La nuova stagione del Teatro Manzoni si presenta con alcune novità assolute: a fianco della Prosa, ossatura portante del cartellone, e della prestigiosa rassegna Aperitivo in Concerto, compaiono due nuovi filoni: il Movimento e il Cabaret. Novità che arricchiscono l’offerta del Teatro senza snaturarne l’identità, bensì facendola evolvere ulteriormente cercando di avvicinare nuove fasce di pubblico, i giovani in particolare. Un cambiamento forte che ha coinvolto anche la comunicazione, con un nuovo logo, una nuova veste grafica, il maggior utilizzo di canali promozionali innovativi come i nuovi media e i social network e un nuovo sito internet, online da stamattina e totalmente rinnovato. Uno sforzo importante messo in atto anche grazie alla presenza di un azionista, la Fininvest, che attraverso l’attività del Teatro Manzoni continua a offrire un significativo contributo alla vita culturale e sociale della città.
LA PROSA
Parlare di Prosa al Teatro Manzoni significa continuare a coltivare, pur nel segno del rinnovamento, una predilezione che è insita nella vocazione di questo Teatro. Infatti da sempre la Prosa per il teatro Manzoni rappresenta l’ossatura portante della stagione teatrale. Dieci sono gli spettacoli di un cartelloneche quest’anno si caratterizza principalmente per la presenza di una sfilata di autoriitaliani del Novecento e contemporanei, alcuni divenuti ormai dei classici, per una connessione non virtuale con le radici della nostra identità culturale. Si spazia da Gabriele d’Annunzio a Eduardo De Filippo e Vitaliano Brancati ormai divenuti dei classici, ad autori come Cristina Comencini, Vincenzo Salemme, Giorgio Umberto Bozzo sino ai giovani Oblivion tutti testimoni dei mutamenti sociali e del costume del nostro tempo. Ma dal secolo che si è appena concluso questo cartellone eredita anche alcune opere che hanno ispirato celebri successi cinematografici entrati prepotentemente a far parte dell’immaginario collettivo.
La stagione si apre con la rentrée di uno spettacolo dedicato al Vate, “Gabriele d’Annunzio tra amori e battaglie”, attraverso il quale Edoardo Sylos Labini fa rivivere un personaggio complesso, primo ambasciatore dello stile italiano. Liberamente tratto da “L’amante guerriero” di Giordano Bruno Guerri lo spettacolo ritrae Gabriele d’Annunzio nei momenti salienti della sua straordinaria esistenza. A corredo, nel foyer del teatro, una mostra dedicata agli oggetti della sua vita.
Entriamo nel vivo con “Uomo e Galantuomo” del grande Eduardo, una farsa di una comicità irresistibile in cui fanno capolino il dramma e l’amarezza. Uno sguardo sulle contraddizioni tra l’apparire e l’essere, e sui problemi di sopravvivenza all’interno delle dinamiche sociali. Una commedia alla quale si addicono i volti di due attori doc come Gianfelice Imparato e Giovanni Esposito, affiancati da Valerio Santoro e Antonia Truppo, diretti da Alessandro D’Alatri.
Per cambiare registro Giorgio Umberto Bozzo, inventore delle Sorelle Marinetti, ha ideato per loro una commedia con musiche dal vivo che ci riporta all’autunno del ’43, “Risate sotto le bombe”, scritta con Gianni Fantoni, qui anche protagonista. Un gruppo di artisti, rifugiati sotto il palcoscenico di un teatro, come antidoto contro la paura e la fame, prova i numeri di un nuovo spettacolo. La convivenza in un angusto spazio e le preoccupazioni faranno affiorare la complessità dei rapporti interpersonali.
E per parlare del nostro tempo Cristina Comencini scrive e dirige “La Scena”, una commedia per raccontare la comica immersione di un ragazzo nella vita e nei sentimenti femminili. Una sorta di educazione sentimentale reciproca, nel rapporto tra età e sessi diversi. Due attrici di provata esperienza come Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti sono le due amiche di opposte femminilità che si confrontano con le pulsioni e le fragilità del giovane Stefano Annoni.
