Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di GIUSEPPE VERDI
(Edizione completa della prima versione 1847, revisione sull’autografo a cura di D. Lawton; Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima rappresentazione: Firenze, Teatro La Pergola, 14 marzo 1847
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 24 febbraio 1849
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore VALERY GERGIEV (28 mar.; 2, 4, 7, 9 apr.)
PIER GIORGIO MORANDI (13, 16, 18, 21 apr.)
Regia GIORGIO BARBERIO CORSETTI
Scene GIORGIO BARBERIO CORSETTI e CRISTIAN TARABORRELLI
Costumi CRISTIAN TARABORRELLI e ANGELA BUSCEMI
Luci FABRICE KEBOUR
Video Design FABIO MASSIMO IAQUONE e LUCA ATTILI
Coreografia RAPHAËLLE BOITEL
Personaggi e interpreti principali
Macbeth Franco Vassallo
Vitaliy Bilyy (4, 9, 18 apr.)
Banco Štefan Kocán
Adrian Sampetrean (4, 9, 16 apr.)
Lady Macbeth Lucrezia Garcia
Tatiana Melnychenko (4, 9, 18 apr.)
Dama Emilia Bertoncello
Macduff Stefano Secco
Wookyung Kim (4, 9, 18 apr.)
Malcolm Antonio Corianò
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Date:
giovedì 28 marzo 2013 ore 19.30 ~ prima rappresentazione
martedì 2 aprile 2013 ore 19.30 ~ turno M
giovedì 4 aprile 2013 ore 19.30 ~ fuori abbonamento
domenica 7 aprile 2013 ore 19.30 ~ turno O
martedì 9 aprile 2013 ore 19.30 ~ fuori abbonamento
sabato 13 aprile 2013 ore 19.30 ~ turno N
martedì 16 aprile 2013 ore 19.30 ~ fuori abbonamento
giovedì 18 aprile 2013 ore 19.30 ~ turno G La Scala UNDER30
domenica 21 aprile 2013 ore 15 ~ fuori abbonamento
Prezzi: da 210 a 13 euro
Infotel 02 72 00 37 44
Ufficio Stampa Teatro alla Scala
Via Filodrammatici 2 – 20121 Milano
Tel. 02 88 792 412 – Fax 02 88 792 331
IL SOGGETTO – EMILIO SALA
Atto primo
Bosco.
Tre crocchi di streghe appaiono fra lampi e
tuoni intonando un coro che culmina in una
ridda infernale («Le sorelle vagabonde / van
per l’aria, van sull’onde»). Entrano Macbeth e
Banco, generali dell’esercito scozzese, ai quali
le streghe predicono un fausto futuro:Macbeth
sarà presto nominato signore di Caudore dal
re di Scozia Duncano, e poi ascenderà al trono;
Banco, pur senza mai regnare, avrà una discendenza
regale. Lo stupore dei due raggiunge il
culmine quando i messaggeri del re comunicano
a Macbeth che Duncano lo ha eletto signore
di Caudore.Usciti di scena i due generali col
loro seguito, le streghe cantano la “stretta dell’introduzione”
(«S’allontanarono!»).
Atrio nel castello di Macbeth.
Entra Lady Macbeth leggendo una lettera
del marito che la informa delle predizioni
delle streghe. L’Andantino della sua Cavatina
esprime la bramosia di potere che la invade
(«Vieni! t’affretta! Accendere»); saputo
da un servo dell’arrivo imminente del marito
e del re Duncano che sarà loro ospite per
quella notte, dà sfogo ai suoi propositi criminali:
Lady Macbeth ha infatti concepito di assassinare
Duncano per consentire allo sposo
di cingere la corona di Scozia (cabaletta: «Or
tutti sorgete, ministri infernali»). Entra Macbeth
col seguito del re. Egli indugia: soltanto
la determinatezza della consorte riesce a
spingerlo a compiere il delitto. La scena culmina
in un duetto della coppia scellerata
(«Fatal mia donna! un murmure») durante il
quale Macbeth, in preda ai rimorsi, non osa
riportare il pugnale nella stanza del delitto;
Lady Macbeth strappa allora l’arma insanguinata
dalle mani del marito e non esita a riportarla
lei stessa nel luogo dove è avvenuto
il regicidio perché la colpa ricada sulle guardie.
Scoperto l’omicidio di Duncano, il nobile
Macduff ne informa atterrito i cortigiani.
L’atto si chiude nello sgomento generale
(«Schiudi, inferno, la bocca ed inghiotti»).
Atto secondo
Stanza nel castello.
Entrano Macbeth, divenuto re, e Lady Macbeth.
