Un appello per il jazz e le musiche di oggi e per una maggiore considerazione di una disciplina musicale tra le più creative dei nostri tempi.
Questo lo chiedono i più conosciuti musicisti di jazz in un appello (firmato ad ora da quasi 3000 musicisti ed operatori) e sostenuto anche da personaggi dello spettacolo come Neri Marcorè, Ottavia Piccolo, Serena Dandini, Stefano Benni e tanti altri.
Primo firmatario il critico musicale Filippo Bianchi, e rilanciato dalla Associazione I-Jazz (che raccoglie alcuni tra i più noti festival e rassegne italiani), l’appello sarà presentato il prossimo mercoledi 13 febbraio, alle ore 15,00 a Roma, presso la sede Agis di Via Villa Patrizi,10, indirizzato ai candidati per le prossime elezioni ed alle forze politiche più rappresentative.
La cultura deve essere considerata un settore strategico – dice l’appello – ed in questo contesto il jazz, che ha influenzato così tanto le arti del nostro secolo, ha necessità di riscontrare un’attenzione all’altezza della crescita di interesse e di creatività che, anche in Italia, sta dimostrando, superando ostacoli burocratici, leggi obsolete, meccanismi di finanziamento pubblico come il FUS che attendono da anni di essere riformati e resi più permeabili al nuovo.
Tra le proposte, oltre alla modifica del Fus favorendo l’innovazione, la ricerca ed il “rischio culturale”, una maggiore attenzione ai musicisti ed i loro progetti, la possibilità di costituire una orchestra nazionale di jazz, il sostegno all’attività all’estero, una forte attenzione alla formazione.
Il mondo del jazz lancia una petizione, destinata a tutte le forze politiche, per ottenere pari dignità rispetto alla musica “classica”, cui sono destinati in massima parte i finanziamenti pubblici. Il documento apre individuando nella cultura un “settore strategico, in un Paese come l’Italia che ha un imponente capitale, finora sottoutilizzato, sia di patrimonio storico che di talento vivente”. Si rileva poi come il jazz italiano abbia oggi un’altissima reputazione internazionale, ma come i nostri musicisti operino in un regime di “concorrenza sleale”, visto che non sono sostenuti dagli istituti di cultura, contrariamente ai loro colleghi di altri Paesi europei. Una documentata ricerca fornisce dati sugli investimenti sul jazz nel resto del Continente piuttosto imbarazzanti se paragonati all’Italia. Fra le proposte, “l’istituzione di una orchestra nazionale del jazz, dotata di fondi per la creazione di nuovo repertorio, e per la diffusione di questa musica sul territorio; uno speciale fondo per il sostegno dell’attività all’estero; un costante lavoro sulla formazione e sul decentramento, nella ricerca di nuovo pubblico a partire dalle scuole; una più ampia presenza nelle commissioni di valutazione di esperti di musica jazz ed attuale, e l’inclusione di commissari designati ‘dal basso’; la creazione di un fondo per la cooperazione, volto a favorire le strutture di musicisti associati e le co-produzioni fra strutture organizzative”.
L’appello è firmato da centinaia di musicisti – fra cui Armando Trovajoli, Stefano Bollani, Fabrizio Bosso, Franco Cerri, Franco D’Andrea, Paolo Damiani, Maria Pia De Vito, Stefano Di Battista, Paolo Fresu, Giorgio Gaslini, Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Enrico Intra, Rita Marcotulli, Pino Minafra, Gianluca Petrella, Dino Piana, Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Danilo Rea, Aldo Romano, Antonello Salis, Giancarlo Schiaffini, Bruno e Giovanni Tommaso, Tiziano Tononi, Gianluigi Trovesi – ma anche da “jazzofili illustri” quali Serena Dandini, Marco Risi, Lella Costa, Stefano Benni, Neri Marcorè, Niccolò Ammaniti, Natalino Balasso, Ottavia Piccolo e molti altri.