A Cristina Comencini succede un altro autore-regista, ma anche attore di straordinaria vis comica, Vincenzo Salemme. Con questa sua ultima fatica “Il diavolo custode” mette in scena una sorta di training autogeno teatrale tutto da ridere, con un diavolo-analista che aiuta a guardarsi dentro. Perché come dice Salemme la soluzione sta in noi, bisogna sforzarsi di superare i problemi tramutandoli in un valore aggiunto.
Torniamo al Novecento con uno dei suoi più importanti scrittori, Vitaliano Brancati, autore de “Il bell’Antonio”: un lucido e meraviglioso affresco dell’Italia durante il fascismo, attraverso il quale viene fotografata la microstoria di una famiglia siciliana e del suo Bell’Antonio. Un matrimonio non consumato che esplode in una tragedia ridicola per l’apparente e incomprensibile difficoltà di Antonio ad amare. Un progetto importante che riporta in teatro una grande coppia Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti. Luca Giordana affiancherà il padre in palcoscenico.
Rappresentano un gradito ritorno gli Oblivion, un gruppo di giovani artisti italiani che curano direttamente testi e regia dei loro spettacoli. Introducendo un nuovo genere, una sorta di varietà musicale, reinventano e mescolano in maniera frizzante contenuti pop e culturali, come in quest’ultimo lavoro “Othello, la H è muta…”. Due secoli di critica musicale e teatrale condensati in una rivoluzionaria scoperta: la differenza tra l’Otello verdiano e quello shakespeariano è l’H. Il doppio bicentenario Verdi-Wagner comicamente profanato alla maniera degli Oblivion.
Il primo dei titoli cinematografici di forte impatto evocativo è l’indimenticabile “Quando la moglie è in vacanza” di George Axelrod, qui tradotto e adattato per il teatro da uno specialista come Edoardo Erba. Una commedia per la quale Renato Zero ha creato appositamente le musiche e che il regista Alessandro D’Alatri farà rivivere adeguandola ai nostri riferimenti culturali. Massimo Ghini sarà il maschio irrisolto che subisce l’attrazione del personaggio femminile di prorompente fisicità interpretato da Elena Santarelli.
La seconda pièce, che ha ispirato l’omonimo film di successo e che conduce alle rocambolesche avventure di un donnaiolo impenitente, è “Boeing Boeing” di Marc Camoletti. Qui proposta nella stessa edizione che ha trionfato a Londra e a Broadway, in uno spassosissimo revival anni ’60 ad opera di Matthew Warchus. Qui vivacizzato da un gruppo variopinto di attori: Gianluca Guidi, Gianluca Ramazzotti, Ariella Reggio per la regia di Mark Schneider.
L’ultimo spettacolo che strizza l’occhio al cinema e che conclude la stagione è “Trappola mortale” di Ira Levin, un classico del giallo teatrale che si presenta come un perfetto gioco a incastri tra umorismo, suspence e forte tensione narrativa. Un testo avvincente che usa il pretesto del tono noir per descrivere l’avidità dell’uomo senza scrupoli alla continua ricerca del potere e dei propri insaziabili istinti. Corrado Tedeschi in coppia con Ettore Bassi, affiancati da Miriam Mesturino e diretti da Ennio Coltorti, con la loro naturale ironia daranno vita a questo thriller che contiene anche momenti molto spiritosi, a volte comici.
Un cartellone che vede alternarsi sulla ribalta un parterre di interpreti e registi affermati che daranno vita ad una stagione coinvolgente e appassionante.
IL CABARET
Il sarcasmo è il linguaggio del diavolo, scriveva Thomas Carlyle. Noi siamo invece più ottimisti, e crediamo al potere liberatorio della risata perché, come continuava ancora Carlyle, nessuno che una volta abbia riso veramente di cuore può essere irrimediabilmente cattivo.