Anche la seconda profezia si è dunque
avverata:Malcolm, figlio di Duncano, è fuggito
nella vicina Inghilterra, suscitando il sospetto
di avere ucciso il padre. Ma le streghe
hanno predetto il trono al figlio di Banco: entrambi
devono quindi essere eliminati. La regina,
rimasta sola, invoca le tenebre perché
nascondano il “nuovo delitto” («La luce langue,
il faro spegnesi»).
Parco.
Compare un coro di sicari che aspetta al varco
Banco. Quest’ultimo entra in scena col figlio
Fleanzio «pien di tristo presagio e di sospetto
». Banco viene trucidato, ma Fleanzio
riesce a fuggire.
Magnifica sala.
Durante un banchetto, Macbeth è informato
della morte di Banco e della fuga di suo figlio.
Nel frattempo la regina intrattiene gli
ospiti che affollano le sale del castello, cantando
un brindisi («Si colmi il calice»). Ma i
festeggiamenti sono presto interrotti dall’apparizione
dello spettro di Banco che, invisibile
a tutti, si mostra minaccioso a Macbeth. Invano
Lady Macbeth cerca di riportare la serenità
fra gli ospiti: il Finale si chiude con un
concertato di sgomento durante il quale
Macbeth decide di interrogare ancora le streghe
per conoscere il suo futuro.
Atto terzo
Un’oscura caverna.
Le streghe intonano il loro coro di incantesimo
(«Tre volte miagola»); entra Macbeth
che assiste alla profezia delle streghe (“Gran
Scena delle Apparizioni”). I responsi ricevuti
rassicurano, almeno in parte, Macbeth: pur
ammonendolo a guardarsi da Macduff, le
“misterïose donne” gli hanno infatti garantito
che nessun uomo nato da una donna potrà
sconfiggerlo e che la sua potenza non cesserà
finché la foresta di Birnam non muoverà
contro di lui. Macbeth si appresta pertanto
a uccidere Macduff e a sterminarne la famiglia.
Atto quarto
Luogo deserto ai confini della Scozia e dell’Inghilterra.
La scena inizia con un coro di profughi fuggiti
dalle persecuzioni di Macbeth in Scozia
(«Patria oppressa!»). Malcolm, confidando
nell’aiuto dell’Inghilterra, ha però radunato
un esercito pronto a invadere la Scozia. Anche
Macduff, dopo lo sterminio della sua famiglia,
si è unito ai combattenti. Malcolm
esorta tutti affinché, per celarsi al nemico,
avanzino nascosti dai rami strappati dalla vicina
foresta di Birnam.
Sala nel castello di Macbeth.
“Gran Scena del Sonnambulismo.” In preda
agli incubi della pazzia, Lady Macbeth rivive
nel sonno l’omicidio del re Duncano, confessando
i crimini compiuti.
Sala nel castello.
Informato della morte della consorte, Macbeth
si appresta a fronteggiare l’esercito nemico.
All’annuncio che «la foresta di Birnam
si muove», il re comprende che le profezie
delle streghe si stanno avverando.
Pianura circondata da alture e boscaglie.
Scena della battaglia. I soldati di Malcolm
gettano i rami della foresta di Birnam e attaccano
i guerrieri di Macbeth, costringendoli
alla fuga. Il re è fronteggiato da Macduff che,
prima di colpirlo, gli rivela di non essere nato
da una donna ma di essere stato estratto a
forza dal corpo materno. Macbeth cade sotto
i colpi di Macduff. L’esercito vittorioso acclama
Malcolm re di Scozia.
L’opera in breve – Emilio Sala
«Eccoci al Sonnambulismo che è sempre
la scena capitale dell’opera. Chi ha visto
la Ristori sa che non si devono fare che
pochissimi gesti, anzi tutto si limita quasi
ad un gesto solo, cioè di cancellare una
macchia di sangue che [Lady Macbeth]
crede aver sulla mano. I movimenti devono
essere lenti, e non bisogna veder fare i
passi.» Così Verdi in una lettera dell’11
marzo 1865 a Léon Escudier, alla vigilia
dell’andata in scena della nuova versione
di Macbeth a Parigi. Il riferimento a
un’attrice di prosa (Adelaide Ristori) per
una delle scene cruciali dell’opera la dice
lunga sull’attenzione quasi maniacale che
il compositore dedica, in Macbeth ancor
più che altrove, agli aspetti performativi
del suo teatro musicale. Ma, stando a
quanto racconta la stessa Marianna Barbieri
Nini (la prima interprete di Lady
Macbeth a Firenze nel 1847), sembrerebbe
che Verdi avesse ritrovato nella fissità
della Ristori un jeu de scène da lui sperimentato
in campo operistico dieci anni
prima: che Verdi sia anche il più grande
drammaturgo dell’Ottocento è d’altronde
un dato ormai acquisito tanto per i musicologi
quanto per i teatrologi. Ma torniamo
alla rievocazione della Barbieri Nini:
«Durerete fatica a crederlo, ma la scena
del sonnambulismo mi portò via tre mesi
di studio: io per tre mesi, mattina e sera,
cercai di imitare quelli che parlano dormendo,
che articolano parole (come mi
diceva il Verdi) senza quasi muover le
labbra, e lasciando immobili le altre parti
del viso, compresi gli occhi. Fu una cosa
da ammattire».
