Dopo Mistero Buffo e Serata del disonore, Paolo Rossi torna al Teatro Vittoria di Roma con L’amore è un cane blu, un nuovo folgorante spettacolo che si muove nella zona del teatro canzone-cabaret, attraverso il collaudatissimo schema di uno “spettacolo in prova” per creare un “concerto visionario popolare lirico e umoristico”, ricco di contaminazioni e d’invenzioni che mescolano impunemente storielle e barzellette, leggende e miti classici.
Va da sé che il cuore dell’appassionante e dissacrante spettacolo resta proprio Paolo Rossi, magnifica maschera di fool moderno e irriverente che riesce a conciliare i grandi temi (anche della classicità) con la quotidianità, la satira politica con la religione, l’improvvisazione con la musica.
L’idea portante stavolta è la realizzazione in fieri di un film western, perfettamente rievocato fin dai titoli cinematografici e dalla musica di genere, ma attenzione però, perché il western in questione non è un western classico, ma un “western carsico” che affonda le radici nella terra d’origine del comico, accompagnato come sempre sul palco dall’inseparabile Emanuele Dell’Aquila e dalla band I Virtuosi del Carso alle prese con pezzi originali e spassose rivisitazioni, fra blues e canzoni d’autore.
Il fool Paolo Rossi, con tanto di baffi western per l’occasione, è sempre abilissimo nella satira politica, nell’osservazione pungente della nostra disastrosa situazione (non risparmia Berlusconi, ma neppure la sinistra, soprattutto nella geniale illustrazione dell’economia degli umani spiegate alle mucche attraverso le varie correnti storico-politiche), negli sketch in stile cabaret, ma anche nel variare registro legandosi ai misteri e a un passato ricco di leggende e di storia, affondando le radici nella cultura e nei luoghi storici del Carso. Il film che il comico vorrebbe realizzare e che racconta al pubblico, L’amore è un cane blu (che recupera un’antica leggenda triestina) parla inizialmente di un uomo che si perde fra le montagne del Carso: quasi un pretesto per assumere rapidamente la forma della mitologia e della tragedia greca, citando esplicitamente l’Alcesti di Euripide (come si intuisce già dal nome di uno dei protagonisti, Admeto) e il viaggio di Orfeo alla ricerca di Euridice attraverso il superamento simbolico di tre improbabili prove. Nel corso di questo lungo racconto, osservazione acuta e disincantata sulla società a metà fra narrazione teatrale e spunti autobiografici, c’è l’uomo moderno alle prese con la necessaria riappropriazione della libertà, ma anche del coraggio, Una riflessione intelligente e spassosa in un percorso avventuroso e sempre spiazzante, che si colora della cifra stilistica inconfondibile del fool Paolo Rossi. Si ride e anche molto. In scena fino al 3 novembre e assolutamente da non perdere.