Nuovo appuntamento martedi 26 marzo alla Casa del Jazz in Roma per il ciclo di guide all’ascolto, “I grandi solisti del West Coast Jazz”, a cura di Antonio Lanza sul tema: “Buddy Collette: il più bianco dei californiani neri”. Già lo scorso anno, il jazz californiano fu oggetto di una serie di otto seminari, che – dopo un inquadramento generale di questa corrente stilistica nata nel 1951 e durata sino ai primissimi anni Sessanta – illustravano la vita e le opere di alcuni dei massimi fondatori di tale stile jazzistico, il più colto e raffinato del jazz moderno, fondato su elementi di ascendenza classica quali la fuga e il contrappunto, ma innervato dalla presenza di stilemi prettamenti jazzistici derivati dal cool jazz, dal be bop, dal blues e dal sapiente recupero della lezione di Kansas City, e in particolare di Lester Young, a cui tutti i sassofonisti californiani si ispirano. Mai come in questo stile gli arrangiamenti ebbero una parte così essenziale e la cura formale che ne deriva non è mai a scapito della creatività improvvisativa, che anzi risulta di qualità altissima, come testimoniano Art Pepper, Bud Shank, Jimmy Giuffre, Frank Rosolino e tanti altri artisti.
Quest’anno saranno presentati medaglioni di Lennie Niehaus, Bill Holman, John Graas, dei Candoli Brothers, di Jack Montrose e Bob Gordon, Bill Perkins e Richie Kamuca, Maynard Ferguson e Buddy Collette: tutte figure fondamentali che contribuirono in misura determinante all’affermazione mondiale del jazz californiano, che fu imitato in tutti gli Stati Uniti, in Europa (Italia compresa: si pensi al quintetto/sestetto Basso Valdambrini, al quintetto Fanni Volonté) e persino in Australia (dall’Australian Jazz Quartet).
Quando la cura degli arrangiamenti venne meno, si misero da parte fuga e contrappunto ed i solisti si appiattirono, in ossequio alle mode, sui moduli armonicamente più elementari dell’hard bop e del jazz modale, il jazz californiano entrò in una profonda crisi d’identità, dalla quale si risollevò grazie al rilancio revivalistico avvenuto tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta. Tuttavia l’epoca aurea di questo stile, che per quasi una decade fece di Los Angeles la capitale del jazz mondiale, furono quelli che vanno dal 1951 al 1958.
I seminari saranno tenuti dal prof. Antonio Lanza, ordinario di Letteratura italiana nell’Università dell’Aquila, membro del Consiglio direttivo della Società Dantesca Italiana, dell’Accademia Parnassos di Atene, direttore dei periodici internazionali «Letteratura italiana antica», «La Parola del testo» e «Studi danteschi», organo ufficiale della Società Dantesca Italiana, e di numerose collane di filologia e di saggistica letteraria con vari editori fiorentini e romani, autore di trenta volumi sulla letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento, nonché di tutte le voci di jazz della quinta appendice dell’Enciclopedia Treccani.
La parte storica sarà affiancata da quella musicale curata dal batterista Gianmarco Lanza, definito dalla critica «una realtà tra i maestri internazionali della batteria», che, continuatore dello stile di Shelly Manne, ha inciso CD con due grandi artisti del West Coast Jazz quali Bud Shank e Bill Smith, oltre a quelli con il trio Malaguti-Leveratto-Lanza (tra cui The revival of West Coast Jazz) e con i suoi Lighthouse Giants con arrangiamenti di Antonello Vannucchi (Adventures in West Coast Jazz). Inoltre ha collaborato con Benny Golson, Gianni Basso e Franco Cerri.
Casa del Jazz
Viale di Porta Ardeatina, 55 – Roma
Info: 06/704731
Ingresso libero fino ad esaurimento posti