Non è casuale, dunque, che nel cartellone del nostro teatro faccia il suo ingresso, a partire da questa nuova stagione all’insegna delle novità più attraenti e spettacolari, proprio il cabaret, con la sua capacità di leggere il mondo e la vita all’insegna dell’ironia.
Una presenza di rilievo, che nasce inoltre da una stretta collaborazione con il Derby, storico marchio del cabaret milanese e fucina di talenti storici come quelli di Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Cochi e Renato, Lino Toffolo, Massimo Boldi, Teo Teocoli, I Gatti di Vicolo Miracoli, Diego Abatantuono, Paolo Rossi, Claudio Bisio, Enzo Iacchetti, Antonio Ricci, Giobbe Covatta, Leonardo Pieraccioni, Aldo, Giovanni e Giacomo.
La nuova stagione di cabaret ospiterà così un vero laboratorio della comicità, il MANZONI DERBY CABARET, con cui concludere in modo diverso la settimana: ogni domenica sera, dopo una cena a buffet, il palcoscenico del Teatro ospiterà una sfida tra nuovi talenti della comicità, arricchita dall’estemporanea presenza di attori e autori fra i più affermati: il pubblico stesso potrà perciò scegliere e scoprire i futuri protagonisti dell’ironia e della satira.
Non ci siamo però voluti fermare ad una formula innovativa e coinvolgente, ma abbiamo voluto arricchire il cartellone con una vera e propria rassegna, RIDERE ALLA GRANDE, dedicata all’umorismo teatrale nelle sue forme più brillanti e sofisticate. Se Paolo Cevoli, in “Il Sosia di lui”, si immagina sosia di Mussolini in una pigra, ammiccante e sensuale Riccione fra gli anni Trenta e Quaranta, fra arguta rievocazione di un’epoca ed esilaranti, agrodolci equivoci, Raul Cremona narra in “Prestigi” il suo primo incontro con la magia e il palcoscenico, trasportando il pubblico in un mondo fatto di giochi, macchiette e stralunati personaggi, di magie e incanti, di fulminanti storie di imbroglioni e imbonitori.
Da alcuni anni è in continuo aumento il numero delle donne che fanno della comicità il loro lavoro: grazie a spettacoli teatrali e trasmissioni televisive abbiamo imparato a conoscere nuovi volti che pian piano sono entrati nella memoria degli italiani abituati ad identificare solo nell’uomo l’immagine del comico. La bravura delle nuove cabarettiste ha saputo abbattere quegli stereotipi che alla donna attrice comica imponevano di non poter fare nulla più della spalla alla figura comica maschile senza mai essere protagonista. “Stasera non escort”, con Margherita Antonelli, Alessandra Faiella, Rita Pelusio e Claudia Penoni, e “Donne che corrono dietro ai lupi” con Debora Villa presentano con esiti straordinari il punto di vista della donna sulla comicità e sulla donna stessa: ironia, sarcasmo, eliminazione impietosa ma sorridente di ogni cliché, intelligenza arricchiscono testi e interpretazioni con un approccio originale quanto spassoso e spettacolare.
IL MOVIMENTO
Emozioni, musica, luci ed ombre. Sono molti i modi di coniugare il teatro laddove esso si presenta senza parole, nella sua forma forse più ludica e spettacolare: danza e teatro-danza, nouveau cirque, il mimo, il corpo spinto fino alla sua massima fisicità ed espressività. Teatro allo stato puro, infatti, in cui i gesti sostituiscono le parole ed è il corpo a parlare, in tutta la sua forza come in tutta la sua eleganza.
Fra le molte novità del cartellone 2013-14 del Teatro Manzoni spicca una rassegna dedicata al “teatro in movimento”, che ospita il meglio del panorama internazionale dedicato alla recitazione e alla creatività senza parole, dal teatro-danza al nouveau cirque.