Questo nuovo rapporto tra canto e recitazione,
tra recitazione e azione mimica,
uno dei centri nevralgici di Macbeth e
della poetica verdiana, emerge chiaramente
anche in una famosa lettera del
compositore a Salvatore Cammarano (da
Parigi, 23 novembre 1848); saputo che a
Napoli era stata assegnata la parte della
Lady al soprano Eugenia Tadolini, Verdi
si allarma: «Voi sapete quanta stima ho
della Tadolini, ed Ella stessa lo sa;ma nell’interesse
comune io credo necessario
farvi alcune riflessioni. La Tadolini ha
troppo grandi qualità per fare quella parte!
Vi parrà questo un assurdo forse!! […]
La Tadolini canta alla perfezione; ed io
vorrei che Lady non cantasse. La Tadolini
ha una voce stupenda, chiara, limpida, potente;
ed io vorrei in Lady una voce,
aspra, soffocata, cupa». Non a caso Verdi
scrisse nel 1847 sia alla Barbieri Nini sia a
Felice Varesi (il primo interprete di Macbeth)
che gli artisti dovevano servire
«meglio il poeta che il maestro». Come
dice Francesco Degrada, non potrebbe
essere espresso con maggiore decisione
«il rifiuto di un ideale di canto chiuso nelle
proprie astratte ragioni musicali, e il
perseguimento di una nuova misura
espressiva attenta alla modellazione della
voce (e, beninteso, dell’orchestra) sulla
parola e sulla cangiante tensione drammatica
della situazione scenica».
Né è un caso che questo scossone alle
convenzioni (non solo canore) del melodramma
sia avvenuto sotto il segno di
Shakespeare. All’accusa di non conoscere
il poeta inglese, mossagli da un critico
francese in occasione della rappresentazione
di Macbeth a Parigi (Théâtre-Lyrique, 1865),
Verdi si infuria: «Può darsi che
io non abbia reso bene il Macbet [sic], ma
che io non conosco, che non capisco e che
non sento Shacpeare [sic] no, per Dio,
no». In effetti, ancora una volta va sottolineata
l’importanza del Macbeth verdiano
nella storia del teatro (non solo musicale)
e della recezione di Shakespeare in Italia.
Prima di Verdi, i drammi shakespeariani
rappresentati nei teatri della penisola
passavano quasi sempre attraverso le riscritture
classicheggianti di Jean-François
Ducis. Quando, nel 1842, il grande attore
romantico Gustavo Modena pensò fosse
giunto il momento di proporre al Teatro
Re di Milano un dramma di Shakespeare
– nella fattispecie Otello – non più “filtrato”
da Ducis, ottenne un fiasco clamoroso.
L’opera di Verdi fu invece un gran successo
e si può dire che il compositore riuscì
là dove Gustavo Modena aveva fallito.
Certo, egli dovette rinunciare a mettere
in musica la scena del Portiere ubriaco,
ma il contrasto tra tragico e comico fa più
volte capolino in Macbeth e prepara la
strada a Rigoletto. Si prenda come esempio
la “Gran Scena e Duetto” tra Macbeth
e Lady del primo atto, un altro pezzo
cruciale come Verdi non si stancherà
di ripetere. Un pezzo caratterizzato da
una sonorità cupa e soffocata: «tu vedi
che l’orchestra suonerà estremamente
piano e voi altri dovrete cantare pure colle
sordine», scrive Verdi a Felice Varesi.
Ebbene, proprio nel momento culminante
dell’orrore, quando Macbeth dopo l’assassinio
parla del sonno dei cortigiani, la
Lady, che fino a quel momento non si è
distaccata dal marito, si fa beffe del terrore
di lui con un tono comico-leggero che
Verdi qualificherà di «derisione infernale
» e che è tanto più sorprendente in
quanto non compare nella scena corrispondente
di Shakespeare: «Nel Duetto
del primo atto fra Macbeth e Lady, c’è il
primo tempo che fa sempre molto effetto,
e vi è una frase ove le parole dicono Follie
follie che sperdono – I primi rai del dì.
Bisogna che il traduttore francese conservi
le parole follie follie perché forse in
queste parole ed in questa derisione infernale
di Lady stà tutto il segreto dell’effetto
di questo pezzo» (lettera a Escudier,
23 gennaio 1865). Con buona pace del
critico francese, possiamo dire che in questa
scena Verdi è stato più shakespeariano
di Shakespeare.