Dopo L’elisir d’amore di Donizetti (nel 2011) e Il barbiere di Siviglia di Rossini (nel 2012), il direttore d’orchestra Bruno Campanella e il regista Ruggero Cappuccio consolidano il loro sodalizio artistico portando in scena al Teatro dell’Opera di Roma un nuovo allestimento del Don Pasquale di Gaetano Donizetti.
Ultima opera buffa della grande stagione italiana, il Don Pasquale secondo Cappuccio diventa un dramma buffo declinato quasi in farsa in cui il regista non perde di vista la solitudine intrinseca di Don Pasquale anche se può non sembrare così.
Lo spettacolo è molto fresco, l’allestimento luminoso ed evocativo, quasi onirico che prende forma attraverso i bozzetti e le fotografie di Roma custodite in una cornice dorata sulle note dell’ouverture fino ad entrare nella casa di Don Pasquale. Proprio Don Pasquale è in spasmodica attesa del dottor Malatesta: il tempo scorre inesorabile come di vede bene dall’enorme pendolo alle spalle di Don Pasquale che scandisce il tempo…
Questo nuovo Don Pasquale è ripensato all’insegna dell’atemporalità che sfocia quasi nella favola: le scene di Carlo Savi sono pulitissime, minimaliste e bianche, ma di un bianco purissimo e quasi accecante, con l’effetto prospettico nelle due entrate del salone: tutto volto via vi a riprodurre l’ariosità e la leggerezza della musica di Donizetti, riflessa anche nei costumi di Carlo Poggioli, giocati sui toni del bianco (ma non solo) che scivolano in una contaminazione di tendenze storiche.
Cappuccio mantiene un buon equilibrio fra la comicità e la malinconia che caratterizzano il Don Pasquale, che rielabora il classico plot dell’anziano e ricco personaggio che vuole sposare una giovane fanciulla. Il meccanismo di per sé comico della beffa (da Plauto a Terenzio fino a Machiavelli, padre della commedia italiana) diventa volutamente buffo, quasi farsesco (alcuni non hanno gradito la rilettura). In tal senso ad esempio anche i servi giocano un ruolo fondamentale quasi emulando lo spirito della commedia dell’arte, a sostenere fisicamente i rispettivi padroni (soprattutto Don Pasquale) anche nel gaudente incipit del terzo atto quando la casa di Don Pasquale viene trasformata in un bazar dei capricci di Norina con una sfilza di domestici allineati dinanzi al povero sposo.
Bel cast di voci in cui spicca Eleonora Burato nel ruolo della frizzante e vivace Norina che entra in scena decantando le capacità di seduzione delle donne (con tanto di proiezione di scarpe che ricordano certi titoli della filmografia di Pedro Almodovar) e che è particolarmente brava anche nel duplice personaggio quando si ripresenta come Sofronia con un mimetico caschetto in stile Louise Brooks.
Nicola Alaimo (Don Pasquale) regala un’interpretazione molto fisica, arguto quanto necessario il bel dottor Malatesta di Mario Cassi, giovane etereo l’Ernesto di Joel Prieto, nipote di Don Pasquale innamorato di Norina.
Sul podio la vivacità e la limpidezza musicale di Donizetti vengono correttamente interpretati da Bruno Campanella alla guida dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.
Allestimento molto comico, divertente e luminoso, questo Don Pasquale è particolarmente vivace e leggero, ad esaltare fino in fondo lo spirito teatrale dell’opera.
Ultima replica martedì 25 giugno alle ore 20.00