La nuova rassegna si apre con una produzione che non è fuori luogo definire straordinaria: BLAM!, della compagnia danese Neander Teater, è uno spettacolo di teatro fisico dal ritmo travolgente. In scena, quattro artisti dalla mimica esilarante che ci illustrano come la monotona e grigia vita d’ufficio possa trasformarsi in un luogo in cui avventura, poesia e comicità possano prevalere, in una girandola di situazioni ironiche e paradossali. Al confine tra teatro fisico, mimo, parodia, danza urbana, teatro non verbale, questo spettacolo totale, autentica rivelazione della scorsa stagione in Danimarca, ha vinto il più prestigioso premio teatrale nazionale, il Premio Reumert, ed è stato subito opzionato dai più importanti festival teatrali europei, ottenendo uno straordinario successo al Festival di Edimburgo.
Se BLAM! è uno spettacolare condensato di energia e di azione, “Blind Date”, coreografato dalla taiwanese Mei-hong Lin, per lo splendido Tanztheater des Staatstheaters Darmstadt, è momento intrigante di poesia e rilettura dell’attualità, realizzato con un superbo impatto scenico. Mei-hong Lin, allieva prediletta di Pina Bausch, getta infatti uno sguardo acuto e raffinato sui nuovi tipi di relazioni umane e sentimentali che si affermano nell’epoca di Internet: “Blind Date” ci parla della ricerca del partner ideale, un sogno che spinge gli esseri umani da tempo immemorabile. Come si arriva al “blind date”, all’appuntamento “al buio”? Che cosa è un flirt? Quali segnali e quali strategie fanno la differenza quando uomini e donne si corteggiano? Come si passa dalla prima impressione alla speranza della felicità del grande amore? La iniziale comunicazione non verbale nel corteggiamento tra i due sessi e la ricerca del vero amore diventano per Mei-hong Lin il materiale ideale per un vivace e frenetico momento di teatro-danza.
Lo strepitoso corpo di ballo di Victor Ullate, assente da molti anni da Milano, ci porta invece ai vertici della grande danza internazionale. Ogni performance di questo celebrato coreografo merita di essere seguita, vista e apprezzata: ancora di più se, come si preannuncia, egli presenterà, fra l’altro, una sua personalissima lettura del Bolero di Ravel: vale la pena di ricordare che Ullate è stato uno dei prediletti allievi, discepoli e danzatori di Maurice Béjart, autore dia leggendaria, monumentale coreografia proprio del Bolero. Dall’artista spagnolo è lecito aspettarsi una spettacolarità lirica, coniugata ad un virtuosismo tecnico quasi insuperabile. Cosa accadrà, dunque, in questa nuova creazione, in questo incrocio di ricordi personali, memorie artistiche, sofisticati connubi fra Francia e Spagna, fra plasticità scultorea e ineffabile poesia?
La rassegna presenta anche due apprezzatissime compagnie italiane, oggi sicuramente fra le più acclamate all’estero: la Imperfect Dancers Company, che con la coreografia di Walter Matteini rilegge in modo originalissimo “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini. In “Madame Butterfly’s son”, spiega lo stesso Matteini, abbiamo cercato tra le “note” cosa ci potesse permettere di dare un seguito, coerente, alla storia di Butterfly. Il figlio: questa poteva forse essere la chiave di ri-lettura dell’opera. Cosa sarebbe successo se non fosse nato? E cosa invece è stato di lui dopo che è stato strappato alla madre e portato in America?
Rivivere la storia di Cio Cio San attraverso di lui, nato in Giappone e cresciuto in America, diventava una sfida entusiasmante oltre che un affascinante cammino nel pensiero di due culture lontane e diverse.
Ancora una rilettura affascinante con Spellbound Contemporary Ballet, che con la coreografia affascinante e sontuosa di Mauro Astolfi affronta un caposaldo della musica barocca, le vivaldiane Quattro Stagioni, con la collaborazione del compositore Luca Salvadori: le mitiche pagine musicali del Prete Rosso vengono attraversate da cinguettii, scrosci di pioggia, tuoni, dallo scorrere di fenomeni naturali, ulteriormente amalgamati e fusi con rumori e suoni elettronici che creano originalissime atmosfere. Su tale partitura Astolfi ha creato una coreografia che focalizza l’interesse attorno ad un unico elemento scenico: un grande cubo mobile che, come un asse di rotazione, rovesciato di volta in volta nei suoi lati, si rivelerà una casa stilizzata. È il corpo, nella sua complessa interiorità, concepito come dimora, e la pelle come le pareti del nostro mondo. Astolfi crea un affascinante gioco di echi e di continui rimandi tra gli stati d’animo dei danzatori che si muovono dentro le pareti, e l’esterno, la superficie, di esse.
Nella nuova rassegna del Teatro Manzoni una particolare attenzione va al linguaggio corporeo in tutte le sue forme, come il mondo intimamente poetico, deliziosamente irreale e surreale della Familie Flöz. Il gruppo tedesco, fondato nel ’94, è riconosciuto ormai per le sue performance visive in cui gli attori fanno vivere i loro personaggi dietro maschere, superando ogni convenzione linguistica. Un teatro fatto di silenzio e di movimenti, che punta sull’esasperazione della mimica, degli aspetti visivi e acustici, che si può gustare pienamente solo dal vivo, cogliendo il nesso univoco fra la gestualità dell’interplay ed il percorso narrativo che viene generato. “Hotel Paradiso”, che si svolge in un cadente e misterioso albergo tirolese, vanta una trama quasi “thriller”, in cui si susseguono situazioni e gag in cui la realtà sconfina sempre nell’onirico e una materialità ironica si alterna alla più sublime poesia; cambi di registro, sfumati o repentini, che sono una peculiarità costante dello stile dei Flöz. Tanto che all’Hotel Paradiso, fra il gelo dei ghiacciai, fra sensi di colpa, protagonismi esasperati, rivalità ed omicidi, reali o presunti, può perfino sbocciare inaspettatamente il fiore dell’amore.
Non meno magico e incantatorio è il mondo del Black Light Theatre di Praga, il celebre teatro fatto di luce nera, teatro dove veramente tutto è, o forse sembra, magia, questo teatro fatto di niente e di tutto, di movimenti che si concretizzano dal nulla in vorticose scie luminose, di oggetti che appaiono e scompaiono, come accesi da un interruttore, nei luoghi più impensati, di personaggi che sembrano scomporsi e ricomporsi come fatti di luce e non di carne ed ossa. Spettacolarità e poesia in un’antologia che, grazie al sapiente uso del buoi e della luce ultravioletta crea un universo altro, parallelo, un’ulteriore dimensione in cui si vive di miracoli, di possibili impossibilità, di sfide al senso comune, alle leggi di gravità, con un inarrestabile flusso di idee che avvincono lo spettatore di qualsiasi età in un sogno forse fatato. O forse no, laddove realtà e fantasia si scambiano incessantemente i ruoli.
Con il nouveau cirque di Okidok il cartellone si permette una pausa, affidata alla capacità di sorridere e di fare sorridere con arguzia disinibita: Okidok è un duo belga i cui spettacoli, di straordinaria efficacia espressiva e di tagliente umorismo, rileggono, con intelligenza acuta e sofisticazione non disgiunta da una trascinante spettacolarità, l’intera storia della clownerie. Irriverenti, mordaci, stralunati, atletici e capaci di una mimica fisica che sembra sfidare le leggi della gravità e i limiti del corpo umano, Xavier Bouvier e Benoît Devos sono stati giustamente definiti “le foie gras du mime”. Lo spettacolo di Okidok, “Slips Inside”, è, infatti, senza parole, ed è, indiscutibilmente, un capolavoro, attentamente pensato e provato, di comunicazione non verbale, in cui anche la più esilarante e snodata acrobazia non è mai fine a se stessa ma concorre a creare un insieme di gestualità che hanno talvolta più peso delle parole.
Ballerini, commedianti, mimi, prestigiatori, equilibristi, rumoristi, strumentisti, cascatori: troppe parole, in uno spettacolo senza parole, ci vorrebbero per definire con accuratezza il duo di Okidok. Ma il risultato è uno solo: il pubblico rimane volenteroso prigioniero di una trama comica sul filo della più gioiosa spudoratezza.