprie allucinazioni da cui nasce la tragedia di sangue e di delitti. E’ il dramma delle contraddizioni dell’uomo che non sempre ha coscienza di quel che desidera e anche quando scopre di desiderare non è pronto all’azione “hai più paura di farlo che desiderio che non venga fatto”, dice a un certo punto Lady Macbeth al marito. Il tragico re di Scozia combattuto dai sensi di colpa e dalla consapevolezza di essere diventato un eroe del male esclama: “Domani e domani e domani” agghiacciante definizione del nulla che è la vita.
Il regista Andrea De Rosa e lo scenografo Nicolas Bovev limitano l’ambiente scenico ad una stanza sobria, un divano, una lampada, un tavolino e numerose bottiglie di alcolici e bicchieri costantemente “alzati”. La parete di fondo permette di intravedere personaggi che passano, sostano, si battono il petto ritmicamente in funzione narrativa. E’ la notte densa e viscida che occupa quasi tutta la tragedia. Il regista assegna la parte delle tre streghe a tre bambolotti che, con voce metallica registrata, salutano Macbeth gli predicono l’imminente ascesa al trono (tu sarai re) avvenimento che avvierà il motore dell’intera vicenda. I bambolotti resteranno iltopos della tragedia, saranno cullati amorevolmente dal re e la sua Lady come fossero i bambini che non hanno mai avuto (il vero dramma di Lady Macbeth potrebbe essere la mancata maternità), diventeranno poi orribili feti deformi e sanguinolenti partoriti morti da Lady Macbeth e alla fine feti pendenti dal soffitto contro cui si scaglia a colpi di spada Macbeth che sarà poi vittima dell’angoscia e della dolente follia.
L’attenzione degli spettatori è sequestrata dal ritmo impresso alla narrazione dal regista Andrea De Rosa, dalle scene grandguignolesche, dal bellissimo gioco di luci e tenebre di Pasquale Mari, dai suoni e musiche sempre funzionali e suggestive curate da Hubert Westkemper.
Giuseppe Battistoni, oltre al phisique du role, ci offre una straordinaria interpretazione del dramma esistenziale del protagonista. Dà credibilità alle varie facce di Macbeth, uomo crudele, avido di potere, solo, insicuro, inconsapevolmente consapevole e lo fà con una voce dalle mille sonorità e una gestualità che prendono forza ed espressione dal profondo del subconscio. Buona l’interpretazione degli altri attori a cominciare da Frédérique Loliée nelle vesti di Lady Macbeth, a Ivan Alovisio, Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea.